martedì 31 dicembre 2013

'O viglione

All'ombra del Vesuvio, ormai lo sapete, le tradizioni vanno rispettate sempre, contro ogni logica ed evenienza, contro ogni pudore e fino a farsi male. Per questo motivo, tutti i fortunati che avranno avuto la possibilità di sopravvivere al coma diabetico del trittico 24-25-26, saranno costretti ad industriarsi per passare al loro meglio il capodanno. Il problema, però, non sarà tanto come arrabattare un cenone, ma come poter passare un veglione memorabile, assurdo, da scolpire negli annali e da raccontare, esagerando qualunque cosa, a parenti ed amici per mesi. Chi si affida alla tradizione, non potrà che trascorrere le prime ore dell’anno nuovo a casa sua o di un parente, giocando in modo ossessivo e compulsivo per ore ed ore al gioco più temuto dai maroni degli astanti, perché ne provoca rigonfiamenti a pressioni mai sperimentate prima: la tombola. La questione, per chi si accanisce al tavolo da gioco, non sarà tanto il vincere quanti più soldi è possibile o limitare, eventualmente, le perdite. Il problema sarà difendere il proprio onore e quello della propria famiglia contro l’assalto portato dalla quarantina di emeriti sconosciuti che siedono allo stesso tavolo. Come dite? Cosa ci fanno 40 sconosciuti allo steso tavolo vostro? Beh, lo sapete, il concetto di famiglia qua a Napoli è molto più aperto ed avveniristico di quanto si possa immaginare. Fondamentalmente, trascurando la non remota possibilità di un nucleo fondato sugli accoppiamenti con membri della stessa tribù, qua si considerano parenti un po’ tutti quelli che si conoscono, per cui, quando andrete a cena dal vostro cognato Carminiello, non vi stupirà trovare, oltre ai vostri suoceri, alla moglie di Carminiello ed ai suoi figli, la sorella di sua moglie con marito e prole, il cognato ancora signorino e la cugina di vostra moglie, regolarmente accompagnata da sua figlia quindicenne prena, dal fidanzato disonoratore e prossimo sposino, dai di lui genitori, che non hanno mai visto prima la famiglia della nubenda, e che a loro volta portano in allegato la figlia più piccola e il cugino Vicienzo, che è solo, in quanto la moglie se ne è andata con un muratore algerino, che però teneva la Smart. Davanti ad uno scenario apocalittico come questo, come minimo i due futuri suoceri, che fino alla tragica sera del 23 in cui i ragazzi hanno confessato il misfatto, nemmeno sapevano della reciproca esistenza, dovranno combattersi a colpi di ambo, terno e carte del mercante in fiera, ben consci del fatto che la vittoria non varrà solo vile denaro, ma anche il prestigio e la sopraffazione sull'altro, ossia la facoltà di poter interferire maggiormente nella vita dei neosposi. Coloro i quali uniscono la tradizione alla squarciunarìa, non potranno che affidarsi ai tragicomici cenoni organizzati di Fantozziana memoria. E così, mentre Totor Melody massacra una canzone di Gigi D’Alessio che Peppe ha dedicato all'amata Concetta, tra un brindisi fuori luogo, l’ubriachezza molesta del 90% dei presenti e un improponibile spettacolo comico del grande Carmine Simpatia, si arriverà alla mezzanotte per gustare l’incredibile spettacolo dei fuochi, che costerà tre falangi ad uno dei nipotini, e proseguire nella sala da ballo, dove DJ Entzootch, star della musica house interregionale grazie ad una stagione al lido “Marebello” di Sperlonga, allieterà gli ospiti e i condomini dei piani superiori fino alle prime luci dell’alba, quando un blitz delle teste di cuoio porrà fine ai festeggiamenti. Tra coloro che mirano invece al festeggiamento trasgressivo, ci sono quelli che si sciroppano le feste di piazza (quest’anno niente concerto a Piazza Plebiscito), tornando a casta tumefatti per essere stati colpiti in fronte da una bottiglia lanciata durante il caunt-daun (countdown) e con gli arti assiderati dal gelo, quelli che si installano nel reparto rianimazione del Cardarelli con ustioni sul 56% del corpo e quelli che restano tutta la notte bloccati nel traffico, in 5 in una macchina 50, per poi finire in una traversa di Via Petrarca a guardare l’alba trattenendo a stento le lacrime. Ad ogni modo, la vera filosofia guida del veglione napoletano è quella dell’”amma scassà”, ossia dell’esagerazione su tutti i fronti. Non parliamo solo di coloro i quali coi loro acquisti del 31 sera si rendono responsabili dell’intero PIL colombiano, ma di tutti quelli che, in un modo o nell'altro, cercano di sorpassare ogni limite, specie quello della decenza, in nome del festeggiamento più efferato. Ecco così don Aniello rivendersi gli avanzi degli struffoli per comprare 100 euro di botte dai cinesi, in modo a poter sopraffare Gerozzo ‘o riggiularo, che da anni lo vessa scaricandogli sul balcone il suo arsenale comprato al mercato nero tra gli avanzi della guerra in Kosovo. Ma ecco anche donna Carmela, che si vanta da anni di avere una sorella ricchissima che vive ‘a Svizzera e che ha una mega villa direttamente ‘ngoppo ‘a neve e che quest’anno, cedendo alle pressanti domande di Cuncettina ‘a mpechera, che non le ha mai creduto, resterà chiusa una settimana nel più totale silenzio in casa sua, limitando le sue funzioni vitali al minimo pur di far credere di essere davvero partita per il Canton Ticino, salvo calarsi nottetempo il 6 gennaio con un trolley a tracolla per andare a piedi a Capodichino e prendere un taxi che la riporti in trionfo verso casa a mezzogiorno. In ultimo, ecco Ciro, Carmine, Genny e Totonno che sono in ritiro spirituale dal 29 sera ed hanno già consumato sedici confezioni di lacca a testa dopo aver comprato di contrabbando a 250 euro i biglietti per l’evento dell’anno: il grande veglione stratosferico che si terrà sulla spiaggia di Miliscola con ospiti i ballerini dell’Accademia della Salzemmerenghe di Casoria, il famoso Sasà, che ha fatto i provini per sette edizioni del Grande Fratello e le telecamere di CercolaTV Sat. Davanti ad un tale spiegamento di forze, la rivalità coi ragazzi del bar di fronte, sarà definitivamente risolta. Infatti quest'ultimi, per troppa leggerezza organizzativa, non sono finiti nel centro sociale con le infoiate darkettone (creature tondeggianti bardate di cuoio, che pretendono d'essere scambiate per vampire invece che per palloni da calcio), ma in quello per anziani devoti a San Crispino. E poco importa se i nostri eroi hanno pagato un sovrapprezzo del 300% perché il biglietto in realtà costava solo 30 euro, se gli ospiti a sorpresa erano talmente a sorpresa che nemmeno sapevano di essere attesi ed infatti non si sono presentati, e se alla fine sono stati pure cacciati perché Totonno, nel tentativo di insaponarsi una pulzella, le ha vomitato addosso lo zampone con tutte le lenticchie. L’unica cosa importante è che hanno scassato!

Fuochi d'artifico su Castel dell'Ovo a Napoli (Ciro De Luca)

lunedì 16 dicembre 2013

Oggi nun se trase!

Ogni anno, puntuale come sempre, arriva il mese di dicembre, e con esso il Natale, i regali, poi Capodanno e l'anno nuovo. Ma non solo. Assieme all'avvento, ogni anno arriva anche l'evento clou della stagione scolastica: la famigerata oKKupazione. Orde di studenti di tutta Italia, allo scoccare dei primi freddi si ridestano dal torpore, dimenticano ogni dissidio e si uniscono in un coro sterminato di protesta che, di solito, rivendica aspramente il diritto di poter fare ciò che nella restante parte dell'anno rifugge con ogni mezzo: lo studio. Lo studente napoletano non sfugge a questo costume tipico, tuttavia ha caratteristiche estremamente diverse da quelle degli alunni di ogni altra parte d’Italia e del mondo. Innanzitutto, presso i lidi partenopei, la vera stagione scolastica inizia a novembre con il suddetto mese di occupazione e finisce a fine aprile. In pratica si estende per tutto il periodo del cosiddetto “brutto tempo”, almeno dal punto di vista teorico. In pratica, il riscaldamento del pianeta, il prolungarsi della bella stagione e l’estendersi della fascia climatica equatoriale, stanno riducendo ogni anno di qualche giorno la stagione scolastica utile. D’altra parte, Napoli è ‘o paese d’O Sole e non vorrete mica che questi poveri giovini (anche se in alcune quinte di istituti tecnici si segnalano dei 34enni con 3 figli a carico e 26 anni di lavoro come solachianiello in curriculum) si sorbiscano ore ed ore di topografia, latino e francese, quando fuori per sei mesi all’anno c’è la possibilità di farsi un bel bagno? E comunque, se pure non si trattasse di un bel bagno, una partita di calcio al bosco di Capodimonte, una rattusiata in Floridiana o una manifestazione di supporto ai metronotte della Papua Nuova Guinea in sciopero, non la si nega a nessuno. Il problema fondamentale è solo fornire una scusa, nemmeno tanto plausibile, per fare il famigerato filone
A seconda delle zone e della disponibilità altrui, i filoni cambiano per scopo e per scelta. I più intraprendenti, coloro che provengono dall’hinterland e tutti quelli che si ritengono sicuri di non incontrare qualcuno che possa sgamarli, sono soliti dirigersi verso il centro o verso il Vomero per concentrarsi sullo shopping. Ecco così spiegata l’orda di giovani ragazzine e ragazzini che popolano i negozi di scarpe ed abbigliamento nelle ore mattutine, alla ricerca di un nuovo paio di lacci da mettere sulla proprie Converse o nella speranza di essersi guadagnati un minimo di sollazzo grazie ai preziosi consigli dispensati all’amica nel negozio di intimo. Tra quelli che cercano lo svago, a seconda delle zone di provenienza, ci sono coloro che si dirigono verso i parchi cittadini in compagnia, per strepitosi tornei di “a sette si schiaccia”, o in coppia, per qualche rattimma ammacchiata tra i cespugli. Non c’è sabato tardo primaverile che non veda il Bosco di Capodimonte, la Floridiana, la Villa comunale o il Parco Virgiliano pullulare di 16-20enni alle prese con palloni, abbronzatura e altre pratiche, in un contesto dove si può tranquillamente agire alla luce del sole, in quanto difficilmente, se pure qualcuno dovesse vederli, potrà riferire la cosa, perché avrà a sua volta qualcosa da nascondere…

I filonisti meglio organizzati sono auto o scooter muniti, pianificano dal lunedì la scampagnata, raccolgono sempre non meno di cinque-dieci adesioni, calcolano al millesimo i tempi necessari per gli spostamenti, scelgono accuratamente la destinazione del viaggio e riescono a ridurre le spese (rigorosamente divise tra gli occupanti del veicolo) all’osso o comunque fino a far avanzare gli spiccioli necessari per mandare una cartolina da Sorrento al professore di italiano, ancora imbufalito per il compito saltato. 

Consentiteci infine di spezzare una lancia nei confronti della specie fondamentale di filonista, ossia quello "attivo". Il filonista attivo è quello che va davvero alla manifestazione, bardandosi con kefiah, megafono d’ordinanza e striscione, rigorosamente ricavato da vecchie lenzuola e dipinto con perizia da un manifestante-writer e dalle sue bombolette di vernice. Questo filonista costituisce attualmente una specie a forte rischio di estinzione e necessita della creazione di apposite norme che ne salvaguardino l’habitat naturale e soprattutto il ruolo nella società. La fine dell'ideologia e la predilezione dei celerini nel vattere, tra milioni di manifestanti, solo gli studenti costituiscono dei fortissimi deterrenti al prosieguo della specie.

Se il filonista casual torna a casa con un paio di succhiotti, facilmente nascondibili nel bavero della camicia e preludio alla prosecuzione della sua specie, quello "attivo" riuscirà con difficoltà ad occultare le costole rotte. Se i succhiotti vengono sgamati la punizione preferita dal genitore del filonista, sarà una serie di pacche sulle spalle ed una lenta ma inevitabile storia vagamente piccante che comincia con un "Ai miei tempi" nostalgico e finisce con un "tuo madre/padre" sconosolato. Un'impegnativa paliata, sarà invece la pena accordato al filonista attivato accusato tra l'altro di "seguire la massa" (anche se era l'unico di tutta la classe), non conoscere i motivi della protesta, in particolare cos'è la Papua (no, non si mangia), essere un Komunista, quindi sfaccendato e perditempo. Per evitare lo sgamo il filonista attivo deve optare per tattiche di camuffamento, che gli permetteranno di non essere riconoscibile negli scabrosi filmati di Telecapri, che il paparino continua a guardare ogni sera nella speranza che parta il pornazzo dopo, come ai bei tempi. Berretto di paglia, finto accento siciliano e modi di fare camorristici lo aiuteranno a passare per "Forcone", generando l'immediata simpatia della polizia. In caso di cattura da parte delle forze dell'ordine, sarà d'obbligo nascondere accuratamente (per i pochi studenti che ne fossero provvisti) ogni barlume di buon senso e cultura. Niente citazioni dotte e solo male parole. Se interrogati, Popper è una droga e la maieutica si mette per terra al posto del parquet.
Il filonista attivo si riproduce soltanto una volta all'anno. Il calore è raggiunto durante l'assemblea scolastica degli Studenti e la riproduzione, se avviene, capita solo durante l'Okkupazione. Per salvaguardarlo, oltre a continuare ad impedire la presenza di distributori di preservativi nelle scuole, urge rifornire i bagni di marijuana durante le Okkupazioni (unico ritrovato in grado di risvegliare i sensi del filonista attivo) e tagliare la corrente alla Scuola. Solo l'assenza di luce, può infatti convincere il partner che quello che hanno vicino è il futuro Che Guevara/Rosa Luxemburg e non un punk-a-bestia wanna-be.
Il filonista manifestante rappresenta il fulcro dell’intera catena alimentare dei marinatori di scuola, l’acme, il punto di partenza e quello di arrivo di ogni giorno di assenza, sia esso reale  inventato. Senza individui di questa specie, si assisterebbe alla progressiva estinzione per mancanza di adesioni delle manifestazioni e quindi, di conseguenza, alla caduta della più gettonata scusa filonistica che si ricordi e, soprattutto, il mondo non si ricorderebbe ogni anno, allo scoccare del primo di dicembre, che per risolvere i problemi della terra, bisogna occupare la scuola fino almeno all’antivigilia di Natale. 
Del manifestante filonista va salvaguardato anche il background culturale: oltre alle centinaia di canti di protesta che solo lui o i disoccupati organizzati sono in grado di conoscere, risulta essere l’unico essere umano su questa terra che, a furia di farci terminare i cortei, conosce l’esatta ubicazione del Provveditorato agli studi di Napoli, misteriosa entità la cui esistenza non è ancora stata dimostrata, ma solo sostenuta in ardite teorie criptozoologiche. 

Ad ogni modo, che sia autunno o primavera, se siete studenti, ogni giorno sentirete sempre una vocina che vi sussurrerà all'orecchio "oggi nun se trase!"

venerdì 29 novembre 2013

La fuitina di Natale


Cari Napoletani,
Sono Babbo Natale, Santa Claus o come preferite chiamarmi. Questa volta la lettera ve la scrivo prima io, giusto per mettere le mani avanti, visto che vi siete rubati anche l'albero di Natale della Galleria Umberto.
Ma che ci volevate fare con un pino di 8 metri? Avete messo su una fabbrica abusiva di Arbre Magique nei quartieri? Oppure avete preso Godzilla e vi serviva un palicco perché gli era rimasto un motorino tra i denti?
E poi come avete fatto a fregarlo? Possibile che nessuno si sia accorto di niente? Spiegatemi se è plausibile che in una delle zone più frequentate di Napoli, per di più di domenica sera, nessuno abbia visto delle persone vagare per il centro storico con un albero di 8 metri a tracolla. Alle volte, mi viene da pensare che quelle dicerie sull'omertà non siano vere, e voi veramente non vi accorgete di quello che vi succede attorno.
In realtà, io temo che abbiate solo molta voglia di sfottere, per cui, prima che si rompano le giarretelle, vediamo di chiarire alcune cose.
Lo so che voi la sera del 24 siete ciucchi di Falanghina e Limoncello e vi aggirate come spettri alticci per le strade, ma io la sera della Vigilia lavoro, e sono stufo di strigliare la renna con l'acqua ragia per cancellare la scritta in azzurro "Forza Napoli!" Sono renne non ciucci. Ma non le vedete le corna?
Poi mi si deprimono. L'anno scorso Rudolph mi è costato un patrimonio in analisi.
Un'altra cosa. E spero per l'ultima volta. Quelle centinaia di giganteschi sacchi che porto sulla slitta sono regali. RE-GA-LI. Non sono eco-balle! Quindi smettetela di tempestarmi di sanpietrini quando attero nel vostro paese. Non voglio metterci nessuna discarica. Giuro. Non li vedete i film americani natalizi? Io sono il ciccione vestito di rosso, vi sembra che assomigli a Gigino?
Per fortuna che la slitta non ha le ruote e non devo preoccuparmi che me le possiate fregare lasciandomi a piedi al casello di Caserta.
Quasi dimenticavo. Grazie per il pensiero dei biscotti sul tavolo. Ma io ho 1600 anni, secondo voi ce li ho i denti per masticare quei dannati Roccocò? 'O struffolo ancora ancora, ma almeno non lasciatemelo sereticcio, sennò si azzecca alla dentiera e buonanotte.

Beh, allora a presto e Buon Natale (si spera)
Santa

P.S. : Se anche quest'anno me ne combinate una delle vostre vi garantisco che esaudisco il regalo del vecchio di Fukushima, "Non ce l'avresti un posto tranquillo, dove la gente si fa i fatti suoi, per stoccarci tutte le scorie?" 

giovedì 7 novembre 2013

Nome e contranome


Il nome è un marchio, è ciò che contraddistingue un individuo, la sua persona, a volte la stirpe di appartenenza e perfino il suo status civile e sociale. Se vogliamo, quindi, il nome è un marchio che viene imposto dal contesto familiare al nascituro e ne condiziona inevitabilmente l’essere, ma non è detto che lo rispecchi. Chi non ama o non accetta il suo nome, se ne sceglie un altro, il “nome d’arte”, che a volte è un semplice diminutivo od un nome affine che sostituisca nel 90% dei casi la “Zopponta”, ossia il nome del nonno o della nonna che viene imposto in ossequio ad una forma di rispetto tanto desueta quanto fondamentalmente incomprensibile. Ecco allora spuntare dei melodiosi Assia o Sissy in sostituzione del meno musicale Assunta, oppure degli impropri Lello in luogo di Catello e degli azzardati Melania in luogo di Carmela. Ma nemmeno i nomi autoimposti alla fine rispecchiano per bene chi li porta. A Napoli, si sa, piace dire le cose in modo papale, perciò ognuno o quasi porta con sé un altro nome, che è quello che la gente impone ed è l’unico che rispecchia la verità, ossia ‘o contranome. Riferito alla professione, ad un difetto di pronuncia o ad un tic particolare, il contranome è meglio della carta d’identità per il cittadino, il vero ed unico nome che il popolo riconosce e, a suo modo, la nuda verità su chi lo porta. Il contranome è una vera e propria opera d’arte, una summa di poesia, una raro e limpido esempio di pregnanza ficcante e sagace, che va diretta al dunque e rende unico ed inconfondibile chi lo porta.

Il contranome per eccellenza nasce da osservazioni acute e pungenti sulle caratteristiche fisiche della persona, ma non si ferma alla banalità obesa di un “‘o chiattone”, lo trasforma con una pennellata in “‘a muntagna”, lo trasfigura in un “‘o bufalo” o lo immortala in un definitivo “panza ‘e vacca”. E di lui, ne vogliamo parlare? Lui ha una cicatrice abbastanza vistosa in fronte, ricordo giovanile di una bottigliata ricevuta durante un derby disputato col palazzo di fronte a Piazza del Plebiscito, ma chi lo conosce non si accontenta del troppo telefonato “‘o sfregiato”, arrivando a coniare “‘o ‘ntaccato”e perfino “‘a zip”, con un fenomenale riferimento ad una chiusura lampo in zona temporale.

A volte il contranome assume una valenza proto-futurista e tenta di fermare il tempo e lo spazio in una sola espressione, dipingendo in essa come in un quadro le sembianze del malcapitato. Pensate allora ad un uomo dalla camminata claudicante, e lo riconoscerete in un mirabile “punto e virgola”, ad un individuo noto per il suo vestiario bohémienne, eternato in un esplicito “pezzacculo”, ad un giovane dal labbro possente, dipinto con il diretto “musso ‘e puorco” e ad un anziano dalle orecchie prominenti, fotografato in un fantasioso “recchia a provola”.

Infinite sono le immagini utilizzate per dileggiare chi non brilla per intuito o sagacia. Ecco allora proliferare i vari “Piscione”, “Baccalà” e “Bacchettone”, fino a spingersi a sottilissime metafore quali “Bullone” per indicare uno svitato e “Balcone”, per catalogare uno che non c’è tanto in tema di materia grigia, senza contare i “Pisciaturo” e “Pesce in burro” , il cui uso può divenire multiforme. 

Passando al sesso femminile, di solito si tende a sottolineare la poca piacenza di una donna con dei “Brigibbardò” e dei “Liztailòr”, mentre non mancano riferimenti al proprio stato civile, che spesso si riferiscono ad avvenimenti ormai lontanissimi nel tempo. Ecco allora spuntare i vari “Sposi” e “Spose”, anche a 35 anni dal matrimonio, mentre non di rado diventa “Dottore” o “Poeta” chiunque ostenti un minimo di istruzione

Arrendetevi dunque, potrete cercare di imporre il vostro nome reale o d’arte a chiunque, ma nessuno potrà salvarvi dal nome che vi cuciranno addosso gli altri. Attenzione, però: se dovessero chiamarvi “Pascià” o “Raubbova”, non gasatevi troppo: non scordate che siamo a Napoli, verosimilmente vi staranno prendendo per il deretano…..

mercoledì 23 ottobre 2013

Game Over

Quanti di voi hanno giocato perlomeno una volta nella vita ad Out Run, qualunque ne fosse la versione? Ecco, siete in tantissimi. E quanti fra voi, ogni santissimo giorno, sono costretti a muoversi con la macchina e passare ore intere bloccati da qualche parte per percorrere si e no trecento metri? Praticamente tutti quelli che hanno la patente e tutti quelli che fanno i semplici passeggeri. Bene, vi starete chiedendo allora a cosa serviva sapere se avevate mai giocato ad Out Run. Ecco, se proprio quel gioco vi è piacituo tanto, abbiamo noi un'idea strepitosa. Trasferire tutto a Napoli, ma in chiave non criminalesca. Insomma, invece di compiere azioni criminali, avrete altri problemi da risolvere, tipo portare a zia Cecella che sta a Ponticelli, gli ingredienti per fare il casatiello prima che si scriscita. La difficoltà sta nel fatto che voi partite da Coroglio. In pratica lo scopo del gioco sarà compiere una "coast-to-coast" in salsa partenopea entro un preciso limite di tempo, con la macchina. Il livello "beginner" vi servirà soprattutto per fare pratica, si tratterà di superare piccole prove, giusto per prendere la mano alla guida in stile napoletano. Ad esempio, la vostra prima missione sarà arrivare sotto casa dell'amata Tittinella, a Piazza Cavour, in tempo per l'appuntamento, ma passando prima per il fiorario amico vostro che sta a Santa Teresa, il tutto partendo da Salvator Rosa ed in dieci minuti contati. Una volta raggiunti gli obbiettivi fissati, potrete salire al livello. E così, in un turbine di difficoltà sempre crescenti, vi troverete a scorrazzare per via Manzoni, cercando di non essere inghiottiti dalle sorprendenti voragini a sorpresa, che potranno catapultarvi direttamente in Nuova Zelanda. Oppure sarete costretti a forzare il sorpasso della carcassa di un pullman rottosi vent'anni fa nel bel mezzo di via Ponti Rossi, o ancora dovrete dribblare furentemente orde di motorini rombanti per i vicoli dei Quartieri Spagnoli e scansare madri che si avventano ad attraversare la strada buttando i passeggini per primi sulla carreggiata. Ai livelli più estremi del videogioco, dovrete recarvi a casa del cugino Sasillo, residente in zona ZTL, per cambiare auto e risparmiare tragitto passando laddove ai comuni mortali è vietato, oppure farvi prestare il taxi dal vostro amico Lello per volare lungole corsie preferenziali senza che gli inflessibili vigili napoletani vi blocchino. Ma il livello del quale  andiamo maggiormente fieri, è quello "sci-fi", per il quale tutti gli amanti della fantascienza proveranno una spasmodica attrazione. Potrete infatti unire i due capi più lontani della città in un modo assolutamente avveniristico, un qualcosa che da queste parti è una confusa proiezione verso il futuro dei nostri più arditi sogni: il trasporto intermodale! Lanciatevi con noi in qusta straordinaria avventura, e potrete provare l'ebrezza (solo virtuale, ahimè) di prendere la Cumana in orario, lasciando la macchina nel parcheggio dello stadio, per poi a Montesanto prendere la funicolare, uscire a Piazza Fuga, prendere la metropolitana collinare e scendere a Chiaiano dove Peppe 'o chianchiere attende disperato che gli portiate in tempo le chiavi del negozio...il tutto in un tempo stimato inferiore ai quarantinque minuti. E per vincere la corona di campione assoluto, potrete anche arrisicarvi a percorrere la via del ritorno, al termine della quale, e qui i fan della fantascienza raggiungeranno il nirvana, troverete la vostra auto ancora là, intonsa come se non fosse mai uscita dalla concessionaria e soprattutto senza che un parcheggiatore vi venga incontro dicendo "Dottò, ve l'aggio guardata pe tutta 'a jurnata, facimmo 'na cosa a piacere?". Secondo noi, potrebbe diventare davvero un grande successo. Certo, nella patria del pezzottamento avremmo non poche difficoltà a smerciarlo legalmente e, pure se volessimo commerciarlo per il download, vi organizzereste di sicuro per procurarvelo gratìs. Facciamo così: amesso che un giorno lo si riesca a produrre, ve lo vendiamo noi direttamente. Il prezzo? Che v'amma dicere, abbiamo programmato tutto sto tempo, faccimo 'na cosa a piacere?

lunedì 23 settembre 2013

Save Berlusca

Diciamocelo: non se ne può più. Tutto sto parlare della decadenza di Berlusconi, ci ha un po' rotto.
A nessuno italiano interessa la decadenza di Berlusconi da senatore. L'importante e' che Zio Silvio resti con noi perché, in fondo, ne abbiamo bisogno. Ci serve. Adoriamo parlarne. Che si tratti di denigrare od idolatrare non è veramente importante.

Per noi è una droga. Gli italiani che votano Berlusconi sono più numerosi di quelli che fumano Cannabis, più di quelli che vanno a Messa la domenica e praticamente pari a coloro che frequentano le prostitute (ma ovviamente si tratta di una coincidenza). Ma vi immaginate come sarebbe l'Italia con le chiese chiuse, senza meretricio e punkabbestia?
Finiremmo come il Giappone? A mangiare roba cruda e guardare il porno censurato.
La modica quantità per uso personale deve valere anche per Silvio. Ogni italiano, deve poter usufruire di un quantitativo minimo di Berlusconi per uso privato. Un seno scoperto il venerdì sera, un partita del Milan il sabato, e iastemma libera alla Santanché.
Avete pensato alla triste fine di tutti i dipendenti e tirapiedi del caro leader?
E non si tratta solo dei poveri lavoratori di Mediolanum, Mondadori o di qualche società off-shore. C'è una schiera di YesMan, ma anche SitDownMan e BringBackTheStickMan, che hanno passato vent'anni arrangiando professioni svariate da giornalisti a veline, ed ora si troverebbero nella triste evenienza di doversi comprare da soli.
E che dire dei MaybeMan della sedicente sinistra che, sconvolti dall'evenienza, cederebbero al loro irrefrenabile bisogno di indulgere nell'unica attività in cui hanno cercato di surclassare Berlusconi: sfornare slogan ancora più improbabili.
Vi immaginate le città tappezzate di manifesti con "Giusto adesso Cambiandolo!"?
E guardate che i cinque stelle, in assenza di Silvio, votano in parlamento l'abolizione del traffico aereo (onde evitare le scie chimiche) il bando del sapone (pulizia garantita da un palla di plastica che spara infrarossi, inserita nell'ano) ed il carcere per chi si spruzza di Autan (per proteggere l'ecosistema).

Ma non è solo lavoro, Berlu si è preso cura di tutti noi, ci ha fornito direttamente dei gusti da avere, delle mode da seguire e delle idee da abbracciare appassionatamente, sublimando quel bisogno recondito che affonda le sue radici nel ventennio fascista e che condiziona il modus vivendi di ogni italiano: la necessità di non pensare, a qualunque costo. Sua emittenza in sostanza non è solo il nostro "masto", è letteralmente il nostro padrone.

A questo punto qualcuno che tira in ballo l'Europa c'è sempre. Come se ce ne fosse mai fregato qualcosa dell'opinione dei crucchi. E poi i più grandi fan di Berlusconi sono gli altri capi di Stato. Per loro Berlusconi è un po' come la star di una soap-opera latina anni '90 per una massaia molto impegnata. La storia poco credibile di un personaggio dalla morale discutibile,  piena di colpi di scena surreali. Ma in qualche modo malato la massaia vuole sempre un'altra puntata, deve sapere come andrà a finire, come farà il protagonista ad uscirne anche questa volta più o meno pulito.

Vogliamo forse diventare un paese di sinistra bacchettone come gli Stati Uniti, dove ci si scandalizza per un mezzo watergate ed una ragazzina un po' più precoce delle altre?
Cari amici della Giunta e Senatori, diciamocelo, questa burbera Legge, cosa ha mai fatto per voi?
Si tratta di una donnetta volubile capace solo di dire NO? Volete essere ricordati come quelli sanno solo dire NO? In che modo vi ha aiutato questa signora Legge in tutti questi anni.
Poco, molto poco. Riconoscetelo. Invece il Caro Leader lui vi ha aiutato e se non lo ha fatto ancora, lo farà presto. Chiedete in giro, magari a De Gregorio.
Basta solo che abbandoniate la vecchia politica del NO per abbracciare la nuova politica del SI. Anzi dello YES, che è Inglese, quindi giovane, nuovo fico, cioè Cool. Da bravi, ora tutti insieme, Yes, SitDown and ShutUp.

http://www.youtube.com/watch?v=FXP4uAxwFTg

venerdì 19 luglio 2013

Corna 'e mugliera, so' corna overo!

Non è una semplice questione di tradimento. Qua a Napoli non contano le debolezze e i problemi di coppia, è solo una questione d’onore. Dare del cornuto a qualcuno, significa implicitamente dargli del “tradito” e questo, a Napoli, nun se po’ ffà! Il tradimento costituisce un’onta peggiore dell’arresto, della nomea di mariuolo e dell’essere incensurati. L’offesa è di carattere supremo e definitivo, un cornuto resta tale anche se lascia la cornificatrice e l'onta va lavata col sangue, Mario Merola docet, come nelle più famose sceneggiate, in cui il triangolo “isso, essa e ‘o malamente” costituisce la trama stessa. Struggenti lamenti neomelodici associati a inginocchiamenti e lacrime sono un must per chi implora perdono; sguardo arcigno, petto in fuori e rivoltella nella giacchetta contraddistinguono i cantori traditi. D’altra parte, va detto, il tradimento a Napoli ha una sua connotazione sociale legata essenzialmente alla famiglia ed al buon nome che porta, che va difeso presso i più importanti centri di caperaggio del capoluogo. Immaginate la situazione seguente: lui ha 16 anni, fa la seconda media e arrotonda portando le pizze a domicilio il sabato sera. Lei di anni ne ha 15 e sulla sua prima carta d’identità ha già fatto scrivere “casalinga”. Lui la abborda a Mergellina fischiando e urlandole contro suoni gutturali, i due si piacciono e si fidanzano. Dopo 25 minuti lei l’ha già portato a conoscere ai suoi genitori, celebrando così il proverbiale “fidanzamento in casa” e compromettendo definitivamente l’esistenza di due nuclei familiari fino alla settima generazione. Dopo 3 giorni, lui si presenta alle due di notte a casa per farle la serenata, accompagnato dal cugino di un amico, che fa il pianobar a Varcaturo, dopo 7 giorni e 450 km percorsi col motorino per portare le pizze e raccogliere mance, e dopo aver scassinato il salvadanaio della sorella piccola, lui le regala un anello di fidanzamento, al decimo giorno le famiglie si sono conosciute, sono diventate amiche ed hanno fittato un bilocale a Baia Murena per passare le vacanze assieme. Il 15esimo giorno si organizza un pranzo familiare in un ristorante in un posto a scelta tra le pendici del Vesuvio ed il lungomare di Licola, in cui il giovane sfoggerà i suoi nuovi calzoni con piega a mezza tibia e cavallo modello pannolone. Praticamente, un idillio. Fino però al 21esimo giorno. Quel giorno, lei ha la febbre e lui è inconsolabilmente solo a casa sua ad ascoltare musica con il cellulare con lo sguardo perso nel buio, quando all’improvviso viene chiamato al telefono dal cugino Cenzino, quello che ha la macchina 50,  che lo invita ad accompagnarlo ad una festa in cui un suo compagno di scuola (terza media al massino), sta festeggiando i 18 anni. L’improvvido giovine accetta e, galeotta la versione rattusa del gioco della bottiglia, si insapona una delle presenti. A quel punto lui, da ommo sicuro quale è, non si pone alcun problema, MA……….alla festa era presente la cognata della parrucchiera che esercita per le case e frequenta il palazzo dove vive la cugina della ragazza dello zio più giovane di lei la quale, tempo massimo 40 minuti, sarà informata di quanto avvenuto. A quel punto, tra anelli di brillanti buttati dalla finestra, lui che la implora di scendere in piena notte e poi è costretto a fuggire sgommando col motorino dal suocero inferocito che è sceso con una mazza, il padre di lui che a sua volta corre in soccorso del figlio fedifrago con due mazze e il cognato pregiudicato al seguito per spaventare l’avversario, la battaglia è bella che servita. A fare la differenza ed a far pendere la bilancia verso la riconciliazione o la mattanza, saranno velenosissimi post su face book, informazioni ingiuriose sui rivali fornite ai guardaporte più in vista ed sms letti in diretta ad un programma di dediche musicali che va in onda ogni martedì sera su Carditello RadioTV. Alla luce di quanto detto, si capirà facilmente quanto un tradimento sia foriero di drammi epocali a Napoli più che in ogni altro luogo del globo terracqueo e comunque, statene certi, che la battaglia avrà un vincitore finale, chiunque esso sia. Anche perché, altrimenti, la casa a Baia Murena, chi ‘a pava?
Volendo fare un rapido excursus, va detto che il tradimento a Napoli non riguarda solo la sfera amorosa, ma anche la città. Ecco così il dileggio nei confronti di emigranti o presunti tali che dichiarano che “non tornerebbero mai a Napoli”, o che sfoggiano un marcato accento romano dopo una gita parrocchiale di mezza giornata a S. Pietro. Ma non solo: il tradimento è anche quello che viene compiuto nei confronti dalla squadra del Napoli. Anzi, se possibile, quello è anche peggio ed investe non solo i tifosi, ma anche i calciatori. Se anche voi avete mandato una corona di fiori al vostro vicino interista dopo un 3-0, allora potete capirmi. Quante mazzate sono volate nel campetto dell’oratorio per difendere l’onore del ciuccio dalle infamie di una coppia di milanisti? E quante telefonate di dileggio avete fatto a casa di un amico juventino dopo ogni vittoria. E quante altre volte vi siete dati alla macchia dopo una cocente sconfitta? Il tradimento non si perdona, neanche quello dei giocatori. Certo, se Maradona fu costretto ad andarsene con una mano davanti e l’altra dietro, una certa comprensione si ebbe anche nei confronti di chi abbandonò una barca che stava affondando in serie B e C negli anni successivi, ma oggi no! Oggi, col Napoli in lotta per quella cosa tricolore che non si nomina per scaramanzia, il tradimento non si perdona! E così, ecco che Quagliarella, punta spuntata di pochi anni fa, già eletto idolo assoluto della tifoseria e ritratto in quadri, statuine e stampe di ogni genere, è stato subito sostituito nelle stesse da pecette nere, wc e croci attaccati sulla sua faccia, fino a vedere il suo ritratto adornare il bagno di una nota pizzeria in zona collinare. E il più recente Cavani? Per quanto il suo tradimento sia stato minore (è andato a giocare in una società straniera e non con gli odiati rivali della Juve), non è stato comunque gradito. Tuttavia, pur non diventando ornamento per sanitari, è finito più o meno così:

lunedì 8 luglio 2013

Intervista per il mondo di suk


Abbiamo rilasciato un'intervista per il mondo di Suk. Praticando la nobilissima arte dello sparamento di pose. Qui il link originale.

Poteva capitare solo a Napoli...
di Mario Scarpa
Una città ostinata nel suo modo di vivere, continuamente in evoluzione e piena di impulsi di innovazione eppure sempre legata a una forte identità legata al passato. Napoli è teatro di innumerevoli contraddizioni e stereotipi, oggetto di infinite analisi sociologiche e riflessioni storiografiche, ma soprattutto è una città che sopravvive alle insidie peggiori della modernità senza banalizzarsi e cedere alle lusinghe del turismo mordi e fuggi. “Una città dalle pagine infinite” la definiscono Massimiliano Maletta e Francesco De Giorgi, autori di “Poteva capitare solo a Napoli” (Aliberti Editore, pagg. 135, euro 10), un’analisi ironica e ricca di acute osservazioni dei difetti tipici dell’universo partenopeo.
Il tono del libro è ispirato all’autoironia che contraddistingue i napoletani, per riflettere sui paradossi, le bizzarrie e i quotidiani saggi di improvvisazione del popolo partenopeo, sempre guidati da una costante esaltazione della fantasia come espressione di vitalità: il tirare a campare che diventa modus vivendi frutto di una continua rielaborazione e riadattamento alle esigenze del momento.
Dalla segnaletica stradale improbabile ai parcheggi avventurosi, dai cartelli promozionali scritti in un inglese improvvisato nei negozi del centro ai luoghi di culto dedicati a Maradona e Cavani: in città sono numerosi gli esempi di artigianato locale, attraverso il quale “l’estro è in grado di prendere così tanto il sopravvento che non ci si limita nemmeno a copiare le marche dei prodotti in vendita, ma le si trasforma in qualcosa di diverso, più facile da scrivere o da pronunciare”, scrivono gli autori nel libro. Napoli è anche quotidiano disagio, per chi si avventura nell’utilizzo di alcune linee dei mezzi pubblici o si trova bloccato con la propria macchina nel caos del traffico, magari a causa dell’ennesima manifestazione dei disoccupati organizzati.
E in città da anni furoreggiano i cantanti neomelodici, divi popolari come lo erano Mario Merola nei primi anni ’70 con la sua sceneggiata e Nino D’Angelo e Carmelo Zappulla nei primi anni ’80. Con il “tragico fenomeno neomelodico” si moltiplicano i video musicali, in alcuni casi veri e propri cortometraggi, ospitati da alcune televisioni locali e poi commentati in studio dallo stesso neomelodico, che riceve le telefonate del pubblico e si intrattiene con loro. Gli autori del libro descrivono con ironia i contenuti dei video e le tipologie di telefonate del pubblico, in particolare è da antologia il commento su un cantante che si esibisce in lacrime mentre mostra la foto del cane portatogli via dalla moglie divorziata.
“Poteva capitare solo a Napoli” è ricco di aneddoti, episodi curiosi, riflessioni mai banali sulla realtà popolare partenopea, quella che segna il carattere della città e ne delinea l’immagine iconografica, da cui scaturiscono gli stereotipi più abusati.
Gli autori scrivono nella premessa al libro: “Non vorremmo che ci rinfacciassero di aver descritto Napoli per quello che è oggi e non come il paradiso terrestre che potrebbe essere”. Insomma: piuttosto che ignorare la realtà è meglio raccontarla, con i suoi paradossi e le sue asprezze, ma con l’aiuto di un sorriso.



In homepage, la copertina

venerdì 7 giugno 2013

Luna Park

Come tutti o quasi saprete, ha chiuso per sempre pure Edenlandia. Forse per molti non sarà così, ma quel parco per oltre 50 anni è stato uno dei simboli dello svago della città di Napoli, il luogo preferito, almeno fino agli anni '80, per tutte le famiglie che portavano fuori la domenica mattina i propri pargoli a divertirsi. Certo, chi è stato Disneyland Paris ed ha provato le montagne russe di Indiana Jones, non avrà potuto che impallidire davanti ai cowboys mutilati dalla ruggine del vecchio west ed alla fanghiglia torbida e maleodorante in cui ristagnavano i tronchi.
Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che quando il parco fu costruito, ossia circa 50 anni fa, era una novità straordinaria, costruita secondo gli standard migliori (per l'epoca) e soprattutto all'avanguardia rispetto a gran parte d'Italia e d'Europa. Da oggi tutto questo non c'è più, ed una visione superficiale dei fatti, potrebbe lasciare spazio ad una sterile malinconia sui bei tempi andati e ad un senso di sconforto su tutto ciò che sta capitando alla periferia occidentale di Napoli. E invece no.
E' ora che qualcuno vi dica come stanno le cose, è ora che sappiate davvero quello che sta succedendo da trent'anni a Fuorigrotta e simili.
Dimenticate Eurodisney, Gardaland e qualunque parco di divertimento del secolo scorso. State da 6 lustri assistendo in diretta alla creazione del primo ed unico parco a tema 2.0 dell'intera Via Lattea! Lo Sferisterio bruciato, Edenlandia Chiusa, lo Zoo abbandonato, il palazzetto dello sport sono solo alcuni dei passi necessari al compimento del più grande progetto urbano che si ricordi: i Campi Flegrei a breve diventeranno il nuovo simbolo della città, uno straordinario parco a tema che con le sue mirabolanti attrazioni darà ai suoi visitatori il brivido di un'avventura da vivere in prima persona. Chi vorrà, potrà cimentarsi fin da subito nei più arditi giochi che si siano mai visti. Se vi prudono le mani nello Sferisterio vi attenderà un'eccitante incontro di wrestling con delle zoccole grandi come bisonti (mutandoni da lottatore non provvisti). Mentre per avventure acquatiche da far impallidire il capitano Nemo, il sottopasso dello stadio sarà il luogo da preferire. A metà tra rafting e canyoning, gli emuli di Magellano potranno sfidare gli impetuosi marosi vomitati dalle fogne a seguito di una ventina di minuti  di pioggerellina.
Il centro Commerciale Sanpaolo, dal canto suo, farà invece la gioia di tutti coloro che amano procacciarsi del cibo nei negozi abbandonati, possibilmente in american style, ossia mentre un maniaco armato di bazooka si aggira tra i relitti delle scaffalature.
E' stato difficile ed estremamente dispendioso preservare l'area dell'Italsider nel suo intonso stato di degrado; ma per gli amanti dei thriller pseudo-scientifico, il Comune non ha badato a spese, pur di mantenere in vita i cyborgs radioattivi fatti di spazzatura e scorie d'altoforno. Non temete, non ci siamo scordati dell'Edenlandia. Credete forse che sia stato il caso a far crescere amebe grosse come tacchini nelle acque dei tronchi? No di certo, e toccherà a voi sfidarle a singolar tenzone con affondi di scopettino. E non sperate in un aiuto dei cowboys del piano di sotto, che al più, se azionati, potrebbero saltare in aria uccidendovi.
Il piano di back-up (che suona meglio di fuga) si può avvalere di una macchina tozzi-tozzi. Liberate dai loro antiquati pantografi, queste diaboliche vetture potranno sfrecciare nello Zoo-Safari metropolitano dove, per gli appassionati della Natura, e' previsto un percorso in mezzo alle bestie feroci. Queste ultime, liberatisi dalle gabbie marcite dello zoo abbandonato, scorrazzeranno in allegria affamate da mesi di viveri "sereticci" ed "incazzimmite" da lustri di turpi sfottò dei partenopei.
Gli amanti del trasporto autonomo e salutista, potranno tentare la traversata Bagnoli-Mergellina sull'unica pista ciclabile ad ostacoli del pianeta. Paletti, interruzioni del percorso ed improvvise sparizioni del tracciato, che ricomparirà per magia in un'altra zona di Napoli (probabilmente con voi sopra), vi accompagneranno in un'avventura senza precedenti.
Visto il legame partenopeo con l'Aldilà, l'ultraterreno non poteva essere dimenticato. Gli occultisti potranno deliziarsi al Palazzetto dello sport, in una straordinaria partita fantasma nel campo di basket fantasma, osannati da spettatori fantasma con una palla; fantasma anche quella. I coraggiosissimi pronti a sfidare le tenebre nel lugubre Palazzetto, potranno assistere ad una vera e propria incarnazione di antichi spettri Pompeiani. Difatti, a Viale Giochi del Mediterraneo, con l'arrivo delle tenebre, compariranno delle aggraziate novelle Circi che attrarranno la clientela, pardon, gli ospiti del parco, coi loro languidi canti. 
I cuori teneri potranno optare per una sapida insaponata con la propria innamorata guardando il tramonto sul pontile. Il sogno di ogni amante, "insieme  per tutta la vita", si potrà realizzare facilmente con la sorniona complicità del picchetto della Nato, che vi sparerà addosso per sbaglio. Se all'eterno amore preferite l'avventura estiva, il classico falò sulla spiaggia sarà' garantito dalla Città della Scienza. Baldi giovani, volontari di un'associazione che preferisce l'anonimato, continueranno ad alimentare il fuoco con vari articoli passati in disuso, al pari della Scienza.
C'è solo da attendere, dunque, e non avrete bisogno di allontanarvi per vivere la più clamorosa avventura della Storia (Proponiamo metro-quest, il finto inglese ha quel suo non so che). Novelli Agnano Jones, siete pronti?


venerdì 24 maggio 2013

Un posto all'ombra

A Napoli tutto può mancare, ma non una soap opera. Diciamocelo: ci hanno provato in tutte le salse, ma solo "Un posto al sole", ambientata a casa nostra è riuscita a sopravvivere. La bigia e torinese "Centovetrine" rischia la sospensione ogni 15 giorni, la casareccia e comense "Vivere" è annegata nel lago e la siciliana "Agrodolce" ha fatto sugli spettatori lo stesso effetto di un'indigestione di arancini. Solo le storie ambientate all'ombra del Vesuvio continuano da 17 anni a raccogliere consensi tra i forzati dell'auditel. Storie eccitanti ambientate a Posillipo, tra panorami mozzafiato e case modello reggia di Caserta, con meccanici che riparano solo Aston Martin e corniciai che trattano esclusivamente platino cesellato. Diciamocelo: qualcosa non funziona. E non funziona a partire dal titolo. E' vero che Napoli è 'o paese d'o sole, ma è anche la patria dei vicoli e, chi ci è stato lo sa, nei vicoli il sole non ci entra nemmeno per sbaglio. Per questo, ci sentiamo di proporre una soap che sia veramente napoletana, fino al midollo. Per esserlo, ha bisogno di partire proprio dai vicoli, per questo la intitoleremo "Un posto all'ombra". Al posto delle ricche famiglie di imprenditori e dei giovani morti di fame che, Dio solo sa come, hanno ereditato quartini da 600 metri quadri a Posillipo, ci piazziamo la famiglia Scannapiecoro, guidata dalla matriarca donna Carmela, ex contrabbandiera di lungo corso che col suo lavoro ha consentito alla figlia Concetta di sposare Rosario, salumiere da tre generazioni, che gestisce la sua potechella con l'aiuto dei figli Ciro, Carmelina e Gennifer. La serenità del simpatico nucleo viene turbata dall'arrivo nel quartiere di don Aniello 'o verdummaro il quale, grazie a un gratta e vinci fortunato estorto ad una vecchia per un debito, ha potuto trasferirsi in città dalla ridente Sant'Antimo per aprire un coloniali. A questo punto, diciamocelo, tutti si aspetterebbero sanguinose battaglie per la conquista dell'ultimo cliente a colpi di sabotaggi, arditi investimenti e strategie sporche. E invece no, il casus belli, in una storia del genere, può solo essere Tatillo, il figlio di don Aniello, che si insapona Gennifer e la ingravida. E, si badi bene, non se la insapona in uno stanzone stile impero con vista panoramica su Castel dell'Ovo, ma a Viale Raffaello sul sedile posteriore della Fiat Uno dell'84 che il padre ha convertito al GPL due anni fa. A quel punto non ci sono quote societarie da spartirsi o affari spropositati da contendersi: l'unico obiettivo, fino a fine stagione televisiva, sarà organizzare il matrimonio riparatore sufficientemente in fretta da non far accorgere Susetta 'a purtiera dell'inopinata gravidanza, e dopo convincerla che il bambino è nato di sette mesi. Per raggiungere lo scopo, come in tutte le soap che si rispettino, ci sarà qualcuno che tramerà nell’ombra. Non si tratterà però di un franco tiratore del consiglio d’amministrazione che rivenderà al nemico il progetto del nuovo yacht da 500 miliardi di dollari, sarà molto più realisticamente zia Pasqualina, che organizzerà il controspionaggio a Susetta, spargendo la voce, dentro da Antimo ‘o parrucchiere, secondo cui il matrimonio era già stato programmato da tempo e solo la volontà di riservatezza degli sposi aveva impedito alla lieta novella di diffondersi. Come conciliare il concetto di riservatezza con la serenata pre-nozze, i manifesti per il quartiere e il servizio esclusivo su Pollena Televiscion pagato rivendendosi i pannoloni della nonna, non è oggetto di questo testo. I più attenti fra di voi, potranno obiettare che, una volta raggiunto lo scopo e nato il criaturo, la trama non potrà che esaurirsi con la prima serie, al massimo si può tirare avanti un paio di settimane col battesimo. E invece no! Come in tutte le soap che si rispettino, proprio quando tutto sembra volgere al meglio, arriva un evento catastrofico che rivoluziona gli equilibri. No, nessun naufragio della coppia felice sull’isola deserta e nessun aereo con a bordo l’erede al trono che scompare in Papuasia. Molto più semplicemente, da queste parti non esiste evento più catastrofico del tradimento. Allora, con la seconda serie, il buon Rosario verrà colto in flagranza cornificatrice dalla moglie mentre si intrattiene con Veruska, pingue matrona di stanza a Ponticelli, bielorussa di nazionalità e polacca di professione. A quel punto, nove mesi di puntate da 25 minuti saranno dedicate esclusivamente ai tentativi di ricomporre la coppia, passando per la festa di 18 anni di Carmelina, per Ciro che fallisce per la settima volta consecutiva l’esame di terza media e anche per Lello ‘o pisciavinnolo, che intesserà una fugace relazione con Concetta, ancora scossa dal tradimento subito. La chiusura sarà ovvia, con tanto di quadretto familiare felice e pranzo comunitario restauratore in una taverna vittoriana di Bacoli con vista mare, special guest Mimmo Taurino che canta un brano sulla famiglia. Una volta tornate al posto loro le cose, il morto deve scapparci per forza, almeno per dare la spinta alla terza serie. A tornare al creatore sarà don Ciro senior, papà di Rosario, che ci lascerà dopo 2 mesi di rianimazione a seguito di un’indigestione di impepata di cozze. La morte del patriarca comporterà il ritorno a Napoli di Titina, acida sorella di Rosario, che avanzerà pretese sulla poteca del fratello, sottraendogliela dopo avergli prestato ‘e sordi c’o ‘nteresse e aver neutralizzato il potere inciuciogeno di zia Pasqualina, riferendo a don Giacinto ‘o prevete che la congiunta ruba dal cestino delle offerte. Mille ulteriori peripezie porteranno alla riconquista della salumeria da parte di Rosario, che riotterrà le chiavi per grazia ricevuta, dopo un memorabile confronto con la sorella svoltosi durante la processione di Sant'Anna. Volendo, una bella idea per la quarta serie pure potrebbe uscirci, con tutto il cast impegnato a dissuadere Ninuccia, la fidanzata di Ciro, dall'iscriversi all'università, visto che la aspetta un comodo futuro da cassiera nella poteca dello gnoro, e con l'ingresso nella soap del perfido Totore, meccanico truccatore di motorini, che porterà sulla cattiva strada il giovane Tatillo. Ovviamente alla fine il bene trionferà sempre, anzi, trionferà in eterno, dato che abbiamo una coscienza ed eviteremo di proseguire oltre verso la quinta serie. "Un posto all'ombra" è bello, ma si dura troppo assaje, ce accire 'a salute!

giovedì 9 maggio 2013

Road to Pompeii


Molti di voi avranno saputo che il ministro per i beni culturali Massimo Bray, in visita privata presso gli scavi di Pompei, è incorso in quello che per un utente occasionale è un contrattempo, ma per un pendolare è il minimo che gli possa capitare: il blocco della Circumvesuviana. Chi conosce la storia, sa anche come il ministro, che sostiene di essere stato riconosciuto, sia riuscito a raggiungere gli scavi grazie ad un passaggio raccattato non si sa come. Ecco, questa notizia ha scatenato la solita ridda di lamentele dei pennivendoli critici, sempre pronti al dileggio del lodevole trasporto campano e di tutti i disagi che affrontano ogni giorno i viaggiatori. In realtà, provvisti di sana onestà intellettuale, possiamo provarvi che trattasi di buona notizia. 
Innanzitutto, esiste un ministero per i beni culturali in Italia, e c’è pure un ministro, che è cosa non da poco. Secondo, il ministro è stato riconosciuto addirittura da una viaggiatrice, il che e' paragonabile solo ad una apparizione mariana se solo pensate che il 99% di coloro che hanno letto “Massimo Bray”, avranno pensato “E chi cazz’è?” .
In ultimo, per i più pignoli, pensate alla più bella notizia nella notizia. E' vero che la Circumvesuviana ad un certo punto si è fermata, ma questo significa che prima camminava. Questa eventualità, ben più surreale del riconoscimento del ministro, e' effettivamente accaduta. 
Tutto il nostro rammarico va al povero ministro Bray che, ce ne rendiamo conto, non deve essersi avveduto di tutte le buone notizie alla sua portata. Pare sia sceso dal treno a Torre del Greco e sia arrivato a Pompei con l'auto-stop. Quale super-potere abbia messo in gioco per ottenere un passaggio contando sola sulla sua zazzera bianca mittel-europea, non e' dato sapere. Ma gli va riconosciuto l'ardimento d'aver fatto l'autostop a Torre del Greco e la fortuna d'essere arrivato in loco tutto d'un pezzo.
Ma l'ennesima buona notizia e' un'altra. Il lodevole Bray e' riuscito ad ottenere le scuse e, udite udite, una giustificazione dalla Circumvesuviana. Non proprio dal treno in persona ma dalla Direzione della stessa. Una vendetta per tutti i pendolari che hanno speso ore di accese, quanto inutili, discussioni chiedendo ai pochi controllori superstiti un banale "Perché?". Curiosità che veniva soddisfatta al più con una scrollata di spalle. Lasciando all'immaginazione degli odierni Willy Fogg, intenti a compiere il loro giro della provincia in meno di 180 minuti, figurare la comparsa di mostri danteschi ghiotti di traversine o l'esistenza di gallerie spiritose che si smaterializzano a sorpresa.
Invece la CIRCUM si e' scusata incolpando prosaici vandali, che avrebbero rotto dei finestrini a Sorrento. Un po' deludente, riconosciamolo. E no. Non ci chiederemo come si possa per un finestrino rotto di un treno fermarne un altro che i finestrini ce li ha sani (noi credevamo che i deragliamenti fossero più complessi). Né quali poteri occulti la finestra rotta scateni pur di arrestare un convoglio a circa 40km di distanza dal luogo dove sono i cocci. Se lo facessimo potremmo finire per trovare qualche cattiva notizia.




sabato 20 aprile 2013

Manga-Minkia


Nessuno passatempo sollazza di più i giovani adolescenti quanto "vattersi" nei cortili e nelle strade. E non c'e Playstation o Xbox che tenga. Nonostante ciò anche questo rito barbaro si lascia influenzare dai miti esteri.
Le nostre amene zuffe da scugnizzi sono state indubbiamente culturalmente arricchite dall'invasione nipponica degli anni '70-90. La pancia dell'avversario si rivelava cosi' pululante di punti di pressione, che pigiati nella giusta sequenza dovevano condurre all'esplosione della testa dell'avversario, come faceva Ken Shiro per intenderci, eroe di una serie di cartoni animati universalmente nota.
E così, mentre le più elementari pulsioni di rattimma d'età adolescenziale venivano mutuate da "Lamù", anche il volgare "matrimonio e' paccheri" si ingentiliva col grido di "polvere di diamanti". No, non parliamo di un'errata citazione del romantico film di Sordi, ma piuttosto della precisissima evocazione del colpo segreto del piu' fico dei Cavalieri dello zodiaco (altra serie di grido). 
Ok, sappiamo che con questa affermazione si corre il rischio di inimicarsi il 75% dei fan dell'anime, pronti a difendere a spada tratta qualcun altro dei protagonisti della serie, a loro avviso, più degno del titolo del più fico. Ma perché questi cartoni cosi lontani dalla nostra esperienza ci piacevano tanto?
Se uno ci pensa i cavalieri dello zodiaco sono miti greci fraintesi da giapponesi e mischiati con un po' di spirito marziale asiatico. Un polpettone che sarebbe dovuto risultare esotico e familiare ai nipponici, ma almeno grottesco e ridicolo a noi occidentali.
Invece siamo finiti per adorarli, perché in fondo, i cinque personaggi chiave paiono stereotipi fuoriusciti da una terza classe ripetente di un liceo partenopeo.
Per chi non li conoscesse ancora:
C'è Pegasus, l'insopportabile secchione primo della classe eternamente innamorato della maestra (Athena), che frequenta un istituto privato per garantirsi il massimo dei voti alla maturità, e che, malgrado abiti a Piazza Amedeo, prende il suo Suv pure per andare a comprare le sigarette a Via dei Mille.
Sirio, invece, è il tamarro col tatuaggio che tratta la ragazza come la munnezza della gente, ma lei, nonostante questo, o forse proprio per questo, lo idolatra. Lui se ne esce il sabato coi compagni di palestra, irretendo tutte le ciaccarelle di stanza presso la galassia di San Martino, equivocando sul significato del soprannome "Dragone", che in realtà gli è stato affibbiato soltanto per via del ciato a peste che lo caratterizza.
Quindi c'è Crystal, che nella sanissima tradizione partenopea, é un mammone incurabile. Ha deciso infatti  di diventare Cavaliere dello Zodiaco, per lavare l'onore macchiato di sua madre dopo che un compagno di catechismo lo aveva informato del fatto che ella amava intrattenersi spesso nel negozio di Ursus 'o chianchiere (anche i macellai hanno nomi altisonanti) a serrande abbassate.
Andromeda, dal canto suo, ancora oggi pone interrogativi più inquietanti di quanti ne abbia mai posti Amanda Lear. Certo, il fatto che sia stato avvistato spesso in orario notturno presso la costellazione di Gianturcus, non depone a suo favore, ma sia che si tratti di uomo, donna, trans o quant'altro, l'unica cosa chiara, è che ha sempre bisogno dell'intervento di Phoenix.
Phoenix è il classico Malamente dal cuore d'oro. Pregiudicato si, ma solo per contrabbando di sigarette. In realtà, avrebbe anche provato ad iscriversi ad Ingegneria, ma la barba incolta è stata causa di così tante bocciature, che lui non ha trovato nulla di meglio da fare che chiavare mazzate a destra e a manca e litigare coi sodali da mattina a sera.
Molto da dire ci sarebbe anche sui nemici: Cavalieri d'oro, d'argento e d'acciaio, da queste parti non potrebbero che essere altro che Cavalieri 'e munnezza, impegnati a conquistare la città per farsene ciò che più gli aggrada. Ecco allora il buon Pegasus impegnato su Alpha Rioni Altis nella lotta contro Parcheggiatorem, il cavaliere della costellazione di Jatedottò, guardiano della sosta non autorizzata. Poi c'è Sirio, che ha interrotto la sua meditazione alla cascata del Parco del Poggio, per salvare la viabilità urbana dall'assalto dell'esercito dei Cavalieri Manifestanti, al soldo del diabolico Vulimmopòst. Frattanto Crystal, che voleva solo andare a Via Toledo per regalare una borsa a sua madre, dovrà vedersela con Telecameribus, il cavaliere guardiano della nebulosa di Zetattiellis, che col suo colpo speciale può multare chiunque passi sotto il suo sguardo. Mentre Andromeda, come al solito, si limiterà a farsi scotognare di paccheri da Papponix, Cavaliere Protettore e basta, che lo ha scambiato per un cavallo della sua scuderia ed ora esige la sua parte.
In questo quadro sanguinoso di battaglia, come da prassi, i nostri eroi verranno ridotti allo stremo dai loro avversari, che li avranno feriti quasi mortalmente ed obnubilati citando a memoria poesie e brani tratti dai romanzi di Moccia, favellando già del loro futuro al comando di Neapolis. Ma sul più bello arriva lui, Phoenix, che ha appena finito di sfasciare il videopoker di un bar di Fuorigrotta che gli ha ciulato oltre 100 euro in un'ora e corre in soccorso dei compagni, scomma di sangue tutti i nemici ad uno ad uno, poi, mentre va a farsi una birretta per festeggiare, sopraggiunge Pegasus, si limita a constatare il decesso del capo dei malamenti e si prende i meriti del trionfo concupendo Athena. E ci credo che poi uno si incazza...


giovedì 28 marzo 2013

Après Pâques, est une fête encore


Tutto si può dire di Napoli  e dei napoletani, tranne che non abbiano rispetto per le tradizioni, specialmente quelle religiose, particolarmente quelle chiassose. Anzi, molto spesso il rispetto diventa un attaccamento quasi morboso, un obbligo talmente sentito da essere assolto perfino quando è contro ogni logica o eventualità. Tral e tante tradizioni divenute veri e propri riti tribali, c’è la classica gitaf uori porta di Pasquetta. Poche esperienze nella vita di un partenopeo possono avere effetti così devastanti sulla psiche e sulla stabilità individuale di chisi appresta zaino in spalla a varcare la soglia di casa lunedì in albis. Qualunque partenopeo può chiudere gli occhi e ricordarsi con sollazzo o, più sovente con sgomento, un episodio saliente di qualche Pasqua fa. Ma il rituale, per quanto a tratti macabro e animalesco, non va criminalizzato. È praticamente grazie alla pasquetta se il 70% dei vinai, dei macellai e dei mozzarellari delle zone costiere riesce a passare indenne l’inverno, senza contare l’indotto per bar e gelaterie, altrimenti condannate ad altri due mesi almeno di austerity, ristoranti di campagna e spacciatori. A questo punto, è d’uopo sfatare un mito: da queste parti la cosiddetta “partenzaintelligente”, vuol dire viaggiare sulla corsia d'emergenza. L’unico modo per evitare di restare intruppati in un alveare di autovetture sovraccariche di carne umana, è stare a casa. Ma non illudetevi, non ve lo lasceranno fare. Amici, fidanzate, sono tutti pronti ad accusarvi di pigrizia. Si, proprio loro, che vedono in Frosinone le loro Colonne d'Ercole e che pensano che la pavimentazione verde dei parchi sia dovuta ai "trocati".
In ogni caso, la stragrande maggioranza delle volte, l’appuntamento è sotto ‘o palazzo ‘eGigino, l’unico che abbia un minimo di giardino sotto, sul quale parcheggiare selvaggiamente le proprie macchinine. Pure quest’anno, il povero Carminiello ha dovuto portare la chitarra, che ancora reca sul manico i segni della stutata di sigaretta che Enzuccio fece l’anno prima. Il problema è che Carminiello la chitarra se la porta appresso da anni, ma ha imparato a suonarla al solo scopo di sedurre la fascinosa Titty, cugina dell’Enzuccio di cui sopra, che aspetta solo che qualcuno le dedichi un pezzo di Fabrizio Ferri per sposarselo e sfornare conigliate a ripetizione per i successivi vent'anni.Come al solito, dopo giorni e giorni di febbrile organizzazione, le mete papabili sono sempre le stesse: la casa di Lello a Mondragone, dove si dirigeranno i trasgressivi che vogliono farsi venire una broncopolmonite facendosi il bagno a fine marzo, il ristorante del compare di Tonino a Pollena Trocchia, per chi vuole dedicarsi alle bellezze della campagna e finire in coma etilico prima delle 15 e poi ci saranno i temerari, verosimilmente neo patentati, che oseranno dirigersi verso il Fusaro, a casa di Peppe, cugino del cognato di Sisinella il quale, totalmente ignaro del fatto che 24 sconosciuti stanno per piombare nella villetta, se ne sta bellino a mettere le sedie attorno al tavolino del giardino. Capocordata a quel punto si autoproclama Gaetano, forte del fatto di aver preso già 3 volte la tangenziale e dell’aver da poco fatto svuotare la marmitta della sua 500 nuovo modello con interni in pelliccia e cerchi in lega. Come da copione, appena iniziate le operazioni di partenza,comincia a piovere, ma non una pioggerellina leggera, no. Un vero e proprio tifone si abbatte sulle teste dei nostri malcapitati. A quel punto, i meno coraggiosi si tirano indietro e ritornano verso le proprie case consci dell’essere ormai solo carne da macello per aver tradito il rituale pasquettiano, mentre i più temerari  decideranno comunque di salpare tra i flutti e i geyser provocati dai tombini esplosi per la pioggia. Alle spalle del capocordata si dipanano la punto a metano di Mimmo, ospitante il povero Carminiello, che viene costretto ad intonare i più grandi successi di Gianni Celeste sul sedile posteriore. Si, proprio lui che ha sempre giurato di suonare solo i Doors. Ma come dire di no a Titty? Non può, nonostante Totore profitti dell'atmosfera beceramente romantica per prendersi qualche passaggio sulla accondiscendente Titty. Scartata l’ipotesi tangenziale, le tre auto si dirigono verso il Fusaro seguendo una strada descritta anni prima a Gaetano in un racconto confuso da Ciruzzo ‘o pallonaro. Ovviamente, qualora la strada fosse mai esistita, non sarebbe di sicuro stata quella percorsa da i nostri eroi, i quali trascorreranno le prime ore delg iorno a guadare fiumi di melma in tutto l’entroterra Marano-Quartese, prima che Rosario, coequipeur  di Gaetano, abbia la geniale idea di seguire i binari. Proprio quei misteriosi binari che correvano ai lati della strada, ricordandosi di aver sentito da bambino dell’esistenza di una ferrovia che passasse da quelle parti. Una volta raggiunta la casa del povero Peppe, trovata chiedendo informazioni a chiunque si parasse loro dinanzi durante il tragitto, i nostri eroi colonizzeranno, a botta di pacche sulle spalle ad emeriti sconosciuti, tutto lo spazio a disposizione. La giornata a quel punto si dipanerà molto velocemente, mentre Enzuccio farà fuori 6 bottiglie di Chianti gran riserva del padre di Peppe, Rosario avvelenerà il barboncino di casa mettendogli la vodka sulle crocchette, Gaetano farà innamorare la nonna del padrone di casa e, mentre Titty si farà ingravidare da Totore nello sgabuzzino della villa,  Carminiello, dopo aver invano cercato di coinvolgere gli astanti suonando i Pink Floyd, interpreterà con disperazione il meglio del repertorio di Jo Donatello. 
Il climax della giornata, arriva quando esce "'o pallone". Perché c'è sempre qualcuno che porta la magica sfera, ed immediatamente tutti i maschi "devono" cominciare a giocare. Si tratta di un'affermazione di virilità paragonabile alla incornate dei cervi e la ruota dei pavoni. Niente può impedire questa esibizione e nessuno può esimersi con pallide scuse, quali il menisco fragile, il non saper giocare e neanche l'appartenenza all'odiata tifoseria avversa. 
Chi non partecipa viene subito additato come equivoco e, poco importa se profitta della panchina per impomatarsi le compagne dei giocatori. 
I calciatori hanno altri problemi con cui fare i conti.
Coloro i quali hanno considerato montare un mobile Ikea all'anno come attività fisica bastante a mantenere la forma, sudano come agnelli la vigilia di Pasqua col cuore che implora pietà alla Madonna dell'Arco.
Destino ancora più gramo meritano i pochi, pochissimi atletici, che verranno falciati e gambizzati crudelmente dai loro migliori amici. Che no, non intendevano davvero fargli male, quando dopo l'ultimo dribbling dell'amico gli sono saltati a piedi uniti sul tallone.  
Sul calare delle luci del giorno, i nostri abbandoneranno il loro terreno di conquista, non senza aver trafugato due chili di mele annurche, un quadro del primo '900 ed il merlo della nonna di Peppe, avventurandosi verso la litoranea che porta all'imbocco della tangenziale. Ecco, chi ha preso quella strada un sabato sera di luglio può capire solo lontanamente quello che può succedere nella fase del rientro dalla pasquetta: un'orda  di assatanati con un tasso alcolemico pari a quello dell'intera Monaco di Baviera in piena Oktoberfest, si contenderà fino a notte fonda ogni più piccolo e millimetrico spazio di strada nella vana speranza di poter accorciare il supplizio di qualche secondo. Purtroppo, sarà tutto inutile. Anzi, molti saranno costretti a recarsi direttamente al lavoro, essendo sopraggiunto il martedì mattina, mentre altri, con una sagacia tattica degna del miglior Mourinho, decideranno di bivaccare nella boscaglia incontaminata dei Campi flegrei fino al ponte del 25 aprile: tanto alla fine sempe llà se và a finì!

venerdì 15 marzo 2013

Dateci la democrazia


Secoli di battaglie per avere un briciolo di democrazia in questo paese, ed ecco sopraggiungere ancora una forza politica che la nega candidamente. Perché anche se Loro rifuggono il nome di partito e si auto-eleggono araldi della moralità e portavoci della Verità, sono la più importante forza politica italiana.
Poco importano i numeri, se destra e sinistra non fanno altro che fare il filo a questa Comunita' ( gli piace tanto di farsi chiamare cosi').
Hanno un'opinione su tutto. E su tutto vogliono mettere bocca, incuranti di quello che pensano quelli che li hanno sempre sostenuti. E chi non e' d'accordo con loro, è degno dei peggiori tormenti, visto che loro sanno quello che e' meglio per noi.
A nulla valgono i continui appelli degli intellettuali affinché' si dotino di un meccanismo democratico per l'elezione del leader, del portavoce o dell'emissario (o come gli fa più piacere chiamarlo).
Adesso basta. E' il momento di ridare dignità a quelli che in voi hanno sempre creduto.
Cara Chiesa, per favore, il Papa fallo eleggere dai cattolici.

venerdì 8 marzo 2013

Curriculum Vitae


Napoli è la città dell’arte di arrangiarsi, questo è noto ed arcinoto. Anzi, considerando quanto quest’arte sia radicata nel DNA indigeno, si può dire che la città stessa sia un sinonimo dell’arrangio in tutti i campi. Arrangiarsi, lo sappiamo, è la prima regola lavorativa in un posto dove cercare di guadagnarsi la pagnotta non è mai stato facile, nei secoli dei secoli, ma si allarga a qualunque altro campo, dall’elaborazione dei motorini a basso costo, fino alla copia dei compiti a scuola. Per queste ragioni, ci fa davvero strano che il buon Oscar Giannino non sia nato a Napoli. Sia chiaro, nessuno si scandalizza perché qualcun altro ha scritto delle cazzate su un curriculum vitae, tutti noi abbiamo barato almeno una volta, attribuendoci “elevatissima capacità di lavoro in gruppo e risoluzione dei problemi”, omettendo di spiegare il fatto che per “lavoro in gruppo” intendevamo l’esecuzione della Macarena in compagnia di due cugini e per “risoluzione dei problemi” intendevamo la capacità di risolvere quesiti matematici contenenti una divisione massimo a due cifre. Allo stesso modo tutti abbiamo millantato una “eccellente conoscenza dei principali software specialistici”, ben sapendo che è una frase che fondamentalmente non vuol dire una cippa, o un “ottimo inglese, scritto e parlato”, quando al massimo il nostro vocabolario comprendeva quattro parole: play, stop, rew e ffwd, abbreviati come da stereo allegato. Quello che però ci manda letteralmente in visibilio, non è l’aver millantato (o equivocato su) dei titoli importanti quali due lauree ed un master, perché ormai è una pratica talmente diffusa a livello politico, da risultare quasi banale. Il vero tocco di classe, il colpo di genio, il gol in rovesciata da centrocampo è l’aver vantato una fantomatica partecipazione allo Zecchino d’oro, per di più sotto falso nome. Decenni di politica da saltimbanchi sembravano aver esaurito la vena comica dei nostri proto-onorevoli e invece, come un fulmine a ciel sereno, Giannino ha cambiato la storia dell’auto-referenziazione, ha rotto gli argini dell'incredibile per sfociare nell’immenso. Da questo momento, sul curriculum, ognuno può scrivere il cacchio che gli pare, senza avere più limiti, né di fantasia, né di decenza. Prendiamo ad esempio Antimo, 22 anni, sei dei quali passati a fregare portafogli ai turisti nei decumani: chi potrà impedirgli di scrivere nel curriculum (sempre ammesso che ne compili mai uno) “Addetto al servizio di informazione ed accoglienza turistica”? E di Titina, da oltre vent’anni gestrice di una casa d’appuntamenti popolata da maitresse d’oltre balcani, vogliamo parlarne? Per lei, come minimo si può parlare di “Pluridecennale esperienza nella gestione d’impresa e delle risorse umane, con particolare attenzione ai rami dello scouting e del recruitment”. Sasà, subappaltatore a cottimo sin dall’infanzia, specializzato nella pitturazione di interni, potrà sicuramente vantarsi di aver lavorato dal 1985 al 2013 come “Gestore di processi di outsourcing in piccole e medie imprese a gestione familiare”, mentre Lino, che si è reinventato da pochi mesi autista di un pulmino abusivo sulla tratta Piazza Dante - Miano ad € 1,00 a corsa, potrà definirsi “Titolare ed amministratore Unico di un’azienda specializzata nel trasporto charter e low cost su gomma”. Alla fine, non possono mancare all’appello il buon Totonno, stracciafacente da parte di padre, in diritto di scrivere di sé  “Consulente in trading” e il mitico Enzuccio, strozzino per la polizia e cravattaro per il volgo, che potrà definirsi “gestore di un’agenzia specializzata in subprime lending” sul suo curriculum. Non c’è che dire, forse questa tornata elettorale non ci avrà fornito un governo, ma di sicuro ha aperto una nuova era per chi è alla ricerca di un lavoro. E se ve lo diciamo noi, che abbiamo vinto già 2 volte Sanremo, lavorato con Andy Warhol e inventato il frigorifero ad energia solare, potete crederci. 

mercoledì 13 febbraio 2013

Playlist per S. Valentino


Tra pochi giorni, si sa, ricorrerà quell’obbrobrio conosciuto in tutto il mondo come la festa degli innamorati, ossia S.Valentino. Ogni innamorato si sentirà costretto moralmente, se non fisicamente, a festeggiare:  spendere uno sproposito in cioccolatini e regali e, come minimo, una cena a lume di candela in un locale vip. Se siete Piemontesi non vi resta che ingoiare l'amaro calice, sperando che l'abbuffata di gianduiotti (guai a rifiutarli) non vi costringa ad un lungo dopocena movimentato e seminudo, come ve l'eravate aspettato, ma nella solitudine dolorosa del vostro bagno.
Ai Lombardi toccherà un ristorante anti-tredicesima, cui si può accedere solo con una fila che tende all'infinito. Prenotare non basterà. Il tavolo che vi assegnano è quello vicino alla porta, il più freddo del locale. E mentre tutt'intorno a voi avrete l'impressione che l'amore venga celebrato nel suo fulgido splendore, il vostro/a partner rabbrividisce nascondendosi dentro un cappotto anti-stupro. Rigorosamente non ordinata, vi arriva la prima bottiglia di Champagne. L'unica cosa calda della serata. Con sgomento scoprite che non potete neanche scegliere quello che vi va, ma dovete adeguarvi ad un menu di ostriche e lumache, se siete fortunati, almeno parzialmente scongelate. Ed è in questo preciso momento che prendendo il coraggio a piene a mani dovete nascondervi dietro l'inutile carta dei vini. Il rischio d'incrociare lo sguardo della vostra dolce metà che ha già incenerito lo stoppino della candela è troppo alto.
Ma qui a Napoli, siamo nella patria della musica, siamo in quel posto che viene universalmente riconosciuto come la culla di tutto ciò che va sul pentagramma:non vorrete mica fare che il/la  vostro/a coniuge resti senza un adeguata serenata? Sicuramente no, quindi archiviate i baci perugina, dimenticate i ristoranti trendy e lasciatevi guidare da noi in questa scorribanda tra le 7 note per fornire un brano adatto ad ogni situazione.

Siete per caso amanti di una donna sposata? Siete costretti a vederla negli ritagli di tempo approfittando delle brevi assenze del marito?Bene, il brano che fa per voi è “’O tiempo ‘e nu cafè”. Il mitico Mimmo Taurino descrive minuziosamente l’incontro tra due amanti, avvenuto nel brevissimo volgere di un caffè preso dal marito di lei al bar di sotto. Chi, trovandosi in una situazione del genere, pur pressato dai tempi rapidissimi, non ha detto alla propria amata “comme si bella meza annura!”? E chi, pur sapendo dell’empietà della propria relazione, non hai mai pensato che la sua donna stesse “Spurcando chistu core c’o russetto?”. Per tutti coloro che amano l’ammore all’erta all’erta….

Lei vi piace tantissimo ma ha già una o più storie, per quanto poco serie, in corso? Lei vi solletica e stimola le vostre più recondite fantasie di rattimma anche lontano dal Parco della Rimembranza? Il pezzo che vi si addice di più è lo storico “Voglia ‘e fa ammore” del leggendario Antoine il quale, pur iniziando il video in un’ambulanza ciaccato e demorente per la di lei mancanza, continua l’opera insaponandosi qualunque forma vivente di sesso femminile gli capiti dinanzi,proponendo in versi di amoreggiare “Dint’an’ascensore mentre sta sagliendo” oppure “mmiezo ‘o mare, ‘nzieme ‘e cavallune”. Per tutti gli amanti focosi e soprattutto per tutti i coraggiosi che non hanno paura né che l’amata li stroppèi per le insinuazioni sulla lascivia di costumi, né che accetti di copulare tra i marosi indomiti.

Vivete un amore totalizzante peggio di quello che provò Dante per la sua Beatrice? Non riuscireste mai ad immaginare null’altro che la vostra amata al vostro fianco? La vostra dichiarazione sarà allora la romantica “Comme si ‘a guerra” del classico Tommy Riccio. Bordate clamorose a colpi di “E si bella comme si” oppure “nun me pozzo fa l’amante/pure si me tratte male/nun so bravo a te tradì”, senza tralasciare il soft-erotico di “e mentre ‘a vestaglia/pe coppo ‘a cammisa/già s’abbraccia pe terra”, piegheranno ogni resistenza della vostra amata. Se supera il minuto e quaranta senza picchiarvi e/o denunciarvi, è fatta per sempre.

Volete una volta e per tutte che la vostra lei capisca quanto sia importante per voi? Allora il brano che fa per voi è “Si tutta ‘a vita mia” del melodico-sentimentale Fabrizio Ferri. Quale donna potrebbe mai resistere ad un fidanzato che quando piange “se veve ‘e llacreme” oppure che tuona “mo’ ce ‘o ddico a tutti ‘e santi/comme l’oro si importante”? Probabilmente nessuna, specie quando il brano supera i trentacinque secondi di durata.

Ancora il nostro Fabrizio Ferri ci offre la possibilità di regalare una gioia alle nostre donne a cui, si sa, i complimenti piacciono sempre. Se avete amato “Sei un mito” degli 883, non potrete non sperticarvi al solo ascolto di “Si nu successo ‘e femmena”, clamorosa dichiarazione verso una donna considerata irraggiungibile dal cantante. Versi come “d’a capa ‘o pere te guardano/te vonno assomiglia” fanno impallidire persino la pelata di Max Pezzali e donano alla vostra donna quell’allegrezza che solo un complimento ingiustificato può dare.

Una citazione di rilievo merita l'imitatissima, ma inimitabile, Valentina nel suo fantastico "Ok". Non si tratta di un revival del "Prezzo è giusto." ma di un appuntamento galante moralmente e grammaticalmente discutibile ma preciso "se aspetterai cinque minuti e io non ci sarei", che si giova della promessa consolatoria di un amore non platonico ("non dirò di no se a letto nuda mi vorrai con te"). Ma la promessa può mutarsi in una minaccia per chi si imbatte nel raro video della canzone “Ok”
 
L’arma definitiva per tutti coloro i quali fossero stati lasciati da poco è “Senza ‘e te so ‘na vela stracciata” del leggendario Gianni Celeste. Incurante della grammatica e sprezzante del pudore comune, il nostro eroe tenta, con la forza della disperazione e con l’aiuto di obnubilanti acuti ricchi di vibrati in “veveveveve”, di ricondurre la propria amata all’ovile. Nessuna donna vi resisterà, nemmeno se l’avete tradita con sua madre, e tornerà con voi, pur di far terminare al più presto lo scempio. In ogni caso, se non doveste farcela, non temete: nessuno ve la ruberà più, al secondo ritornello sarà verosimilmente tornata al Creatore….


domenica 10 febbraio 2013

Carnival Party

Poche festività riescono ad esprimere con tanta veemenza il loro spirito autenticamente partenopeo come il Carnevale. Non vi sono altre feste che possano sposare efficacemente tradizione e trasgressione, l'arte di arrangiarsi ed un'anima profondamente vaiassa (per i nordici caciarona). Tutti almeno una volta nella loro vita, hanno indossato un costume della tradizione, Pulcinella in primis. Che si poteva sempre "apparare" con un lenzuolo pulito e fregando la maschera in una bottega di souvenir. Ai lestofanti meno abili sarà toccata la divisa o l’uniforme di uno dei genitori per trasformarsi in piccoli ferrovieri e piccole infermierine. Concediamo il sollievo dell'oblio ai pochi che hanno dovuto indossare il kimono di Judo ed, azzeccando un bollino rosso sulla cintura indossata come fascia, hanno preteso d'impersonare il più squallido dei karate kid. Ecco, questo se siete di qualunque posto del mondo, ma se avete natali partenopei, beh, allora di sicuro almeno una volta avrete esagerato con un travestimento oltre il limite del ridicolo. Si, perché qua a Napoli, diciamocelo, i carnevali di Viareggio e di Rio ci fanno veramente un cosiddetto. 
I cantanti pre-neo-melodici hanno avuto il loro momento di gloria emulativa negli anni '70. Caschetti biondo-paglia e denutrizione per interpretare Nino D'Angelo, e riempimenti vari per eguagliare la pinguedine di SuperMario Merola. Alle ragazzine, che sognavano Carmen Russo, toccava bardarsi con le famose zizze di plastica che tanto impazzavano in quel periodo. Ma il must assoluto, è sempre sta lui: Diego Armando Maradona. C’è stato chi, negli anni d’oro del pibe, ha avviato un vero e proprio commercio in parrucche riccie, come immortalò De Crescenzo in uno dei suoi film, maglie pezzottate e ogni altra forma di gadget potesse riguardare l’ultimo re di Napoli. Oggi, tra un Cavani ed un altro, il modo migliore per ledere la propria dignità carnascialesca, è diventato lo stesso che ha trasfigurato il presepe tradizionale di San Gregorio Armeno, ossia travestirsi da personaggi protagonisti della cronaca, possibilmente nera e possibilmente dalla parte del torto. Siamo onesti: a chi, se non ad un partenopeo, poteva venire la malsana idea di travestire un bimbo di pochi mesi (e il suo passeggino) da capitano Schettino alla guida della Costa Concordia?  E allo stesso modo, a quanti commercianti al di fuori del centro storico poteva l’idea di partire da un qualunque mascheramento da bifolco per rivenderlo come uno da MicheleMisseri? Al confronto, un bimbo annerito con la fuliggine per trasformarsi in Balotelli, diventa perlomeno banale. Per questo, non meravgliatevi se il piccolo Aniello, dopo aver visto i cugini carnali Aniello e Aniello (la famosa zopponta..) vestiti da palo e rapinatore, smetta i panni di Garibaldi per uccidere l'altro cugino Aniello, vestito da Vittorio Emanuele in visita a Teano.  Nelle settimane precedenti la festa, orde di genitori cui nemmeno "Nessuno tocchi Caino" offrirebbe appoggio, si riversano in Villa Comunale e nel Bosco di Capodimonte per portare in ostensione i propri criaturi travestiti da Tarzan, facendogli come minimo venire una mossa, viste le temperature invernali.  Basta poco per capire come il gesto, teoricamente innocente, sia in realtà un profondissimo atto di sfida nei confronti degli altri genitori, per poter dire con fierezza, da Carminiello ‘o parrucchiere, pancia in dentro e petto in fuori, che il costume più bello è proprio quello da baldracca indossato da Cira, 2 anni, ora in rianimazione a seguito di una crisi di ipotermia. Ammesso che la piccola se la cavi, al supplizio dell’uscita settimanale, si aggiungerà quello del servizio fotografico da Lello ‘o fotografo il quale, alla modica cifra di 250 euro (“ma sulo pecchè site vuje, signò”), fornirà: numero tre poster della criatura (uno per i genitori e due per i nonni), un calendarietto da tavolo in carta lucida ed uno da parete, da appendere rigorosamente a lato del frigo in cucina. La madre, a questo punto, può ritenersi soddisfatta, il padre può ritenersi salassato e la figlia può ritenersi invalida al 40%, ammesso che sopravviva all’ipotermia. Il modo totalizzante di vivere le feste a Napoli, si vede anche in come viene messo in atto il detto “a Carnevale, ogni scherzo vale”. No, non stiamo parlando di innocenti telefonate notturne al sapor di pernacchia, e nemmeno di banalissimi gavettoni con palloni pieni d’acqua, stiamo parlando di quegli scherzoni tipici che consistono nel ricoprire il malcapitato di uova più o meno marce e, in alcuni casi, anche di farina. Lo scherzo viene infatti preparato in maniera estremamente meticolosa: attorno ad un tavolo, di notte ed in uno scantinato, con una pianta dettagliata dell’area di intervento, come Eisenhower ed i suoi colonnelli prima dello sbarco in Normandia, si riuniscono il comandante delle operazioni ed i suoi degni accoliti. Aiutandosi con punesse, fotografie del luogo e resoconti di appostamenti nelle giornate precedenti, i nostri provano ripetutamente la strategia di attacco e approntano piani d’emergenza e di fuga nel caso in cui l’aggredito dovesse essere dotato di armi per il contrattacco. Infatti, a meno di puntare su un soggettone sicuramente sprovvisto di contraerea, di solito gli agguati sono rivolti a persone che, anche un minimo, ma hanno facoltà di reagire. Ad ogni modo, la furia ovificatrice del commando d’azione di solito non si placa dopo aver colpito il malcapitato, ma, come un diavoletto della Tasmania in preda al suo raptus post orgasmico, colpisce chiunque gli si pari dinanzi nei momenti successivi, fino all’esaurimento della scorta di munizioni. In questo caso, si salvi chi può. Ci sentiamo infine di dare un consiglio a tutti gli omaccioni che vogliano trascorrere il martedì grasso in abiti femminili: Attenzione! Stiamo parlando di uno dei travestimenti più pericolosi che esistano. Non tanto per i rischi intrinseci, ma per il barbaro rituale che segue: la visita ad uno dei luoghi di passeggio con discesa del travestito dalla macchina. Ebbene, è ora che qualcuno lo dica una volta per tutte: SE SCENDETE, VI LASCIANO LÁ! E se tengono assai cazzimma, non vi vengono più a prendere e dopo avete voglia di votarvi a Platinette, vi scommano di sangue!