venerdì 19 luglio 2013

Corna 'e mugliera, so' corna overo!

Non è una semplice questione di tradimento. Qua a Napoli non contano le debolezze e i problemi di coppia, è solo una questione d’onore. Dare del cornuto a qualcuno, significa implicitamente dargli del “tradito” e questo, a Napoli, nun se po’ ffà! Il tradimento costituisce un’onta peggiore dell’arresto, della nomea di mariuolo e dell’essere incensurati. L’offesa è di carattere supremo e definitivo, un cornuto resta tale anche se lascia la cornificatrice e l'onta va lavata col sangue, Mario Merola docet, come nelle più famose sceneggiate, in cui il triangolo “isso, essa e ‘o malamente” costituisce la trama stessa. Struggenti lamenti neomelodici associati a inginocchiamenti e lacrime sono un must per chi implora perdono; sguardo arcigno, petto in fuori e rivoltella nella giacchetta contraddistinguono i cantori traditi. D’altra parte, va detto, il tradimento a Napoli ha una sua connotazione sociale legata essenzialmente alla famiglia ed al buon nome che porta, che va difeso presso i più importanti centri di caperaggio del capoluogo. Immaginate la situazione seguente: lui ha 16 anni, fa la seconda media e arrotonda portando le pizze a domicilio il sabato sera. Lei di anni ne ha 15 e sulla sua prima carta d’identità ha già fatto scrivere “casalinga”. Lui la abborda a Mergellina fischiando e urlandole contro suoni gutturali, i due si piacciono e si fidanzano. Dopo 25 minuti lei l’ha già portato a conoscere ai suoi genitori, celebrando così il proverbiale “fidanzamento in casa” e compromettendo definitivamente l’esistenza di due nuclei familiari fino alla settima generazione. Dopo 3 giorni, lui si presenta alle due di notte a casa per farle la serenata, accompagnato dal cugino di un amico, che fa il pianobar a Varcaturo, dopo 7 giorni e 450 km percorsi col motorino per portare le pizze e raccogliere mance, e dopo aver scassinato il salvadanaio della sorella piccola, lui le regala un anello di fidanzamento, al decimo giorno le famiglie si sono conosciute, sono diventate amiche ed hanno fittato un bilocale a Baia Murena per passare le vacanze assieme. Il 15esimo giorno si organizza un pranzo familiare in un ristorante in un posto a scelta tra le pendici del Vesuvio ed il lungomare di Licola, in cui il giovane sfoggerà i suoi nuovi calzoni con piega a mezza tibia e cavallo modello pannolone. Praticamente, un idillio. Fino però al 21esimo giorno. Quel giorno, lei ha la febbre e lui è inconsolabilmente solo a casa sua ad ascoltare musica con il cellulare con lo sguardo perso nel buio, quando all’improvviso viene chiamato al telefono dal cugino Cenzino, quello che ha la macchina 50,  che lo invita ad accompagnarlo ad una festa in cui un suo compagno di scuola (terza media al massino), sta festeggiando i 18 anni. L’improvvido giovine accetta e, galeotta la versione rattusa del gioco della bottiglia, si insapona una delle presenti. A quel punto lui, da ommo sicuro quale è, non si pone alcun problema, MA……….alla festa era presente la cognata della parrucchiera che esercita per le case e frequenta il palazzo dove vive la cugina della ragazza dello zio più giovane di lei la quale, tempo massimo 40 minuti, sarà informata di quanto avvenuto. A quel punto, tra anelli di brillanti buttati dalla finestra, lui che la implora di scendere in piena notte e poi è costretto a fuggire sgommando col motorino dal suocero inferocito che è sceso con una mazza, il padre di lui che a sua volta corre in soccorso del figlio fedifrago con due mazze e il cognato pregiudicato al seguito per spaventare l’avversario, la battaglia è bella che servita. A fare la differenza ed a far pendere la bilancia verso la riconciliazione o la mattanza, saranno velenosissimi post su face book, informazioni ingiuriose sui rivali fornite ai guardaporte più in vista ed sms letti in diretta ad un programma di dediche musicali che va in onda ogni martedì sera su Carditello RadioTV. Alla luce di quanto detto, si capirà facilmente quanto un tradimento sia foriero di drammi epocali a Napoli più che in ogni altro luogo del globo terracqueo e comunque, statene certi, che la battaglia avrà un vincitore finale, chiunque esso sia. Anche perché, altrimenti, la casa a Baia Murena, chi ‘a pava?
Volendo fare un rapido excursus, va detto che il tradimento a Napoli non riguarda solo la sfera amorosa, ma anche la città. Ecco così il dileggio nei confronti di emigranti o presunti tali che dichiarano che “non tornerebbero mai a Napoli”, o che sfoggiano un marcato accento romano dopo una gita parrocchiale di mezza giornata a S. Pietro. Ma non solo: il tradimento è anche quello che viene compiuto nei confronti dalla squadra del Napoli. Anzi, se possibile, quello è anche peggio ed investe non solo i tifosi, ma anche i calciatori. Se anche voi avete mandato una corona di fiori al vostro vicino interista dopo un 3-0, allora potete capirmi. Quante mazzate sono volate nel campetto dell’oratorio per difendere l’onore del ciuccio dalle infamie di una coppia di milanisti? E quante telefonate di dileggio avete fatto a casa di un amico juventino dopo ogni vittoria. E quante altre volte vi siete dati alla macchia dopo una cocente sconfitta? Il tradimento non si perdona, neanche quello dei giocatori. Certo, se Maradona fu costretto ad andarsene con una mano davanti e l’altra dietro, una certa comprensione si ebbe anche nei confronti di chi abbandonò una barca che stava affondando in serie B e C negli anni successivi, ma oggi no! Oggi, col Napoli in lotta per quella cosa tricolore che non si nomina per scaramanzia, il tradimento non si perdona! E così, ecco che Quagliarella, punta spuntata di pochi anni fa, già eletto idolo assoluto della tifoseria e ritratto in quadri, statuine e stampe di ogni genere, è stato subito sostituito nelle stesse da pecette nere, wc e croci attaccati sulla sua faccia, fino a vedere il suo ritratto adornare il bagno di una nota pizzeria in zona collinare. E il più recente Cavani? Per quanto il suo tradimento sia stato minore (è andato a giocare in una società straniera e non con gli odiati rivali della Juve), non è stato comunque gradito. Tuttavia, pur non diventando ornamento per sanitari, è finito più o meno così:

lunedì 8 luglio 2013

Intervista per il mondo di suk


Abbiamo rilasciato un'intervista per il mondo di Suk. Praticando la nobilissima arte dello sparamento di pose. Qui il link originale.

Poteva capitare solo a Napoli...
di Mario Scarpa
Una città ostinata nel suo modo di vivere, continuamente in evoluzione e piena di impulsi di innovazione eppure sempre legata a una forte identità legata al passato. Napoli è teatro di innumerevoli contraddizioni e stereotipi, oggetto di infinite analisi sociologiche e riflessioni storiografiche, ma soprattutto è una città che sopravvive alle insidie peggiori della modernità senza banalizzarsi e cedere alle lusinghe del turismo mordi e fuggi. “Una città dalle pagine infinite” la definiscono Massimiliano Maletta e Francesco De Giorgi, autori di “Poteva capitare solo a Napoli” (Aliberti Editore, pagg. 135, euro 10), un’analisi ironica e ricca di acute osservazioni dei difetti tipici dell’universo partenopeo.
Il tono del libro è ispirato all’autoironia che contraddistingue i napoletani, per riflettere sui paradossi, le bizzarrie e i quotidiani saggi di improvvisazione del popolo partenopeo, sempre guidati da una costante esaltazione della fantasia come espressione di vitalità: il tirare a campare che diventa modus vivendi frutto di una continua rielaborazione e riadattamento alle esigenze del momento.
Dalla segnaletica stradale improbabile ai parcheggi avventurosi, dai cartelli promozionali scritti in un inglese improvvisato nei negozi del centro ai luoghi di culto dedicati a Maradona e Cavani: in città sono numerosi gli esempi di artigianato locale, attraverso il quale “l’estro è in grado di prendere così tanto il sopravvento che non ci si limita nemmeno a copiare le marche dei prodotti in vendita, ma le si trasforma in qualcosa di diverso, più facile da scrivere o da pronunciare”, scrivono gli autori nel libro. Napoli è anche quotidiano disagio, per chi si avventura nell’utilizzo di alcune linee dei mezzi pubblici o si trova bloccato con la propria macchina nel caos del traffico, magari a causa dell’ennesima manifestazione dei disoccupati organizzati.
E in città da anni furoreggiano i cantanti neomelodici, divi popolari come lo erano Mario Merola nei primi anni ’70 con la sua sceneggiata e Nino D’Angelo e Carmelo Zappulla nei primi anni ’80. Con il “tragico fenomeno neomelodico” si moltiplicano i video musicali, in alcuni casi veri e propri cortometraggi, ospitati da alcune televisioni locali e poi commentati in studio dallo stesso neomelodico, che riceve le telefonate del pubblico e si intrattiene con loro. Gli autori del libro descrivono con ironia i contenuti dei video e le tipologie di telefonate del pubblico, in particolare è da antologia il commento su un cantante che si esibisce in lacrime mentre mostra la foto del cane portatogli via dalla moglie divorziata.
“Poteva capitare solo a Napoli” è ricco di aneddoti, episodi curiosi, riflessioni mai banali sulla realtà popolare partenopea, quella che segna il carattere della città e ne delinea l’immagine iconografica, da cui scaturiscono gli stereotipi più abusati.
Gli autori scrivono nella premessa al libro: “Non vorremmo che ci rinfacciassero di aver descritto Napoli per quello che è oggi e non come il paradiso terrestre che potrebbe essere”. Insomma: piuttosto che ignorare la realtà è meglio raccontarla, con i suoi paradossi e le sue asprezze, ma con l’aiuto di un sorriso.



In homepage, la copertina