venerdì 24 maggio 2013

Un posto all'ombra

A Napoli tutto può mancare, ma non una soap opera. Diciamocelo: ci hanno provato in tutte le salse, ma solo "Un posto al sole", ambientata a casa nostra è riuscita a sopravvivere. La bigia e torinese "Centovetrine" rischia la sospensione ogni 15 giorni, la casareccia e comense "Vivere" è annegata nel lago e la siciliana "Agrodolce" ha fatto sugli spettatori lo stesso effetto di un'indigestione di arancini. Solo le storie ambientate all'ombra del Vesuvio continuano da 17 anni a raccogliere consensi tra i forzati dell'auditel. Storie eccitanti ambientate a Posillipo, tra panorami mozzafiato e case modello reggia di Caserta, con meccanici che riparano solo Aston Martin e corniciai che trattano esclusivamente platino cesellato. Diciamocelo: qualcosa non funziona. E non funziona a partire dal titolo. E' vero che Napoli è 'o paese d'o sole, ma è anche la patria dei vicoli e, chi ci è stato lo sa, nei vicoli il sole non ci entra nemmeno per sbaglio. Per questo, ci sentiamo di proporre una soap che sia veramente napoletana, fino al midollo. Per esserlo, ha bisogno di partire proprio dai vicoli, per questo la intitoleremo "Un posto all'ombra". Al posto delle ricche famiglie di imprenditori e dei giovani morti di fame che, Dio solo sa come, hanno ereditato quartini da 600 metri quadri a Posillipo, ci piazziamo la famiglia Scannapiecoro, guidata dalla matriarca donna Carmela, ex contrabbandiera di lungo corso che col suo lavoro ha consentito alla figlia Concetta di sposare Rosario, salumiere da tre generazioni, che gestisce la sua potechella con l'aiuto dei figli Ciro, Carmelina e Gennifer. La serenità del simpatico nucleo viene turbata dall'arrivo nel quartiere di don Aniello 'o verdummaro il quale, grazie a un gratta e vinci fortunato estorto ad una vecchia per un debito, ha potuto trasferirsi in città dalla ridente Sant'Antimo per aprire un coloniali. A questo punto, diciamocelo, tutti si aspetterebbero sanguinose battaglie per la conquista dell'ultimo cliente a colpi di sabotaggi, arditi investimenti e strategie sporche. E invece no, il casus belli, in una storia del genere, può solo essere Tatillo, il figlio di don Aniello, che si insapona Gennifer e la ingravida. E, si badi bene, non se la insapona in uno stanzone stile impero con vista panoramica su Castel dell'Ovo, ma a Viale Raffaello sul sedile posteriore della Fiat Uno dell'84 che il padre ha convertito al GPL due anni fa. A quel punto non ci sono quote societarie da spartirsi o affari spropositati da contendersi: l'unico obiettivo, fino a fine stagione televisiva, sarà organizzare il matrimonio riparatore sufficientemente in fretta da non far accorgere Susetta 'a purtiera dell'inopinata gravidanza, e dopo convincerla che il bambino è nato di sette mesi. Per raggiungere lo scopo, come in tutte le soap che si rispettino, ci sarà qualcuno che tramerà nell’ombra. Non si tratterà però di un franco tiratore del consiglio d’amministrazione che rivenderà al nemico il progetto del nuovo yacht da 500 miliardi di dollari, sarà molto più realisticamente zia Pasqualina, che organizzerà il controspionaggio a Susetta, spargendo la voce, dentro da Antimo ‘o parrucchiere, secondo cui il matrimonio era già stato programmato da tempo e solo la volontà di riservatezza degli sposi aveva impedito alla lieta novella di diffondersi. Come conciliare il concetto di riservatezza con la serenata pre-nozze, i manifesti per il quartiere e il servizio esclusivo su Pollena Televiscion pagato rivendendosi i pannoloni della nonna, non è oggetto di questo testo. I più attenti fra di voi, potranno obiettare che, una volta raggiunto lo scopo e nato il criaturo, la trama non potrà che esaurirsi con la prima serie, al massimo si può tirare avanti un paio di settimane col battesimo. E invece no! Come in tutte le soap che si rispettino, proprio quando tutto sembra volgere al meglio, arriva un evento catastrofico che rivoluziona gli equilibri. No, nessun naufragio della coppia felice sull’isola deserta e nessun aereo con a bordo l’erede al trono che scompare in Papuasia. Molto più semplicemente, da queste parti non esiste evento più catastrofico del tradimento. Allora, con la seconda serie, il buon Rosario verrà colto in flagranza cornificatrice dalla moglie mentre si intrattiene con Veruska, pingue matrona di stanza a Ponticelli, bielorussa di nazionalità e polacca di professione. A quel punto, nove mesi di puntate da 25 minuti saranno dedicate esclusivamente ai tentativi di ricomporre la coppia, passando per la festa di 18 anni di Carmelina, per Ciro che fallisce per la settima volta consecutiva l’esame di terza media e anche per Lello ‘o pisciavinnolo, che intesserà una fugace relazione con Concetta, ancora scossa dal tradimento subito. La chiusura sarà ovvia, con tanto di quadretto familiare felice e pranzo comunitario restauratore in una taverna vittoriana di Bacoli con vista mare, special guest Mimmo Taurino che canta un brano sulla famiglia. Una volta tornate al posto loro le cose, il morto deve scapparci per forza, almeno per dare la spinta alla terza serie. A tornare al creatore sarà don Ciro senior, papà di Rosario, che ci lascerà dopo 2 mesi di rianimazione a seguito di un’indigestione di impepata di cozze. La morte del patriarca comporterà il ritorno a Napoli di Titina, acida sorella di Rosario, che avanzerà pretese sulla poteca del fratello, sottraendogliela dopo avergli prestato ‘e sordi c’o ‘nteresse e aver neutralizzato il potere inciuciogeno di zia Pasqualina, riferendo a don Giacinto ‘o prevete che la congiunta ruba dal cestino delle offerte. Mille ulteriori peripezie porteranno alla riconquista della salumeria da parte di Rosario, che riotterrà le chiavi per grazia ricevuta, dopo un memorabile confronto con la sorella svoltosi durante la processione di Sant'Anna. Volendo, una bella idea per la quarta serie pure potrebbe uscirci, con tutto il cast impegnato a dissuadere Ninuccia, la fidanzata di Ciro, dall'iscriversi all'università, visto che la aspetta un comodo futuro da cassiera nella poteca dello gnoro, e con l'ingresso nella soap del perfido Totore, meccanico truccatore di motorini, che porterà sulla cattiva strada il giovane Tatillo. Ovviamente alla fine il bene trionferà sempre, anzi, trionferà in eterno, dato che abbiamo una coscienza ed eviteremo di proseguire oltre verso la quinta serie. "Un posto all'ombra" è bello, ma si dura troppo assaje, ce accire 'a salute!

giovedì 9 maggio 2013

Road to Pompeii


Molti di voi avranno saputo che il ministro per i beni culturali Massimo Bray, in visita privata presso gli scavi di Pompei, è incorso in quello che per un utente occasionale è un contrattempo, ma per un pendolare è il minimo che gli possa capitare: il blocco della Circumvesuviana. Chi conosce la storia, sa anche come il ministro, che sostiene di essere stato riconosciuto, sia riuscito a raggiungere gli scavi grazie ad un passaggio raccattato non si sa come. Ecco, questa notizia ha scatenato la solita ridda di lamentele dei pennivendoli critici, sempre pronti al dileggio del lodevole trasporto campano e di tutti i disagi che affrontano ogni giorno i viaggiatori. In realtà, provvisti di sana onestà intellettuale, possiamo provarvi che trattasi di buona notizia. 
Innanzitutto, esiste un ministero per i beni culturali in Italia, e c’è pure un ministro, che è cosa non da poco. Secondo, il ministro è stato riconosciuto addirittura da una viaggiatrice, il che e' paragonabile solo ad una apparizione mariana se solo pensate che il 99% di coloro che hanno letto “Massimo Bray”, avranno pensato “E chi cazz’è?” .
In ultimo, per i più pignoli, pensate alla più bella notizia nella notizia. E' vero che la Circumvesuviana ad un certo punto si è fermata, ma questo significa che prima camminava. Questa eventualità, ben più surreale del riconoscimento del ministro, e' effettivamente accaduta. 
Tutto il nostro rammarico va al povero ministro Bray che, ce ne rendiamo conto, non deve essersi avveduto di tutte le buone notizie alla sua portata. Pare sia sceso dal treno a Torre del Greco e sia arrivato a Pompei con l'auto-stop. Quale super-potere abbia messo in gioco per ottenere un passaggio contando sola sulla sua zazzera bianca mittel-europea, non e' dato sapere. Ma gli va riconosciuto l'ardimento d'aver fatto l'autostop a Torre del Greco e la fortuna d'essere arrivato in loco tutto d'un pezzo.
Ma l'ennesima buona notizia e' un'altra. Il lodevole Bray e' riuscito ad ottenere le scuse e, udite udite, una giustificazione dalla Circumvesuviana. Non proprio dal treno in persona ma dalla Direzione della stessa. Una vendetta per tutti i pendolari che hanno speso ore di accese, quanto inutili, discussioni chiedendo ai pochi controllori superstiti un banale "Perché?". Curiosità che veniva soddisfatta al più con una scrollata di spalle. Lasciando all'immaginazione degli odierni Willy Fogg, intenti a compiere il loro giro della provincia in meno di 180 minuti, figurare la comparsa di mostri danteschi ghiotti di traversine o l'esistenza di gallerie spiritose che si smaterializzano a sorpresa.
Invece la CIRCUM si e' scusata incolpando prosaici vandali, che avrebbero rotto dei finestrini a Sorrento. Un po' deludente, riconosciamolo. E no. Non ci chiederemo come si possa per un finestrino rotto di un treno fermarne un altro che i finestrini ce li ha sani (noi credevamo che i deragliamenti fossero più complessi). Né quali poteri occulti la finestra rotta scateni pur di arrestare un convoglio a circa 40km di distanza dal luogo dove sono i cocci. Se lo facessimo potremmo finire per trovare qualche cattiva notizia.