Napoli è la città dell’arte di arrangiarsi, questo è noto
ed arcinoto. Anzi, considerando quanto quest’arte sia radicata nel DNA
indigeno, si può dire che la città stessa sia un sinonimo dell’arrangio in
tutti i campi. Arrangiarsi, lo sappiamo, è la prima regola lavorativa in un
posto dove cercare di guadagnarsi la pagnotta non è mai stato facile, nei
secoli dei secoli, ma si allarga a qualunque altro campo, dall’elaborazione dei
motorini a basso costo, fino alla copia dei compiti a scuola. Per queste
ragioni, ci fa davvero strano che il buon Oscar Giannino non sia nato a Napoli.
Sia chiaro, nessuno si scandalizza perché qualcun altro ha scritto delle
cazzate su un curriculum vitae, tutti noi abbiamo barato almeno una volta,
attribuendoci “elevatissima capacità di lavoro in gruppo e risoluzione dei
problemi”, omettendo di spiegare il fatto che per “lavoro in gruppo” intendevamo
l’esecuzione della Macarena in compagnia di due cugini e per “risoluzione dei
problemi” intendevamo la capacità di risolvere quesiti matematici contenenti
una divisione massimo a due cifre. Allo stesso modo tutti abbiamo millantato
una “eccellente conoscenza dei principali software specialistici”, ben sapendo
che è una frase che fondamentalmente non vuol dire una cippa, o un “ottimo
inglese, scritto e parlato”, quando al massimo il nostro vocabolario
comprendeva quattro parole: play, stop, rew e ffwd, abbreviati come da stereo
allegato. Quello che però ci manda letteralmente in visibilio, non è l’aver
millantato (o equivocato su) dei titoli importanti quali due lauree ed un master, perché ormai è una pratica talmente diffusa a livello politico, da risultare quasi banale. Il
vero tocco di classe, il colpo di genio, il gol in rovesciata da centrocampo è
l’aver vantato una fantomatica partecipazione allo Zecchino d’oro, per di più sotto falso nome. Decenni di politica da saltimbanchi sembravano aver esaurito la
vena comica dei nostri proto-onorevoli e invece, come un fulmine a ciel sereno,
Giannino ha cambiato la storia dell’auto-referenziazione, ha rotto gli argini
dell'incredibile per sfociare nell’immenso. Da questo momento, sul curriculum,
ognuno può scrivere il cacchio che gli pare, senza avere più limiti, né di
fantasia, né di decenza. Prendiamo ad esempio Antimo, 22 anni, sei dei quali
passati a fregare portafogli ai turisti nei decumani: chi potrà impedirgli di
scrivere nel curriculum (sempre ammesso che ne compili mai uno) “Addetto al
servizio di informazione ed accoglienza turistica”? E di Titina, da oltre
vent’anni gestrice di una casa d’appuntamenti popolata da maitresse d’oltre
balcani, vogliamo parlarne? Per lei, come minimo si può parlare di
“Pluridecennale esperienza nella gestione d’impresa e delle risorse umane, con
particolare attenzione ai rami dello scouting e del recruitment”. Sasà, subappaltatore
a cottimo sin dall’infanzia, specializzato nella pitturazione di interni, potrà
sicuramente vantarsi di aver lavorato dal 1985 al 2013 come “Gestore di processi
di outsourcing in piccole e medie imprese a gestione familiare”, mentre Lino, che
si è reinventato da pochi mesi autista di un pulmino abusivo sulla tratta
Piazza Dante - Miano ad € 1,00 a
corsa, potrà definirsi “Titolare ed amministratore Unico di un’azienda
specializzata nel trasporto charter e low cost su gomma”. Alla fine, non
possono mancare all’appello il buon Totonno, stracciafacente da parte di padre,
in diritto di scrivere di sé “Consulente
in trading” e il mitico Enzuccio, strozzino per la polizia e cravattaro per il volgo, che potrà definirsi “gestore di
un’agenzia specializzata in subprime lending” sul suo curriculum. Non c’è
che dire, forse questa tornata elettorale non ci avrà fornito un governo, ma di
sicuro ha aperto una nuova era per chi è alla ricerca di un lavoro. E se ve lo
diciamo noi, che abbiamo vinto già 2 volte Sanremo, lavorato con Andy Warhol e inventato il frigorifero ad energia solare, potete crederci.
venerdì 8 marzo 2013
Curriculum Vitae
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