Abbiamo provato a fare finta di niente. Ci sembrava
di aver già sfottuto abbondantemente il settore matrimoniale sul
nostro libro nel capitolo O' sposalizio, che i più fedeli tra
voi rammenteranno. Eppure, potevamo non notare la suocera che si
addobba con un leopardato viola per far pendant con il corredo della
camera da letto? Avremmo dovuto tacere delle serenate neomelodiche
che coinvolgono tutto un rione? Potevamo guardarci di nuovo allo
specchio, soprassedendo sulla suocera che si dibatte col ueddinflauer
per il diritto ad una renna fosforescente sul tavolo della sposa?
No, non credo.
Se non l'avete ancora capito parliamo del mitico
programma in onda su Real Time: “Il Boss delle Cerimonie”. Chi ha
visto l'originale serie americana sui matrimoni zingari non avrebbe
mai pensato che potesse esistere qualcosa di ancora più triviale e
primitivo. Evidentemente non solo esiste ma non è neanche tanto
lontano. Lo show è basato sul contrasto tra due elementi. Sale
sfarzose con addobbi rococò che il Re Sole stesso avrebbe ritenute
eccessive, invase da orde di selvaggi che terrorizzerebbero Attila in
persona.
Si comincia con una panoramica della villa dove si
svolge la “cerimonia” (da intendere nel senso partenopeo di
esagerata riverenza). La voce della speaker, abituata a commentare
gli spot degli assorbenti con le ali, lascia subito trapelare
una sottile vena sarcastica. Segue la presentazione del boss della
Villa. Uomo di poche parole (almeno in italiano), che sovrintende
dall’alto e riceve ospiti manco fosse il Papa, e che non disdegna
la catenozza d'oro su delle camicie di seta cosi zammare che
riuscirebbero a trasformare Rodolfo Valentino in Mimmo Dany. Uno
stile che noi non vorremmo definire “da camorrista”, ma che
definiremo “alla Mario Merola versione moderna”, che poi è la
stessa cosa.
Questo losco figuro lascia il palco al genero
Matteo, ben vestito ed educato e con un nome talmente musicale
rispetto al contesto, da far sospettare che si tratti di uno
pseudonimo. È lui l'antieroe del dramma, l'unico della serie che
riesce a mettere in fila due frasi complete in italiano con tutti i
verbi giusti. Il suo contrappasso, per il terribile misfatto della
conoscenza grammaticale, consiste nel dover discorrere con il
parentume degli sposi su come organizzargli il banchetto più tamarro
possibile. Inoltre gli tocca di fingere di non notare gli
strafalcioni dei genitori i quali, inorgogliti dalla telecamera, si
lanciano in improbabili declinazioni di verbi scovati la notte prima
sul dizionario (“tutto va come prefisso”), e si esibiscono
in parole straniere gongolanti di k come “Cokktèl” o latine
(che poi per loro sempre straniere sono) come “magna pompa”, che
lascia aperti interrogativi non di poco conto. Poca roba comunque di
fronte ad una donna che si presenta come Mannaggment musicale
(qualunque cosa significhi), e ad uno sposo dotato di un maglione che
ricorda da vicino un saio francescano
Toccanti i tentativi di Matteo di limitare gli
eccessi della coppia di sposi i quali non cederanno di un passo nelle
loro assurde richieste. Il cibo è “peccato buttarlo”, ma deve
sempre avanzare. I nonni vogliono una cerimonia sobria e naturale,
per questo il viados che manipolerà gli invitati è meglio non
operato e così via.
Finalmente la telecamera mostra pietà del povero
Matteo e si concede un flashback sulla temibilissima serenata
pre-nuziale. La sposa preferirebbe che il fidanzato andasse ad
ingolfarsi di alcool in compagnia di qualche spogliarellista, ma lui
si presenta puntuale umiliandosi davanti a tutto il rione guidato
da un “cantante” neomelodico improvvisato. Pur di farlo zittire
lei scende e lo bacia, anche per venti minuti, attirandosi le ire
delle vegliarde della famiglia che trovano il gesto, di fronte a
tutto il rione, troppo “compromettente”, nonostante lei sia
incinta di due mesi.
Il programma si allunga per altri venti minuti, ma a
quel punto il Prozac, che avevamo assunto dopo i primi fotogrammi,
aveva già cominciato a fare effetto, facendoci perdere la
performance di Mauro Nardi. Non senza rimpianti.
Ci teniamo a precisare, per i nostri amici del
Norde, che non tutti i napoletani si sposano in tale maniera
chiassosa e pacchiana. In realtà oggidí, la maggioranza dei
Napoletani una cerimonia del genere non se la può permettere.
Nel corso della trasmissione aleggia mistero sui
costi, malgrado gli zii dichiarino in un’intervista che per una
cerimonia del genere “ci vuole un banco di soldi” e nostre
fonti confermano che gli strozzini avrebbero già sequestrato il
malcapitato cugino dello gnoro. Ad ogni modo, se lo spettacolo non
fuga dubbi sull'annosa questione se i soldi possano comprare la
felicità, di certo chiarisce che non essi non ci si può comprare
neanche un briciolo di classe (tacendo della cultura). L'evidenza
mostra che è possibile spendere un patrimonio, ma sembrare sempre
dei morti di fame.
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