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giovedì 10 luglio 2014

'O Mondiale

Come da lunga e consolidata tradizione, ogni 4 anni ci tocca quello sperpetuo che corrisponde al nome di mondiale di calcio e che obnubila da oltre 80 anni e per un mese, i cervelli degli uomini del pallone. Miliardi di allenatori, preparatori atletici, giornalisti sportivi risvegliano istinti sopiti per tutto l'anno e si sperticano in liti da bar che nemmeno in un film di Bud Spencer. Ma un Thiago Motta più fermo dei lavori alla Riviera di Chiaia può valere un fegato fraceto? Pensiamo proprio di no, e per questo proponiamo di disputare i prossimi mondiali di calcio a Napoli. Si, è vero, il calcio lo hanno inventato gli inglesi ma, diciamocelo, lo hanno inventato male. Ma vi pare mai possibile che per valutare un fuorigioco, debba essere necessario guardare chi fa il passaggio, chi lo riceve, l'ultimo difensore avversario, la distanza fra il pallone e la linea di porta e tante altre cose? Beh, diciamo la verità, non è un caso se praticamente ad ogni partita ci sia una polemica immane su ogni cosa. La verità è che il calcio giocato a Napoli ha poche regole, ma precise e soprattuto migliori.
1- Guagliù quanti ne simmo?
Regola basilare per la composizione delle squadre, è quella di contarsi. Non importa essere per forza in numero pari, l'importante è essere del numero giusto. Se la vostra sfida con Gerozzo 'o chianchiere avrà luogo a Piazza Plebiscito, è d'obbligo almeno apparare 7 persone per squadra, nel bosco di Capodimonte si potrà essere anche in 15 a squadra, a vico Paradiso alla salute, basterà anche un frugale 3 contro 3.
2 - Guagliù, menammo 'o tuocco!
Quale miglior modo per formare una squadra se non affidandosi alla sorte? E così, eletti a capitani Ettorino e Franchetiello, questi si giocheranno a colpi di pari e dispari il diritto a pescare a piene mani i giocatori. E pazienza se Lello Maradò se l'è preso l'avversario: se ne pentirà quando capirà che il soprannome è dovuto solo al clamoroso sovrappeso e non ad un sinistro vellutato.
3 - Campo o pallone?
Questa regola, che può sembrare di relativa importanza, è invece fondamentale. Innanzitutto, non bisogna pensare al fatto che il campo debba essere invertito a fine primo tempo, perché non è affatto detto che ci sia un intervallo e, se c'è, probabilmente serve a rimettere in sesto i coinvolti in una rissa causata da un tiro a mezz'altezza che non si sa se è gol o no. Se infatti i capotti o gli zaini possono idealmente formare un palo, niente potrà simulare una traversa, per cui inevitabilmente si finirà per discutere animatamente, col portiere che insisterà nel piazzare il legno ad un metro e mezzo da terra e l'attaccante impegnato a spiegargli che secondo lui la traversa sta a sei metri. Da non sottovalutare, infine, il fattore pendenza. Per quanto di mare, Napoli resta una città collinare, per cui la scelta del campo diverrà fondamentale, quando tra una porta e l'altra ci sono venti metri di distanza, ma anche 5 di differenza di quota.
4 - 'O schema
Poche ciance, qua a Napoli non c'è un numero fisso di giocatori, figuriamoci se può esserci uno schema. Come si fa a fare un 4-3-3 con sei persone? Come si può pensare a parlare di fasce, terzini e diagonali difensive, quando il campo è largo quanto un vicolo? E allora forza, palla corta e pedalare, 'o chiattone va a porta (tanto 'a piglia tutta quanta), l'unico che giochicchia decentemente fa 'o Maradona e gli altri quello che capita. Particolarmente apprezzati i calciatori con un passato da scalatore, impiegati per le sgroppate lungo i vicoli di cui sopra, e i reduci dalle missioni umanitarie post-alluvionali, apprezzati portatori di palla tra gli avvallamenti del bosco di Capodimonte il giorno dopo un temporale
5 - Rigòle e Puliziò
Nella terra in cui si parla esperanto, non potevano che esistere due sanzioni sgrammaticate esclusive: rigole e puliziò. No, nessuna differenza rispetto al rigore ed alla punizione normalmente assegnati nel calcio, ma un metodo differente di determinazione. Nel neapolitan soccer non esiste l'arbitro, quindi la direzione di gara si basa sul concetto di entropia, in pratica le squadre si autogovernano concordando le eventuali punizioni, con non pochi grattacapi nel decretare un rigore, essendo l'area una fascia aleatoria del campo che può variare con leggi matematiche complesse, giusto perché il calcio qua è un fatto culturale. La risoluzione del contenzioso può anche avvenire con un'altra regola:
6 - 'O cumpagno tuoio ha continuato
E già, se il fallo era così evidente, come mai il tuo compagno di squadra ha continuato l'azione? Teoricamente non fa una piega, e quindi si può riprendere il gioco da dove si era interrotto, a patto che colui che aveva continuato il gioco inizi a correre fuoriosamente per il quartiere per non essere finito a sprangate dai compagni per la punizione persa
7 - O gol o rigole
Quando il casus belli è dato da un gol fantasma, non serve la prova tivvù e non c'è chip nascosto ne pallone che tenga, la risoluzione, bastonate a parte, viene sempre proposta da chi offende: o gol o rigore! Anzi rigole, come da manuale. A quel punto, il capitano della squadra di calcio, con piglio sicuro alla Ollebbengi, dovrà decidere se convalidare un gol dubbio o tentare la fortuna contando sull'agilità del suo portiere e sulla speranza che il tiro finisca fuori o almeno in una posizione ambigua che consenta di ricominciare iterativamente il processo e ripartire da un altro "o gol o rigore"
8 - Battimuro!
Di applicazione esclusivamente urbana, questa regola, a seconda delle interpretazioni, può comportare la validità o meno di un gol. Di solito, si stabilisce prima se la ribattuta sul muro vale o meno, ma quando non è chiaro, il battimuro sarà l'ultimo appiglio per chi il gol l'ha preso e una piccolezza su cui glissare per chi ha segnato. In caso di mancata risoluzione, si potrà far ricorso alla regola n.7 oppure scatenare una rissa, così da provocare l'intervallo.
9 - Accorto 'a nonna!
E' inutile che la FIFA si bulli di aver inventato il time out: nel neapolitan soccer è sempre esistito! I campi sono ricavati come si può, vuoi che non ti passi all'improvviso, nel bel mezzo di un contropiede di Ciccillo 'a zecca, donna Concettina 'a sarta con le buste della spesa in mano? Non si può certamente rischiare di colpirla con un bel Super Santos in fronte, suo nipote Crescenzo 'o gorilla si adirerebbe alquanto, quindi conviene stoppare il gioco e tutti fermi come le statuine. Se poi la vecchia ci mette quarantacinque minuti a passare da una porta all'altra, pazienza. Fino a sera c'è tempo.
10 - Chi segna, 'a vence!
Però poi la sera arriva. Se non è stata applicata la regola variante del "guagliù fuimmo!", che interrompe la partita ad ogni vetro di vascio o di automobile rotto, vale il "chi segna, vence!". Essendo basato su concetti libertari, il neapolitan soccer non contempla né il numero dei tempi né la durata. Di solito, quando la fine non è ancora stata decretata né da una rissa né dai feriti, ci pensano l'oscurità o il richiamo del cibo. Quando a stento si riuscirà a distinguere il pallone, oppure in troppi verranno richiamati all'ordine dalle madri o dall'addore d'o rraù, si ricorrerà alla regola conclusiva di ogni partita: chi segna, vince. Anche se stava perdendo 178 a 1, e non vale nemmeno la pena di buttarla sulle mazzate per lavare l'onta, nel neapolitan soccer non esistono giorni di pausa, domattina si ricomincia!

martedì 20 maggio 2014

A casa nostra

Inquadratura a campo largo.
Una musichetta tutta fisarmonica ed eco fa da sottofondo, mentre il vento spazza via la provinciale. L'immagine si stringe, focalizzando su un piccolo bar, finiture vecchie di cinquant'anni, all'ingresso quelle cordicelle di plastica attorcigliate che ballano al passaggio di ogni raro avventore.
Dalla finestra si scorgono due uomini che parlano animosamente. La discussione e' cominciata da un po' ma la prima frase che si sente e' pronunciata dal più grosso dei due
“... eh, guarda che non c'entra nulla il razzismo. Io faccio delle differenze. Ci sono quelli che vengono qui a lavorare. Ok, ma ci sono quelli che vengono da paesi dove non hanno spirito democratico.”
“Giusto …” asserisce il piccoletto.
“Magari nei loro paesi hanno organizzazioni terroristiche che vogliono sostituirsi allo stato e le importano qui. Poi si ammazzano, poi ci fanno gli attentati. Ed io dico, e pensarci prima? Non farli sbarcare proprio. E' sbagliato?”.
“Vero, ma …” tenta di ribattere l'altro.
"Aspetta, aspetta, dei fanatici religiosi che mi dici? Eh, non venirmi a dire quella storia che tutte le fedi sono uguali. No, Non lo sono. Noi abbiamo uno stato laico, quelli si fanno dettare le leggi da quella specie di preti loro. Come se non bastasse, predicano bene e razzolano malissimo. Prima sostengono ciecamente la dittatura, poi protestano e ne predicano il rovesciamento, salvo fare di tutto per riportarla al potere. E ti impongono la loro mentalità ed il loro credo, anche in casa tua e con violenza, scordandosi che non era esattamente questo che gli era stato insegnato. Poi vengono qui e ci portano la loro mentalità medievale, il crimine e pensano sempre di essere più furbi di te e di doverlo dimostrare ad ogni costo”
“Ma come fai a distinguere i criminali dagli altri?” azzarda l'interlocutore, bevendo l'ultimo dito di vino che gli era rimasto
“Facile. Basta vedere da dove vengono. Certi paesi non ci possono portare nulla di buono. Io non dico di no a tutti, ma certi popoli ce l'hanno nel sangue. Sono ladri dentro, sono fascisti dentro, sono rimasti al medioevo e sono troppi. E se li facciamo arrivare qui, prima o poi ci faranno finire come loro. Poi non si integrano, non parlano la nostra lingua, neanche ci provano.”
“Quindi tu i turchi, gli albanesi non li faresti sbarcare neanche?” domanda l'altro.
“No, diamine, quelli sono gente seria che lavora. Io parlo degli italiani. Quelli sono pericolosi. No joke.....Dovunque siano andati, hanno importato la Mafia. Parlano malissimo l'Inglese. Sono papisti ... "
"Non starai esagerando .." ribatte l'altro stranito.
"... poi puzzano d'aglio. Non pagano le tasse, sono tutti ladri. Non vogliono onorare i loro debiti. Hanno inventato il fascismo. Il nazismo e' una copia del fascismo. Se non fossero mai esistiti, tuo nonno non sarebbe morto.”
“Hai ragione, non sarebbe morto. Gli italiani sono davvero pericolosi. Ne ho visto uno mentre entravo, è seduto proprio qui di fronte a me, al mio tavolo"
Hey, ma anche io ne ho uno di fronte, ora mi alzo e lo acchiappo”.
Si, dai, anch'io vado a prendere il mio, è ora di rialzare la testa”.
Prendiamoli e facciamogli capire che qui non comanda lui. Comandiamo noi. Noi siamo i padroni, a casa nostra"

martedì 25 marzo 2014

Venghino, siori, venghino!


Vendere articoli di poco conto e peggio ancora scadenti e cavarci anche un profitto non è professione da dilettanti. Nonostante Renzi si sia guadagnato in gioventù il soprannome di Bomba, per quanto le sparava grosse, i più riconoscono a Zio Silvio ancora un certo margine nella disciplina del teleimbonitore.  Lo scavallato infatti, non si limitava alla batteria di pentole o al brillocco, ma riusciva a piazzare il bene immateriale, metafisico: l'ottimismo ingiustificato, l'allegria fuori luogo l'odore del denaro e in qualche caso anche il vuoto più assoluto (non si spiegherebbe senno' come abbia fatto a farci eleggere Gasparri). 
Con tali precedenti, piazzare un centinaio di autoblu scalcagnate non sembra un'impresa titanica. Ciononostante la vera sfida per Renzi sarà far dimenticare i precedenti proprietari. Voi la comprereste l'auto blu usata da La Russa senza prima procedere ad un esorcismo? Vi fidereste di rivelare l'auto della Brambilla, che, con le sue frequentazioni animali, ci avrà fatto pascolare cani e porci? La vorreste l'auto di Razzi; il dubbio che sia contagioso non vi verrebbe?  
E considerate che questo è solo un allenamento per quando il fiorentino dovrà vendere l'Italia, come fosse un paese solvibile, all'Europa (magari senza farci ridere dietro).
In realtà, a prescindere dal ruolo politico occupato, qualunque Presidente del Consiglio che cerchi di piazzare l’impiazzabile, dovrà comunque sempre tener presente che esiste un solo essere al mondo che è in grado di vendere qualunque cosa gli capiti a tiro a chiunque, compresi i ghiaccioli al polo sud: il napoletano. Decenni prima che Gennaro D’Auria mollasse quintali di Antibas Rebrescion ai suoi e molto ancora prima dell’invenzione del pacco, doppio pacco e contropaccotto, il napoletano aveva già ben chiare le più ardite tecniche di vendita di beni mobili ed immobili, ma soprattutto, di beni inesistenti….

Cominciamo subito col botto, proponendo a voi tutti una grande offerta: a solo 4.00 EUR, ben 10 CARCIOFIOFI! Ortaggi floreali OGM, per un prezzo da articolo caduto dal camion.

Sei alla ricerca di abbigliamento tecnico per le tua scorribande a due ruote? Cosa aspetti? Con soli 3 euri puoi aggiudicarti un fantastico SOTTOCASCHO, ideale per avviarsi verso un pomeriggio di rattimma al Virgiliano alla guida di un fiammante Duchati o Suzukhi  e, male che vada, se si dovesse andare in bianco, lo si può sempre usare per assaltare qualche coppietta ….

E dei LEGHINS vogliamo parlarne? Che grande novità! Al solo costo di 1/4.00 si può comprare la microfibra, mentre per un misero 3/10.00 ti danno anche tanti colori. Avete capito bene! Un superteconologico microqualcosa coloratissimo per soli tre decimi.

Se proprio col leghins doveste sentire freddo, vi consigliamo caldamente (sic) l’acquisto di questo FOUSON caldo cotone, ché se proprio la brezza dei camaldoli dovesse congelarvi i cosiddetti, per 18 mk, giusto un po’ più sotto, vi danno pure il sole….


Per tutti colori i quali avessero un euro, uno solo, da spendere come gli pare, ci sentiamo di consigliare vivamente questo misterioso prodotto: il TAPETT. Prodotto particolarmente scontato data la sua origine greca. La pronuncia corretta è infatti tape pigreco, il che apre degli interrogativi inquietanti sul cosa possa essere realmente. Per non parlare di quello Svelto 120 a sinistra....

La stessa merceria ci offre altri accessori per brave massaie; che ne dite di acquistare la fantastica microfibra a solo 50 CENTEM? E se manco questo dovesse andarvi bene,con un banale uno potrete aggiudicarvi il prodotto misterioso. Dopo l'acquisto vi verrà rivelato in quale valuta sia da pagare l'uno: lira, euro, dollaro o rene?

“Donna! All’ITERNO tutto 10-20”. Chiaramente un riferimento biblico. L'Iterno deve venire dopo la Genesi.


....chiusura in grande stile con la notte bianca vomerese in versione vintage. Se la cucina molecolare vi ha stufato, se master chef vi disgusta, è il momento di bandire la dieta mediterranea e provare i PANNI alla piastra. Solo 3 euro per la migliore flanella delle Fiandre! Agli amanti degli irish pub consigliamo il cardigan con sottaceti, agli amanti dell'ortografia, un alka seltzer 

venerdì 17 gennaio 2014

Il Boss dei Mercimoni


Abbiamo provato a fare finta di niente. Ci sembrava di aver già sfottuto abbondantemente il settore matrimoniale sul nostro libro nel capitolo O' sposalizio, che i più fedeli tra voi rammenteranno. Eppure, potevamo non notare la suocera che si addobba con un leopardato viola per far pendant con il corredo della camera da letto? Avremmo dovuto tacere delle serenate neomelodiche che coinvolgono tutto un rione? Potevamo guardarci di nuovo allo specchio, soprassedendo sulla suocera che si dibatte col ueddinflauer per il diritto ad una renna fosforescente sul tavolo della sposa?
No, non credo.
Se non l'avete ancora capito parliamo del mitico programma in onda su Real Time: “Il Boss delle Cerimonie”. Chi ha visto l'originale serie americana sui matrimoni zingari non avrebbe mai pensato che potesse esistere qualcosa di ancora più triviale e primitivo. Evidentemente non solo esiste ma non è neanche tanto lontano. Lo show è basato sul contrasto tra due elementi. Sale sfarzose con addobbi rococò che il Re Sole stesso avrebbe ritenute eccessive, invase da orde di selvaggi che terrorizzerebbero Attila in persona.
Si comincia con una panoramica della villa dove si svolge la “cerimonia” (da intendere nel senso partenopeo di esagerata riverenza). La voce della speaker, abituata a commentare gli spot degli assorbenti con le ali, lascia subito trapelare una sottile vena sarcastica. Segue la presentazione del boss della Villa. Uomo di poche parole (almeno in italiano), che sovrintende dall’alto e riceve ospiti manco fosse il Papa, e che non disdegna la catenozza d'oro su delle camicie di seta cosi zammare che riuscirebbero a trasformare Rodolfo Valentino in Mimmo Dany. Uno stile che noi non vorremmo definire “da camorrista”, ma che definiremo “alla Mario Merola versione moderna”, che poi è la stessa cosa.
Questo losco figuro lascia il palco al genero Matteo, ben vestito ed educato e con un nome talmente musicale rispetto al contesto, da far sospettare che si tratti di uno pseudonimo. È lui l'antieroe del dramma, l'unico della serie che riesce a mettere in fila due frasi complete in italiano con tutti i verbi giusti. Il suo contrappasso, per il terribile misfatto della conoscenza grammaticale, consiste nel dover discorrere con il parentume degli sposi su come organizzargli il banchetto più tamarro possibile. Inoltre gli tocca di fingere di non notare gli strafalcioni dei genitori i quali, inorgogliti dalla telecamera, si lanciano in improbabili declinazioni di verbi scovati la notte prima sul dizionario (“tutto va come prefisso”), e si esibiscono in parole straniere gongolanti di k come “Cokktèl” o latine (che poi per loro sempre straniere sono) come “magna pompa”, che lascia aperti interrogativi non di poco conto. Poca roba comunque di fronte ad una donna che si presenta come Mannaggment musicale (qualunque cosa significhi), e ad uno sposo dotato di un maglione che ricorda da vicino un saio francescano
Toccanti i tentativi di Matteo di limitare gli eccessi della coppia di sposi i quali non cederanno di un passo nelle loro assurde richieste. Il cibo è “peccato buttarlo”, ma deve sempre avanzare. I nonni vogliono una cerimonia sobria e naturale, per questo il viados che manipolerà gli invitati è meglio non operato e così via.
Finalmente la telecamera mostra pietà del povero Matteo e si concede un flashback sulla temibilissima serenata pre-nuziale. La sposa preferirebbe che il fidanzato andasse ad ingolfarsi di alcool in compagnia di qualche spogliarellista, ma lui si presenta puntuale umiliandosi davanti a tutto il rione guidato da un “cantante” neomelodico improvvisato. Pur di farlo zittire lei scende e lo bacia, anche per venti minuti, attirandosi le ire delle vegliarde della famiglia che trovano il gesto, di fronte a tutto il rione, troppo “compromettente”, nonostante lei sia incinta di due mesi.
Il programma si allunga per altri venti minuti, ma a quel punto il Prozac, che avevamo assunto dopo i primi fotogrammi, aveva già cominciato a fare effetto, facendoci perdere la performance di Mauro Nardi. Non senza rimpianti.
Ci teniamo a precisare, per i nostri amici del Norde, che non tutti i napoletani si sposano in tale maniera chiassosa e pacchiana. In realtà oggidí, la maggioranza dei Napoletani una cerimonia del genere non se la può permettere.
Nel corso della trasmissione aleggia mistero sui costi, malgrado gli zii dichiarino in un’intervista che per una cerimonia del genere “ci vuole un banco di soldi” e nostre fonti confermano che gli strozzini avrebbero già sequestrato il malcapitato cugino dello gnoro. Ad ogni modo, se lo spettacolo non fuga dubbi sull'annosa questione se i soldi possano comprare la felicità, di certo chiarisce che non essi non ci si può comprare neanche un briciolo di classe (tacendo della cultura). L'evidenza mostra che è possibile spendere un patrimonio, ma sembrare sempre dei morti di fame.

venerdì 29 novembre 2013

La fuitina di Natale


Cari Napoletani,
Sono Babbo Natale, Santa Claus o come preferite chiamarmi. Questa volta la lettera ve la scrivo prima io, giusto per mettere le mani avanti, visto che vi siete rubati anche l'albero di Natale della Galleria Umberto.
Ma che ci volevate fare con un pino di 8 metri? Avete messo su una fabbrica abusiva di Arbre Magique nei quartieri? Oppure avete preso Godzilla e vi serviva un palicco perché gli era rimasto un motorino tra i denti?
E poi come avete fatto a fregarlo? Possibile che nessuno si sia accorto di niente? Spiegatemi se è plausibile che in una delle zone più frequentate di Napoli, per di più di domenica sera, nessuno abbia visto delle persone vagare per il centro storico con un albero di 8 metri a tracolla. Alle volte, mi viene da pensare che quelle dicerie sull'omertà non siano vere, e voi veramente non vi accorgete di quello che vi succede attorno.
In realtà, io temo che abbiate solo molta voglia di sfottere, per cui, prima che si rompano le giarretelle, vediamo di chiarire alcune cose.
Lo so che voi la sera del 24 siete ciucchi di Falanghina e Limoncello e vi aggirate come spettri alticci per le strade, ma io la sera della Vigilia lavoro, e sono stufo di strigliare la renna con l'acqua ragia per cancellare la scritta in azzurro "Forza Napoli!" Sono renne non ciucci. Ma non le vedete le corna?
Poi mi si deprimono. L'anno scorso Rudolph mi è costato un patrimonio in analisi.
Un'altra cosa. E spero per l'ultima volta. Quelle centinaia di giganteschi sacchi che porto sulla slitta sono regali. RE-GA-LI. Non sono eco-balle! Quindi smettetela di tempestarmi di sanpietrini quando attero nel vostro paese. Non voglio metterci nessuna discarica. Giuro. Non li vedete i film americani natalizi? Io sono il ciccione vestito di rosso, vi sembra che assomigli a Gigino?
Per fortuna che la slitta non ha le ruote e non devo preoccuparmi che me le possiate fregare lasciandomi a piedi al casello di Caserta.
Quasi dimenticavo. Grazie per il pensiero dei biscotti sul tavolo. Ma io ho 1600 anni, secondo voi ce li ho i denti per masticare quei dannati Roccocò? 'O struffolo ancora ancora, ma almeno non lasciatemelo sereticcio, sennò si azzecca alla dentiera e buonanotte.

Beh, allora a presto e Buon Natale (si spera)
Santa

P.S. : Se anche quest'anno me ne combinate una delle vostre vi garantisco che esaudisco il regalo del vecchio di Fukushima, "Non ce l'avresti un posto tranquillo, dove la gente si fa i fatti suoi, per stoccarci tutte le scorie?" 

lunedì 23 settembre 2013

Save Berlusca

Diciamocelo: non se ne può più. Tutto sto parlare della decadenza di Berlusconi, ci ha un po' rotto.
A nessuno italiano interessa la decadenza di Berlusconi da senatore. L'importante e' che Zio Silvio resti con noi perché, in fondo, ne abbiamo bisogno. Ci serve. Adoriamo parlarne. Che si tratti di denigrare od idolatrare non è veramente importante.

Per noi è una droga. Gli italiani che votano Berlusconi sono più numerosi di quelli che fumano Cannabis, più di quelli che vanno a Messa la domenica e praticamente pari a coloro che frequentano le prostitute (ma ovviamente si tratta di una coincidenza). Ma vi immaginate come sarebbe l'Italia con le chiese chiuse, senza meretricio e punkabbestia?
Finiremmo come il Giappone? A mangiare roba cruda e guardare il porno censurato.
La modica quantità per uso personale deve valere anche per Silvio. Ogni italiano, deve poter usufruire di un quantitativo minimo di Berlusconi per uso privato. Un seno scoperto il venerdì sera, un partita del Milan il sabato, e iastemma libera alla Santanché.
Avete pensato alla triste fine di tutti i dipendenti e tirapiedi del caro leader?
E non si tratta solo dei poveri lavoratori di Mediolanum, Mondadori o di qualche società off-shore. C'è una schiera di YesMan, ma anche SitDownMan e BringBackTheStickMan, che hanno passato vent'anni arrangiando professioni svariate da giornalisti a veline, ed ora si troverebbero nella triste evenienza di doversi comprare da soli.
E che dire dei MaybeMan della sedicente sinistra che, sconvolti dall'evenienza, cederebbero al loro irrefrenabile bisogno di indulgere nell'unica attività in cui hanno cercato di surclassare Berlusconi: sfornare slogan ancora più improbabili.
Vi immaginate le città tappezzate di manifesti con "Giusto adesso Cambiandolo!"?
E guardate che i cinque stelle, in assenza di Silvio, votano in parlamento l'abolizione del traffico aereo (onde evitare le scie chimiche) il bando del sapone (pulizia garantita da un palla di plastica che spara infrarossi, inserita nell'ano) ed il carcere per chi si spruzza di Autan (per proteggere l'ecosistema).

Ma non è solo lavoro, Berlu si è preso cura di tutti noi, ci ha fornito direttamente dei gusti da avere, delle mode da seguire e delle idee da abbracciare appassionatamente, sublimando quel bisogno recondito che affonda le sue radici nel ventennio fascista e che condiziona il modus vivendi di ogni italiano: la necessità di non pensare, a qualunque costo. Sua emittenza in sostanza non è solo il nostro "masto", è letteralmente il nostro padrone.

A questo punto qualcuno che tira in ballo l'Europa c'è sempre. Come se ce ne fosse mai fregato qualcosa dell'opinione dei crucchi. E poi i più grandi fan di Berlusconi sono gli altri capi di Stato. Per loro Berlusconi è un po' come la star di una soap-opera latina anni '90 per una massaia molto impegnata. La storia poco credibile di un personaggio dalla morale discutibile,  piena di colpi di scena surreali. Ma in qualche modo malato la massaia vuole sempre un'altra puntata, deve sapere come andrà a finire, come farà il protagonista ad uscirne anche questa volta più o meno pulito.

Vogliamo forse diventare un paese di sinistra bacchettone come gli Stati Uniti, dove ci si scandalizza per un mezzo watergate ed una ragazzina un po' più precoce delle altre?
Cari amici della Giunta e Senatori, diciamocelo, questa burbera Legge, cosa ha mai fatto per voi?
Si tratta di una donnetta volubile capace solo di dire NO? Volete essere ricordati come quelli sanno solo dire NO? In che modo vi ha aiutato questa signora Legge in tutti questi anni.
Poco, molto poco. Riconoscetelo. Invece il Caro Leader lui vi ha aiutato e se non lo ha fatto ancora, lo farà presto. Chiedete in giro, magari a De Gregorio.
Basta solo che abbandoniate la vecchia politica del NO per abbracciare la nuova politica del SI. Anzi dello YES, che è Inglese, quindi giovane, nuovo fico, cioè Cool. Da bravi, ora tutti insieme, Yes, SitDown and ShutUp.

http://www.youtube.com/watch?v=FXP4uAxwFTg

venerdì 19 luglio 2013

Corna 'e mugliera, so' corna overo!

Non è una semplice questione di tradimento. Qua a Napoli non contano le debolezze e i problemi di coppia, è solo una questione d’onore. Dare del cornuto a qualcuno, significa implicitamente dargli del “tradito” e questo, a Napoli, nun se po’ ffà! Il tradimento costituisce un’onta peggiore dell’arresto, della nomea di mariuolo e dell’essere incensurati. L’offesa è di carattere supremo e definitivo, un cornuto resta tale anche se lascia la cornificatrice e l'onta va lavata col sangue, Mario Merola docet, come nelle più famose sceneggiate, in cui il triangolo “isso, essa e ‘o malamente” costituisce la trama stessa. Struggenti lamenti neomelodici associati a inginocchiamenti e lacrime sono un must per chi implora perdono; sguardo arcigno, petto in fuori e rivoltella nella giacchetta contraddistinguono i cantori traditi. D’altra parte, va detto, il tradimento a Napoli ha una sua connotazione sociale legata essenzialmente alla famiglia ed al buon nome che porta, che va difeso presso i più importanti centri di caperaggio del capoluogo. Immaginate la situazione seguente: lui ha 16 anni, fa la seconda media e arrotonda portando le pizze a domicilio il sabato sera. Lei di anni ne ha 15 e sulla sua prima carta d’identità ha già fatto scrivere “casalinga”. Lui la abborda a Mergellina fischiando e urlandole contro suoni gutturali, i due si piacciono e si fidanzano. Dopo 25 minuti lei l’ha già portato a conoscere ai suoi genitori, celebrando così il proverbiale “fidanzamento in casa” e compromettendo definitivamente l’esistenza di due nuclei familiari fino alla settima generazione. Dopo 3 giorni, lui si presenta alle due di notte a casa per farle la serenata, accompagnato dal cugino di un amico, che fa il pianobar a Varcaturo, dopo 7 giorni e 450 km percorsi col motorino per portare le pizze e raccogliere mance, e dopo aver scassinato il salvadanaio della sorella piccola, lui le regala un anello di fidanzamento, al decimo giorno le famiglie si sono conosciute, sono diventate amiche ed hanno fittato un bilocale a Baia Murena per passare le vacanze assieme. Il 15esimo giorno si organizza un pranzo familiare in un ristorante in un posto a scelta tra le pendici del Vesuvio ed il lungomare di Licola, in cui il giovane sfoggerà i suoi nuovi calzoni con piega a mezza tibia e cavallo modello pannolone. Praticamente, un idillio. Fino però al 21esimo giorno. Quel giorno, lei ha la febbre e lui è inconsolabilmente solo a casa sua ad ascoltare musica con il cellulare con lo sguardo perso nel buio, quando all’improvviso viene chiamato al telefono dal cugino Cenzino, quello che ha la macchina 50,  che lo invita ad accompagnarlo ad una festa in cui un suo compagno di scuola (terza media al massino), sta festeggiando i 18 anni. L’improvvido giovine accetta e, galeotta la versione rattusa del gioco della bottiglia, si insapona una delle presenti. A quel punto lui, da ommo sicuro quale è, non si pone alcun problema, MA……….alla festa era presente la cognata della parrucchiera che esercita per le case e frequenta il palazzo dove vive la cugina della ragazza dello zio più giovane di lei la quale, tempo massimo 40 minuti, sarà informata di quanto avvenuto. A quel punto, tra anelli di brillanti buttati dalla finestra, lui che la implora di scendere in piena notte e poi è costretto a fuggire sgommando col motorino dal suocero inferocito che è sceso con una mazza, il padre di lui che a sua volta corre in soccorso del figlio fedifrago con due mazze e il cognato pregiudicato al seguito per spaventare l’avversario, la battaglia è bella che servita. A fare la differenza ed a far pendere la bilancia verso la riconciliazione o la mattanza, saranno velenosissimi post su face book, informazioni ingiuriose sui rivali fornite ai guardaporte più in vista ed sms letti in diretta ad un programma di dediche musicali che va in onda ogni martedì sera su Carditello RadioTV. Alla luce di quanto detto, si capirà facilmente quanto un tradimento sia foriero di drammi epocali a Napoli più che in ogni altro luogo del globo terracqueo e comunque, statene certi, che la battaglia avrà un vincitore finale, chiunque esso sia. Anche perché, altrimenti, la casa a Baia Murena, chi ‘a pava?
Volendo fare un rapido excursus, va detto che il tradimento a Napoli non riguarda solo la sfera amorosa, ma anche la città. Ecco così il dileggio nei confronti di emigranti o presunti tali che dichiarano che “non tornerebbero mai a Napoli”, o che sfoggiano un marcato accento romano dopo una gita parrocchiale di mezza giornata a S. Pietro. Ma non solo: il tradimento è anche quello che viene compiuto nei confronti dalla squadra del Napoli. Anzi, se possibile, quello è anche peggio ed investe non solo i tifosi, ma anche i calciatori. Se anche voi avete mandato una corona di fiori al vostro vicino interista dopo un 3-0, allora potete capirmi. Quante mazzate sono volate nel campetto dell’oratorio per difendere l’onore del ciuccio dalle infamie di una coppia di milanisti? E quante telefonate di dileggio avete fatto a casa di un amico juventino dopo ogni vittoria. E quante altre volte vi siete dati alla macchia dopo una cocente sconfitta? Il tradimento non si perdona, neanche quello dei giocatori. Certo, se Maradona fu costretto ad andarsene con una mano davanti e l’altra dietro, una certa comprensione si ebbe anche nei confronti di chi abbandonò una barca che stava affondando in serie B e C negli anni successivi, ma oggi no! Oggi, col Napoli in lotta per quella cosa tricolore che non si nomina per scaramanzia, il tradimento non si perdona! E così, ecco che Quagliarella, punta spuntata di pochi anni fa, già eletto idolo assoluto della tifoseria e ritratto in quadri, statuine e stampe di ogni genere, è stato subito sostituito nelle stesse da pecette nere, wc e croci attaccati sulla sua faccia, fino a vedere il suo ritratto adornare il bagno di una nota pizzeria in zona collinare. E il più recente Cavani? Per quanto il suo tradimento sia stato minore (è andato a giocare in una società straniera e non con gli odiati rivali della Juve), non è stato comunque gradito. Tuttavia, pur non diventando ornamento per sanitari, è finito più o meno così:

lunedì 8 luglio 2013

Intervista per il mondo di suk


Abbiamo rilasciato un'intervista per il mondo di Suk. Praticando la nobilissima arte dello sparamento di pose. Qui il link originale.

Poteva capitare solo a Napoli...
di Mario Scarpa
Una città ostinata nel suo modo di vivere, continuamente in evoluzione e piena di impulsi di innovazione eppure sempre legata a una forte identità legata al passato. Napoli è teatro di innumerevoli contraddizioni e stereotipi, oggetto di infinite analisi sociologiche e riflessioni storiografiche, ma soprattutto è una città che sopravvive alle insidie peggiori della modernità senza banalizzarsi e cedere alle lusinghe del turismo mordi e fuggi. “Una città dalle pagine infinite” la definiscono Massimiliano Maletta e Francesco De Giorgi, autori di “Poteva capitare solo a Napoli” (Aliberti Editore, pagg. 135, euro 10), un’analisi ironica e ricca di acute osservazioni dei difetti tipici dell’universo partenopeo.
Il tono del libro è ispirato all’autoironia che contraddistingue i napoletani, per riflettere sui paradossi, le bizzarrie e i quotidiani saggi di improvvisazione del popolo partenopeo, sempre guidati da una costante esaltazione della fantasia come espressione di vitalità: il tirare a campare che diventa modus vivendi frutto di una continua rielaborazione e riadattamento alle esigenze del momento.
Dalla segnaletica stradale improbabile ai parcheggi avventurosi, dai cartelli promozionali scritti in un inglese improvvisato nei negozi del centro ai luoghi di culto dedicati a Maradona e Cavani: in città sono numerosi gli esempi di artigianato locale, attraverso il quale “l’estro è in grado di prendere così tanto il sopravvento che non ci si limita nemmeno a copiare le marche dei prodotti in vendita, ma le si trasforma in qualcosa di diverso, più facile da scrivere o da pronunciare”, scrivono gli autori nel libro. Napoli è anche quotidiano disagio, per chi si avventura nell’utilizzo di alcune linee dei mezzi pubblici o si trova bloccato con la propria macchina nel caos del traffico, magari a causa dell’ennesima manifestazione dei disoccupati organizzati.
E in città da anni furoreggiano i cantanti neomelodici, divi popolari come lo erano Mario Merola nei primi anni ’70 con la sua sceneggiata e Nino D’Angelo e Carmelo Zappulla nei primi anni ’80. Con il “tragico fenomeno neomelodico” si moltiplicano i video musicali, in alcuni casi veri e propri cortometraggi, ospitati da alcune televisioni locali e poi commentati in studio dallo stesso neomelodico, che riceve le telefonate del pubblico e si intrattiene con loro. Gli autori del libro descrivono con ironia i contenuti dei video e le tipologie di telefonate del pubblico, in particolare è da antologia il commento su un cantante che si esibisce in lacrime mentre mostra la foto del cane portatogli via dalla moglie divorziata.
“Poteva capitare solo a Napoli” è ricco di aneddoti, episodi curiosi, riflessioni mai banali sulla realtà popolare partenopea, quella che segna il carattere della città e ne delinea l’immagine iconografica, da cui scaturiscono gli stereotipi più abusati.
Gli autori scrivono nella premessa al libro: “Non vorremmo che ci rinfacciassero di aver descritto Napoli per quello che è oggi e non come il paradiso terrestre che potrebbe essere”. Insomma: piuttosto che ignorare la realtà è meglio raccontarla, con i suoi paradossi e le sue asprezze, ma con l’aiuto di un sorriso.



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