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giovedì 30 gennaio 2014

Gigin Hood alla riscossa!

Tutte le città più importanti del mondo hanno il loro supereroe: un uomo senza macchia e senza paura che si aggira di notte a combattere con ogni mezzo il crimine, sfruttando le immense ricchezze familiari per finanziare a fondo perso la sua missione. Gotham City ha Batman, Metropolis ha Superman, Paperopoli è ingolfata a dir poco dai vari Paperinik, Paperinika, Paperbat e via discorrendo. E Napoli? Proprio una città con questo popo’ di storia non può permettersi un supereroe? È proprio qui che vi sbagliate, cari lettori! L’antagonista partenopeo delle forze del male è già tra noi, e sta  conducendo la sua battaglia per ridarci una Napoli felice come ai bei tempi. Come dite? Non sapete di chi si tratta? Ma come! Il nostro supereroe è colui che siede al posto di comando: l’impavido Gigin Hood! Da quando occupa il suo scranno, grazie al potere dell'Ordinanza Sindacale, è lotta aperta contro due nemici storici di Napoli: traffico e monnezza. Il nostro Gigin Hood, balzando di notte da una copertura in eternit di Ponticelli alle rovine della Città della scienza, ha spennellato tra le vie cittadine una lunga serie di baffi rossicci con della segnaletica sopra, regalando alla città una pista ciclabile in grande stile. Fosse stato un fan di Giotto, Gigin Hood avrebbe spennellato con coerenza, ma siccome gli piace Picasso, le pennellate hanno quel non so che di astratto, che rendono impossibile l’utilizzo della pista a tutti coloro che non siano dotati di teletrasporto. Ma la battaglia del nostro eroe non si è fermata lì: il centro storico era stracolmo di autovetture e di altri automezzi? Bene, ora non lo è più, grazie alla ZTL. La parte storica della città e le sue zone commerciali ora sono libere dal traffico e possono essere raggiunte solo coi mezzi pubblici. Certo anche i mezzi pubblici inquinano e così via anche quelli. D'altronde i supereroi accorciano le distanze con la super-velocità od i gadget di alta tecnologica (tipo l'auto blu) e non hanno bisogni di questi autobus inquinanti. Ma parliamo della monnezza? Dimenticate i cassonetti stracolmi e le montagne di rifiuti abbandonati a bordo strada. Basta così poco per fingere che non ci siano piú, un potere telepatico alla portata di tutti. Una 'ntecchia di concentrazione in più è richiesta agli abitanti di Giugliano e simili, che devono avere a che fare con l'olezzo nauseabondo. Ma mi raccomando di non strafare con i poteri obnubilanti, perché la tassa sulla spazzatura, quella dovete ricordarvela. 
Dopo aver testato i suoi poteri su obbiettivi "facili" Gigin Hood si sento finalmente pronto a flettere i suoi supermuscoli contro il più grande problema della Città. No, no si tratta della Criminalità organizzata. No, neanche del debito gargantuesco che minaccia i servizi della Città. Un po' più di fantasia Gigin Hood ha messo nel mirino il più terribile nemico del bene pubblico, roba da far tremare i polsi a Superman e forzare Batman a rintanarsi nella caverna cercando la mamma. Si parla, ovviamente, della cacca dei cani. Da oggi ci sarà addirittura una task force impegnata giorno e notte e scovare i cagator scortesi che oseranno imbrattare con i loro prodotti le camminate della nostra città. Sapientemente infiltrati negli ambienti di malaffare, i nostri eroi al soldo di Gigin Hood scoveranno beagle diarroici, alani stitici e levrieri indigesti, provvedendo immantinente a multare gli sprovveduti accompagnatori dei suddetti. E nel caso la cagata venisse trovata in forma anonima? I nostri eroi della task force provvederanno all’istante a prelevare un tocco del pasticciotto e portarlo ai RIS i quali, grazie alle più moderne tecnologieriusciranno in poco tempo a stabilire il legittimo proprietario della deiezione. Eh si, perché Gigin Hood ha avuto la geniale idea di obbligare tutti i proprietari di cani a schedarli ed a fornire il DNA, in modo da rendersi sempre identificabili. Ebbene si, da oggi in poi i deretani canini saranno identificati ed archiviati! Che poi, a pensarci bene, è lo stesso tipo di schedatura ed archiviazione che di solito viene riservata ai culi delle veline su ogni hard disk di provenienza maschile.
Così, da oggi, il turista che ammira i cornicioni dei palazzi di via Toledo, non dovrà più passare il pomeriggio a ravanare nei solchi delle sue suole e lo scippatore che lo borseggia, non correrà il rischio di scivolare sull'infausta deiezione, perdendo il frutto della sudata fatica. Anche qualora il misfatto non si possa evitare, allo sfortunato spacciatore che trovasse un ricordino sgradevole attaccato alla ruota della Mercedes, resterà lo sfizio di poter saper multato il pericoloso scagazzatore stradale. 
Ed allora bando ai disfattismi sterili, con le suole delle scarpe linde e pinte i napoletani potranno correre molto più veloci. Riusciranno a tenere testa al ritorno in auge della Criminalità (i poliziotti sono tutti impegnati ad arrestare i padroni dei cani) ed a sfuggire alla furia dei creditori (questi test del DNA costano). Ed anche Gigin Hood potrà godere dei vantaggi di questo insperato sprint onde sfruttare al meglio la sua super velocità. Visto che presto, ne siamo certi, ne avrà molto bisogno.

martedì 31 dicembre 2013

'O viglione

All'ombra del Vesuvio, ormai lo sapete, le tradizioni vanno rispettate sempre, contro ogni logica ed evenienza, contro ogni pudore e fino a farsi male. Per questo motivo, tutti i fortunati che avranno avuto la possibilità di sopravvivere al coma diabetico del trittico 24-25-26, saranno costretti ad industriarsi per passare al loro meglio il capodanno. Il problema, però, non sarà tanto come arrabattare un cenone, ma come poter passare un veglione memorabile, assurdo, da scolpire negli annali e da raccontare, esagerando qualunque cosa, a parenti ed amici per mesi. Chi si affida alla tradizione, non potrà che trascorrere le prime ore dell’anno nuovo a casa sua o di un parente, giocando in modo ossessivo e compulsivo per ore ed ore al gioco più temuto dai maroni degli astanti, perché ne provoca rigonfiamenti a pressioni mai sperimentate prima: la tombola. La questione, per chi si accanisce al tavolo da gioco, non sarà tanto il vincere quanti più soldi è possibile o limitare, eventualmente, le perdite. Il problema sarà difendere il proprio onore e quello della propria famiglia contro l’assalto portato dalla quarantina di emeriti sconosciuti che siedono allo stesso tavolo. Come dite? Cosa ci fanno 40 sconosciuti allo steso tavolo vostro? Beh, lo sapete, il concetto di famiglia qua a Napoli è molto più aperto ed avveniristico di quanto si possa immaginare. Fondamentalmente, trascurando la non remota possibilità di un nucleo fondato sugli accoppiamenti con membri della stessa tribù, qua si considerano parenti un po’ tutti quelli che si conoscono, per cui, quando andrete a cena dal vostro cognato Carminiello, non vi stupirà trovare, oltre ai vostri suoceri, alla moglie di Carminiello ed ai suoi figli, la sorella di sua moglie con marito e prole, il cognato ancora signorino e la cugina di vostra moglie, regolarmente accompagnata da sua figlia quindicenne prena, dal fidanzato disonoratore e prossimo sposino, dai di lui genitori, che non hanno mai visto prima la famiglia della nubenda, e che a loro volta portano in allegato la figlia più piccola e il cugino Vicienzo, che è solo, in quanto la moglie se ne è andata con un muratore algerino, che però teneva la Smart. Davanti ad uno scenario apocalittico come questo, come minimo i due futuri suoceri, che fino alla tragica sera del 23 in cui i ragazzi hanno confessato il misfatto, nemmeno sapevano della reciproca esistenza, dovranno combattersi a colpi di ambo, terno e carte del mercante in fiera, ben consci del fatto che la vittoria non varrà solo vile denaro, ma anche il prestigio e la sopraffazione sull'altro, ossia la facoltà di poter interferire maggiormente nella vita dei neosposi. Coloro i quali uniscono la tradizione alla squarciunarìa, non potranno che affidarsi ai tragicomici cenoni organizzati di Fantozziana memoria. E così, mentre Totor Melody massacra una canzone di Gigi D’Alessio che Peppe ha dedicato all'amata Concetta, tra un brindisi fuori luogo, l’ubriachezza molesta del 90% dei presenti e un improponibile spettacolo comico del grande Carmine Simpatia, si arriverà alla mezzanotte per gustare l’incredibile spettacolo dei fuochi, che costerà tre falangi ad uno dei nipotini, e proseguire nella sala da ballo, dove DJ Entzootch, star della musica house interregionale grazie ad una stagione al lido “Marebello” di Sperlonga, allieterà gli ospiti e i condomini dei piani superiori fino alle prime luci dell’alba, quando un blitz delle teste di cuoio porrà fine ai festeggiamenti. Tra coloro che mirano invece al festeggiamento trasgressivo, ci sono quelli che si sciroppano le feste di piazza (quest’anno niente concerto a Piazza Plebiscito), tornando a casta tumefatti per essere stati colpiti in fronte da una bottiglia lanciata durante il caunt-daun (countdown) e con gli arti assiderati dal gelo, quelli che si installano nel reparto rianimazione del Cardarelli con ustioni sul 56% del corpo e quelli che restano tutta la notte bloccati nel traffico, in 5 in una macchina 50, per poi finire in una traversa di Via Petrarca a guardare l’alba trattenendo a stento le lacrime. Ad ogni modo, la vera filosofia guida del veglione napoletano è quella dell’”amma scassà”, ossia dell’esagerazione su tutti i fronti. Non parliamo solo di coloro i quali coi loro acquisti del 31 sera si rendono responsabili dell’intero PIL colombiano, ma di tutti quelli che, in un modo o nell'altro, cercano di sorpassare ogni limite, specie quello della decenza, in nome del festeggiamento più efferato. Ecco così don Aniello rivendersi gli avanzi degli struffoli per comprare 100 euro di botte dai cinesi, in modo a poter sopraffare Gerozzo ‘o riggiularo, che da anni lo vessa scaricandogli sul balcone il suo arsenale comprato al mercato nero tra gli avanzi della guerra in Kosovo. Ma ecco anche donna Carmela, che si vanta da anni di avere una sorella ricchissima che vive ‘a Svizzera e che ha una mega villa direttamente ‘ngoppo ‘a neve e che quest’anno, cedendo alle pressanti domande di Cuncettina ‘a mpechera, che non le ha mai creduto, resterà chiusa una settimana nel più totale silenzio in casa sua, limitando le sue funzioni vitali al minimo pur di far credere di essere davvero partita per il Canton Ticino, salvo calarsi nottetempo il 6 gennaio con un trolley a tracolla per andare a piedi a Capodichino e prendere un taxi che la riporti in trionfo verso casa a mezzogiorno. In ultimo, ecco Ciro, Carmine, Genny e Totonno che sono in ritiro spirituale dal 29 sera ed hanno già consumato sedici confezioni di lacca a testa dopo aver comprato di contrabbando a 250 euro i biglietti per l’evento dell’anno: il grande veglione stratosferico che si terrà sulla spiaggia di Miliscola con ospiti i ballerini dell’Accademia della Salzemmerenghe di Casoria, il famoso Sasà, che ha fatto i provini per sette edizioni del Grande Fratello e le telecamere di CercolaTV Sat. Davanti ad un tale spiegamento di forze, la rivalità coi ragazzi del bar di fronte, sarà definitivamente risolta. Infatti quest'ultimi, per troppa leggerezza organizzativa, non sono finiti nel centro sociale con le infoiate darkettone (creature tondeggianti bardate di cuoio, che pretendono d'essere scambiate per vampire invece che per palloni da calcio), ma in quello per anziani devoti a San Crispino. E poco importa se i nostri eroi hanno pagato un sovrapprezzo del 300% perché il biglietto in realtà costava solo 30 euro, se gli ospiti a sorpresa erano talmente a sorpresa che nemmeno sapevano di essere attesi ed infatti non si sono presentati, e se alla fine sono stati pure cacciati perché Totonno, nel tentativo di insaponarsi una pulzella, le ha vomitato addosso lo zampone con tutte le lenticchie. L’unica cosa importante è che hanno scassato!

Fuochi d'artifico su Castel dell'Ovo a Napoli (Ciro De Luca)

lunedì 8 luglio 2013

Intervista per il mondo di suk


Abbiamo rilasciato un'intervista per il mondo di Suk. Praticando la nobilissima arte dello sparamento di pose. Qui il link originale.

Poteva capitare solo a Napoli...
di Mario Scarpa
Una città ostinata nel suo modo di vivere, continuamente in evoluzione e piena di impulsi di innovazione eppure sempre legata a una forte identità legata al passato. Napoli è teatro di innumerevoli contraddizioni e stereotipi, oggetto di infinite analisi sociologiche e riflessioni storiografiche, ma soprattutto è una città che sopravvive alle insidie peggiori della modernità senza banalizzarsi e cedere alle lusinghe del turismo mordi e fuggi. “Una città dalle pagine infinite” la definiscono Massimiliano Maletta e Francesco De Giorgi, autori di “Poteva capitare solo a Napoli” (Aliberti Editore, pagg. 135, euro 10), un’analisi ironica e ricca di acute osservazioni dei difetti tipici dell’universo partenopeo.
Il tono del libro è ispirato all’autoironia che contraddistingue i napoletani, per riflettere sui paradossi, le bizzarrie e i quotidiani saggi di improvvisazione del popolo partenopeo, sempre guidati da una costante esaltazione della fantasia come espressione di vitalità: il tirare a campare che diventa modus vivendi frutto di una continua rielaborazione e riadattamento alle esigenze del momento.
Dalla segnaletica stradale improbabile ai parcheggi avventurosi, dai cartelli promozionali scritti in un inglese improvvisato nei negozi del centro ai luoghi di culto dedicati a Maradona e Cavani: in città sono numerosi gli esempi di artigianato locale, attraverso il quale “l’estro è in grado di prendere così tanto il sopravvento che non ci si limita nemmeno a copiare le marche dei prodotti in vendita, ma le si trasforma in qualcosa di diverso, più facile da scrivere o da pronunciare”, scrivono gli autori nel libro. Napoli è anche quotidiano disagio, per chi si avventura nell’utilizzo di alcune linee dei mezzi pubblici o si trova bloccato con la propria macchina nel caos del traffico, magari a causa dell’ennesima manifestazione dei disoccupati organizzati.
E in città da anni furoreggiano i cantanti neomelodici, divi popolari come lo erano Mario Merola nei primi anni ’70 con la sua sceneggiata e Nino D’Angelo e Carmelo Zappulla nei primi anni ’80. Con il “tragico fenomeno neomelodico” si moltiplicano i video musicali, in alcuni casi veri e propri cortometraggi, ospitati da alcune televisioni locali e poi commentati in studio dallo stesso neomelodico, che riceve le telefonate del pubblico e si intrattiene con loro. Gli autori del libro descrivono con ironia i contenuti dei video e le tipologie di telefonate del pubblico, in particolare è da antologia il commento su un cantante che si esibisce in lacrime mentre mostra la foto del cane portatogli via dalla moglie divorziata.
“Poteva capitare solo a Napoli” è ricco di aneddoti, episodi curiosi, riflessioni mai banali sulla realtà popolare partenopea, quella che segna il carattere della città e ne delinea l’immagine iconografica, da cui scaturiscono gli stereotipi più abusati.
Gli autori scrivono nella premessa al libro: “Non vorremmo che ci rinfacciassero di aver descritto Napoli per quello che è oggi e non come il paradiso terrestre che potrebbe essere”. Insomma: piuttosto che ignorare la realtà è meglio raccontarla, con i suoi paradossi e le sue asprezze, ma con l’aiuto di un sorriso.



In homepage, la copertina

giovedì 28 marzo 2013

Après Pâques, est une fête encore


Tutto si può dire di Napoli  e dei napoletani, tranne che non abbiano rispetto per le tradizioni, specialmente quelle religiose, particolarmente quelle chiassose. Anzi, molto spesso il rispetto diventa un attaccamento quasi morboso, un obbligo talmente sentito da essere assolto perfino quando è contro ogni logica o eventualità. Tral e tante tradizioni divenute veri e propri riti tribali, c’è la classica gitaf uori porta di Pasquetta. Poche esperienze nella vita di un partenopeo possono avere effetti così devastanti sulla psiche e sulla stabilità individuale di chisi appresta zaino in spalla a varcare la soglia di casa lunedì in albis. Qualunque partenopeo può chiudere gli occhi e ricordarsi con sollazzo o, più sovente con sgomento, un episodio saliente di qualche Pasqua fa. Ma il rituale, per quanto a tratti macabro e animalesco, non va criminalizzato. È praticamente grazie alla pasquetta se il 70% dei vinai, dei macellai e dei mozzarellari delle zone costiere riesce a passare indenne l’inverno, senza contare l’indotto per bar e gelaterie, altrimenti condannate ad altri due mesi almeno di austerity, ristoranti di campagna e spacciatori. A questo punto, è d’uopo sfatare un mito: da queste parti la cosiddetta “partenzaintelligente”, vuol dire viaggiare sulla corsia d'emergenza. L’unico modo per evitare di restare intruppati in un alveare di autovetture sovraccariche di carne umana, è stare a casa. Ma non illudetevi, non ve lo lasceranno fare. Amici, fidanzate, sono tutti pronti ad accusarvi di pigrizia. Si, proprio loro, che vedono in Frosinone le loro Colonne d'Ercole e che pensano che la pavimentazione verde dei parchi sia dovuta ai "trocati".
In ogni caso, la stragrande maggioranza delle volte, l’appuntamento è sotto ‘o palazzo ‘eGigino, l’unico che abbia un minimo di giardino sotto, sul quale parcheggiare selvaggiamente le proprie macchinine. Pure quest’anno, il povero Carminiello ha dovuto portare la chitarra, che ancora reca sul manico i segni della stutata di sigaretta che Enzuccio fece l’anno prima. Il problema è che Carminiello la chitarra se la porta appresso da anni, ma ha imparato a suonarla al solo scopo di sedurre la fascinosa Titty, cugina dell’Enzuccio di cui sopra, che aspetta solo che qualcuno le dedichi un pezzo di Fabrizio Ferri per sposarselo e sfornare conigliate a ripetizione per i successivi vent'anni.Come al solito, dopo giorni e giorni di febbrile organizzazione, le mete papabili sono sempre le stesse: la casa di Lello a Mondragone, dove si dirigeranno i trasgressivi che vogliono farsi venire una broncopolmonite facendosi il bagno a fine marzo, il ristorante del compare di Tonino a Pollena Trocchia, per chi vuole dedicarsi alle bellezze della campagna e finire in coma etilico prima delle 15 e poi ci saranno i temerari, verosimilmente neo patentati, che oseranno dirigersi verso il Fusaro, a casa di Peppe, cugino del cognato di Sisinella il quale, totalmente ignaro del fatto che 24 sconosciuti stanno per piombare nella villetta, se ne sta bellino a mettere le sedie attorno al tavolino del giardino. Capocordata a quel punto si autoproclama Gaetano, forte del fatto di aver preso già 3 volte la tangenziale e dell’aver da poco fatto svuotare la marmitta della sua 500 nuovo modello con interni in pelliccia e cerchi in lega. Come da copione, appena iniziate le operazioni di partenza,comincia a piovere, ma non una pioggerellina leggera, no. Un vero e proprio tifone si abbatte sulle teste dei nostri malcapitati. A quel punto, i meno coraggiosi si tirano indietro e ritornano verso le proprie case consci dell’essere ormai solo carne da macello per aver tradito il rituale pasquettiano, mentre i più temerari  decideranno comunque di salpare tra i flutti e i geyser provocati dai tombini esplosi per la pioggia. Alle spalle del capocordata si dipanano la punto a metano di Mimmo, ospitante il povero Carminiello, che viene costretto ad intonare i più grandi successi di Gianni Celeste sul sedile posteriore. Si, proprio lui che ha sempre giurato di suonare solo i Doors. Ma come dire di no a Titty? Non può, nonostante Totore profitti dell'atmosfera beceramente romantica per prendersi qualche passaggio sulla accondiscendente Titty. Scartata l’ipotesi tangenziale, le tre auto si dirigono verso il Fusaro seguendo una strada descritta anni prima a Gaetano in un racconto confuso da Ciruzzo ‘o pallonaro. Ovviamente, qualora la strada fosse mai esistita, non sarebbe di sicuro stata quella percorsa da i nostri eroi, i quali trascorreranno le prime ore delg iorno a guadare fiumi di melma in tutto l’entroterra Marano-Quartese, prima che Rosario, coequipeur  di Gaetano, abbia la geniale idea di seguire i binari. Proprio quei misteriosi binari che correvano ai lati della strada, ricordandosi di aver sentito da bambino dell’esistenza di una ferrovia che passasse da quelle parti. Una volta raggiunta la casa del povero Peppe, trovata chiedendo informazioni a chiunque si parasse loro dinanzi durante il tragitto, i nostri eroi colonizzeranno, a botta di pacche sulle spalle ad emeriti sconosciuti, tutto lo spazio a disposizione. La giornata a quel punto si dipanerà molto velocemente, mentre Enzuccio farà fuori 6 bottiglie di Chianti gran riserva del padre di Peppe, Rosario avvelenerà il barboncino di casa mettendogli la vodka sulle crocchette, Gaetano farà innamorare la nonna del padrone di casa e, mentre Titty si farà ingravidare da Totore nello sgabuzzino della villa,  Carminiello, dopo aver invano cercato di coinvolgere gli astanti suonando i Pink Floyd, interpreterà con disperazione il meglio del repertorio di Jo Donatello. 
Il climax della giornata, arriva quando esce "'o pallone". Perché c'è sempre qualcuno che porta la magica sfera, ed immediatamente tutti i maschi "devono" cominciare a giocare. Si tratta di un'affermazione di virilità paragonabile alla incornate dei cervi e la ruota dei pavoni. Niente può impedire questa esibizione e nessuno può esimersi con pallide scuse, quali il menisco fragile, il non saper giocare e neanche l'appartenenza all'odiata tifoseria avversa. 
Chi non partecipa viene subito additato come equivoco e, poco importa se profitta della panchina per impomatarsi le compagne dei giocatori. 
I calciatori hanno altri problemi con cui fare i conti.
Coloro i quali hanno considerato montare un mobile Ikea all'anno come attività fisica bastante a mantenere la forma, sudano come agnelli la vigilia di Pasqua col cuore che implora pietà alla Madonna dell'Arco.
Destino ancora più gramo meritano i pochi, pochissimi atletici, che verranno falciati e gambizzati crudelmente dai loro migliori amici. Che no, non intendevano davvero fargli male, quando dopo l'ultimo dribbling dell'amico gli sono saltati a piedi uniti sul tallone.  
Sul calare delle luci del giorno, i nostri abbandoneranno il loro terreno di conquista, non senza aver trafugato due chili di mele annurche, un quadro del primo '900 ed il merlo della nonna di Peppe, avventurandosi verso la litoranea che porta all'imbocco della tangenziale. Ecco, chi ha preso quella strada un sabato sera di luglio può capire solo lontanamente quello che può succedere nella fase del rientro dalla pasquetta: un'orda  di assatanati con un tasso alcolemico pari a quello dell'intera Monaco di Baviera in piena Oktoberfest, si contenderà fino a notte fonda ogni più piccolo e millimetrico spazio di strada nella vana speranza di poter accorciare il supplizio di qualche secondo. Purtroppo, sarà tutto inutile. Anzi, molti saranno costretti a recarsi direttamente al lavoro, essendo sopraggiunto il martedì mattina, mentre altri, con una sagacia tattica degna del miglior Mourinho, decideranno di bivaccare nella boscaglia incontaminata dei Campi flegrei fino al ponte del 25 aprile: tanto alla fine sempe llà se và a finì!

venerdì 8 marzo 2013

Curriculum Vitae


Napoli è la città dell’arte di arrangiarsi, questo è noto ed arcinoto. Anzi, considerando quanto quest’arte sia radicata nel DNA indigeno, si può dire che la città stessa sia un sinonimo dell’arrangio in tutti i campi. Arrangiarsi, lo sappiamo, è la prima regola lavorativa in un posto dove cercare di guadagnarsi la pagnotta non è mai stato facile, nei secoli dei secoli, ma si allarga a qualunque altro campo, dall’elaborazione dei motorini a basso costo, fino alla copia dei compiti a scuola. Per queste ragioni, ci fa davvero strano che il buon Oscar Giannino non sia nato a Napoli. Sia chiaro, nessuno si scandalizza perché qualcun altro ha scritto delle cazzate su un curriculum vitae, tutti noi abbiamo barato almeno una volta, attribuendoci “elevatissima capacità di lavoro in gruppo e risoluzione dei problemi”, omettendo di spiegare il fatto che per “lavoro in gruppo” intendevamo l’esecuzione della Macarena in compagnia di due cugini e per “risoluzione dei problemi” intendevamo la capacità di risolvere quesiti matematici contenenti una divisione massimo a due cifre. Allo stesso modo tutti abbiamo millantato una “eccellente conoscenza dei principali software specialistici”, ben sapendo che è una frase che fondamentalmente non vuol dire una cippa, o un “ottimo inglese, scritto e parlato”, quando al massimo il nostro vocabolario comprendeva quattro parole: play, stop, rew e ffwd, abbreviati come da stereo allegato. Quello che però ci manda letteralmente in visibilio, non è l’aver millantato (o equivocato su) dei titoli importanti quali due lauree ed un master, perché ormai è una pratica talmente diffusa a livello politico, da risultare quasi banale. Il vero tocco di classe, il colpo di genio, il gol in rovesciata da centrocampo è l’aver vantato una fantomatica partecipazione allo Zecchino d’oro, per di più sotto falso nome. Decenni di politica da saltimbanchi sembravano aver esaurito la vena comica dei nostri proto-onorevoli e invece, come un fulmine a ciel sereno, Giannino ha cambiato la storia dell’auto-referenziazione, ha rotto gli argini dell'incredibile per sfociare nell’immenso. Da questo momento, sul curriculum, ognuno può scrivere il cacchio che gli pare, senza avere più limiti, né di fantasia, né di decenza. Prendiamo ad esempio Antimo, 22 anni, sei dei quali passati a fregare portafogli ai turisti nei decumani: chi potrà impedirgli di scrivere nel curriculum (sempre ammesso che ne compili mai uno) “Addetto al servizio di informazione ed accoglienza turistica”? E di Titina, da oltre vent’anni gestrice di una casa d’appuntamenti popolata da maitresse d’oltre balcani, vogliamo parlarne? Per lei, come minimo si può parlare di “Pluridecennale esperienza nella gestione d’impresa e delle risorse umane, con particolare attenzione ai rami dello scouting e del recruitment”. Sasà, subappaltatore a cottimo sin dall’infanzia, specializzato nella pitturazione di interni, potrà sicuramente vantarsi di aver lavorato dal 1985 al 2013 come “Gestore di processi di outsourcing in piccole e medie imprese a gestione familiare”, mentre Lino, che si è reinventato da pochi mesi autista di un pulmino abusivo sulla tratta Piazza Dante - Miano ad € 1,00 a corsa, potrà definirsi “Titolare ed amministratore Unico di un’azienda specializzata nel trasporto charter e low cost su gomma”. Alla fine, non possono mancare all’appello il buon Totonno, stracciafacente da parte di padre, in diritto di scrivere di sé  “Consulente in trading” e il mitico Enzuccio, strozzino per la polizia e cravattaro per il volgo, che potrà definirsi “gestore di un’agenzia specializzata in subprime lending” sul suo curriculum. Non c’è che dire, forse questa tornata elettorale non ci avrà fornito un governo, ma di sicuro ha aperto una nuova era per chi è alla ricerca di un lavoro. E se ve lo diciamo noi, che abbiamo vinto già 2 volte Sanremo, lavorato con Andy Warhol e inventato il frigorifero ad energia solare, potete crederci. 

mercoledì 13 febbraio 2013

Playlist per S. Valentino


Tra pochi giorni, si sa, ricorrerà quell’obbrobrio conosciuto in tutto il mondo come la festa degli innamorati, ossia S.Valentino. Ogni innamorato si sentirà costretto moralmente, se non fisicamente, a festeggiare:  spendere uno sproposito in cioccolatini e regali e, come minimo, una cena a lume di candela in un locale vip. Se siete Piemontesi non vi resta che ingoiare l'amaro calice, sperando che l'abbuffata di gianduiotti (guai a rifiutarli) non vi costringa ad un lungo dopocena movimentato e seminudo, come ve l'eravate aspettato, ma nella solitudine dolorosa del vostro bagno.
Ai Lombardi toccherà un ristorante anti-tredicesima, cui si può accedere solo con una fila che tende all'infinito. Prenotare non basterà. Il tavolo che vi assegnano è quello vicino alla porta, il più freddo del locale. E mentre tutt'intorno a voi avrete l'impressione che l'amore venga celebrato nel suo fulgido splendore, il vostro/a partner rabbrividisce nascondendosi dentro un cappotto anti-stupro. Rigorosamente non ordinata, vi arriva la prima bottiglia di Champagne. L'unica cosa calda della serata. Con sgomento scoprite che non potete neanche scegliere quello che vi va, ma dovete adeguarvi ad un menu di ostriche e lumache, se siete fortunati, almeno parzialmente scongelate. Ed è in questo preciso momento che prendendo il coraggio a piene a mani dovete nascondervi dietro l'inutile carta dei vini. Il rischio d'incrociare lo sguardo della vostra dolce metà che ha già incenerito lo stoppino della candela è troppo alto.
Ma qui a Napoli, siamo nella patria della musica, siamo in quel posto che viene universalmente riconosciuto come la culla di tutto ciò che va sul pentagramma:non vorrete mica fare che il/la  vostro/a coniuge resti senza un adeguata serenata? Sicuramente no, quindi archiviate i baci perugina, dimenticate i ristoranti trendy e lasciatevi guidare da noi in questa scorribanda tra le 7 note per fornire un brano adatto ad ogni situazione.

Siete per caso amanti di una donna sposata? Siete costretti a vederla negli ritagli di tempo approfittando delle brevi assenze del marito?Bene, il brano che fa per voi è “’O tiempo ‘e nu cafè”. Il mitico Mimmo Taurino descrive minuziosamente l’incontro tra due amanti, avvenuto nel brevissimo volgere di un caffè preso dal marito di lei al bar di sotto. Chi, trovandosi in una situazione del genere, pur pressato dai tempi rapidissimi, non ha detto alla propria amata “comme si bella meza annura!”? E chi, pur sapendo dell’empietà della propria relazione, non hai mai pensato che la sua donna stesse “Spurcando chistu core c’o russetto?”. Per tutti coloro che amano l’ammore all’erta all’erta….

Lei vi piace tantissimo ma ha già una o più storie, per quanto poco serie, in corso? Lei vi solletica e stimola le vostre più recondite fantasie di rattimma anche lontano dal Parco della Rimembranza? Il pezzo che vi si addice di più è lo storico “Voglia ‘e fa ammore” del leggendario Antoine il quale, pur iniziando il video in un’ambulanza ciaccato e demorente per la di lei mancanza, continua l’opera insaponandosi qualunque forma vivente di sesso femminile gli capiti dinanzi,proponendo in versi di amoreggiare “Dint’an’ascensore mentre sta sagliendo” oppure “mmiezo ‘o mare, ‘nzieme ‘e cavallune”. Per tutti gli amanti focosi e soprattutto per tutti i coraggiosi che non hanno paura né che l’amata li stroppèi per le insinuazioni sulla lascivia di costumi, né che accetti di copulare tra i marosi indomiti.

Vivete un amore totalizzante peggio di quello che provò Dante per la sua Beatrice? Non riuscireste mai ad immaginare null’altro che la vostra amata al vostro fianco? La vostra dichiarazione sarà allora la romantica “Comme si ‘a guerra” del classico Tommy Riccio. Bordate clamorose a colpi di “E si bella comme si” oppure “nun me pozzo fa l’amante/pure si me tratte male/nun so bravo a te tradì”, senza tralasciare il soft-erotico di “e mentre ‘a vestaglia/pe coppo ‘a cammisa/già s’abbraccia pe terra”, piegheranno ogni resistenza della vostra amata. Se supera il minuto e quaranta senza picchiarvi e/o denunciarvi, è fatta per sempre.

Volete una volta e per tutte che la vostra lei capisca quanto sia importante per voi? Allora il brano che fa per voi è “Si tutta ‘a vita mia” del melodico-sentimentale Fabrizio Ferri. Quale donna potrebbe mai resistere ad un fidanzato che quando piange “se veve ‘e llacreme” oppure che tuona “mo’ ce ‘o ddico a tutti ‘e santi/comme l’oro si importante”? Probabilmente nessuna, specie quando il brano supera i trentacinque secondi di durata.

Ancora il nostro Fabrizio Ferri ci offre la possibilità di regalare una gioia alle nostre donne a cui, si sa, i complimenti piacciono sempre. Se avete amato “Sei un mito” degli 883, non potrete non sperticarvi al solo ascolto di “Si nu successo ‘e femmena”, clamorosa dichiarazione verso una donna considerata irraggiungibile dal cantante. Versi come “d’a capa ‘o pere te guardano/te vonno assomiglia” fanno impallidire persino la pelata di Max Pezzali e donano alla vostra donna quell’allegrezza che solo un complimento ingiustificato può dare.

Una citazione di rilievo merita l'imitatissima, ma inimitabile, Valentina nel suo fantastico "Ok". Non si tratta di un revival del "Prezzo è giusto." ma di un appuntamento galante moralmente e grammaticalmente discutibile ma preciso "se aspetterai cinque minuti e io non ci sarei", che si giova della promessa consolatoria di un amore non platonico ("non dirò di no se a letto nuda mi vorrai con te"). Ma la promessa può mutarsi in una minaccia per chi si imbatte nel raro video della canzone “Ok”
 
L’arma definitiva per tutti coloro i quali fossero stati lasciati da poco è “Senza ‘e te so ‘na vela stracciata” del leggendario Gianni Celeste. Incurante della grammatica e sprezzante del pudore comune, il nostro eroe tenta, con la forza della disperazione e con l’aiuto di obnubilanti acuti ricchi di vibrati in “veveveveve”, di ricondurre la propria amata all’ovile. Nessuna donna vi resisterà, nemmeno se l’avete tradita con sua madre, e tornerà con voi, pur di far terminare al più presto lo scempio. In ogni caso, se non doveste farcela, non temete: nessuno ve la ruberà più, al secondo ritornello sarà verosimilmente tornata al Creatore….


domenica 10 febbraio 2013

Carnival Party

Poche festività riescono ad esprimere con tanta veemenza il loro spirito autenticamente partenopeo come il Carnevale. Non vi sono altre feste che possano sposare efficacemente tradizione e trasgressione, l'arte di arrangiarsi ed un'anima profondamente vaiassa (per i nordici caciarona). Tutti almeno una volta nella loro vita, hanno indossato un costume della tradizione, Pulcinella in primis. Che si poteva sempre "apparare" con un lenzuolo pulito e fregando la maschera in una bottega di souvenir. Ai lestofanti meno abili sarà toccata la divisa o l’uniforme di uno dei genitori per trasformarsi in piccoli ferrovieri e piccole infermierine. Concediamo il sollievo dell'oblio ai pochi che hanno dovuto indossare il kimono di Judo ed, azzeccando un bollino rosso sulla cintura indossata come fascia, hanno preteso d'impersonare il più squallido dei karate kid. Ecco, questo se siete di qualunque posto del mondo, ma se avete natali partenopei, beh, allora di sicuro almeno una volta avrete esagerato con un travestimento oltre il limite del ridicolo. Si, perché qua a Napoli, diciamocelo, i carnevali di Viareggio e di Rio ci fanno veramente un cosiddetto. 
I cantanti pre-neo-melodici hanno avuto il loro momento di gloria emulativa negli anni '70. Caschetti biondo-paglia e denutrizione per interpretare Nino D'Angelo, e riempimenti vari per eguagliare la pinguedine di SuperMario Merola. Alle ragazzine, che sognavano Carmen Russo, toccava bardarsi con le famose zizze di plastica che tanto impazzavano in quel periodo. Ma il must assoluto, è sempre sta lui: Diego Armando Maradona. C’è stato chi, negli anni d’oro del pibe, ha avviato un vero e proprio commercio in parrucche riccie, come immortalò De Crescenzo in uno dei suoi film, maglie pezzottate e ogni altra forma di gadget potesse riguardare l’ultimo re di Napoli. Oggi, tra un Cavani ed un altro, il modo migliore per ledere la propria dignità carnascialesca, è diventato lo stesso che ha trasfigurato il presepe tradizionale di San Gregorio Armeno, ossia travestirsi da personaggi protagonisti della cronaca, possibilmente nera e possibilmente dalla parte del torto. Siamo onesti: a chi, se non ad un partenopeo, poteva venire la malsana idea di travestire un bimbo di pochi mesi (e il suo passeggino) da capitano Schettino alla guida della Costa Concordia?  E allo stesso modo, a quanti commercianti al di fuori del centro storico poteva l’idea di partire da un qualunque mascheramento da bifolco per rivenderlo come uno da MicheleMisseri? Al confronto, un bimbo annerito con la fuliggine per trasformarsi in Balotelli, diventa perlomeno banale. Per questo, non meravgliatevi se il piccolo Aniello, dopo aver visto i cugini carnali Aniello e Aniello (la famosa zopponta..) vestiti da palo e rapinatore, smetta i panni di Garibaldi per uccidere l'altro cugino Aniello, vestito da Vittorio Emanuele in visita a Teano.  Nelle settimane precedenti la festa, orde di genitori cui nemmeno "Nessuno tocchi Caino" offrirebbe appoggio, si riversano in Villa Comunale e nel Bosco di Capodimonte per portare in ostensione i propri criaturi travestiti da Tarzan, facendogli come minimo venire una mossa, viste le temperature invernali.  Basta poco per capire come il gesto, teoricamente innocente, sia in realtà un profondissimo atto di sfida nei confronti degli altri genitori, per poter dire con fierezza, da Carminiello ‘o parrucchiere, pancia in dentro e petto in fuori, che il costume più bello è proprio quello da baldracca indossato da Cira, 2 anni, ora in rianimazione a seguito di una crisi di ipotermia. Ammesso che la piccola se la cavi, al supplizio dell’uscita settimanale, si aggiungerà quello del servizio fotografico da Lello ‘o fotografo il quale, alla modica cifra di 250 euro (“ma sulo pecchè site vuje, signò”), fornirà: numero tre poster della criatura (uno per i genitori e due per i nonni), un calendarietto da tavolo in carta lucida ed uno da parete, da appendere rigorosamente a lato del frigo in cucina. La madre, a questo punto, può ritenersi soddisfatta, il padre può ritenersi salassato e la figlia può ritenersi invalida al 40%, ammesso che sopravviva all’ipotermia. Il modo totalizzante di vivere le feste a Napoli, si vede anche in come viene messo in atto il detto “a Carnevale, ogni scherzo vale”. No, non stiamo parlando di innocenti telefonate notturne al sapor di pernacchia, e nemmeno di banalissimi gavettoni con palloni pieni d’acqua, stiamo parlando di quegli scherzoni tipici che consistono nel ricoprire il malcapitato di uova più o meno marce e, in alcuni casi, anche di farina. Lo scherzo viene infatti preparato in maniera estremamente meticolosa: attorno ad un tavolo, di notte ed in uno scantinato, con una pianta dettagliata dell’area di intervento, come Eisenhower ed i suoi colonnelli prima dello sbarco in Normandia, si riuniscono il comandante delle operazioni ed i suoi degni accoliti. Aiutandosi con punesse, fotografie del luogo e resoconti di appostamenti nelle giornate precedenti, i nostri provano ripetutamente la strategia di attacco e approntano piani d’emergenza e di fuga nel caso in cui l’aggredito dovesse essere dotato di armi per il contrattacco. Infatti, a meno di puntare su un soggettone sicuramente sprovvisto di contraerea, di solito gli agguati sono rivolti a persone che, anche un minimo, ma hanno facoltà di reagire. Ad ogni modo, la furia ovificatrice del commando d’azione di solito non si placa dopo aver colpito il malcapitato, ma, come un diavoletto della Tasmania in preda al suo raptus post orgasmico, colpisce chiunque gli si pari dinanzi nei momenti successivi, fino all’esaurimento della scorta di munizioni. In questo caso, si salvi chi può. Ci sentiamo infine di dare un consiglio a tutti gli omaccioni che vogliano trascorrere il martedì grasso in abiti femminili: Attenzione! Stiamo parlando di uno dei travestimenti più pericolosi che esistano. Non tanto per i rischi intrinseci, ma per il barbaro rituale che segue: la visita ad uno dei luoghi di passeggio con discesa del travestito dalla macchina. Ebbene, è ora che qualcuno lo dica una volta per tutte: SE SCENDETE, VI LASCIANO LÁ! E se tengono assai cazzimma, non vi vengono più a prendere e dopo avete voglia di votarvi a Platinette, vi scommano di sangue!

lunedì 17 dicembre 2012

Aridatece Mario!

In questi giorni volgono al termine le ennesime serie di “Squadra Antimafia” e “RIS”,che fanno il paio con le “Squadre” e i “Distretti di polizia” del passato. Azione, intrighi, ogni tanto qualche zizza e, soprattutto, sparatorie a profusione, fanno di queste serie un must per chi passa le sue serate a casa. Le trame sono una continua lotta tra il bene e il male e proprio gli scontri a fuoco si contrappongono ai lieti finali che (quasi) sempre chiudono le singole puntate. Ecco, proprio di questo vogliamo parlarvi. Prendiamo una scena qualunque di una di queste fiction ed esaminiamo la fase della sparatoria: il boss in persona, coi suoi più stretti collaboratori, in pieno giorno, giacca e cravatta, fa irruzione con camminata decisa in un luogo qualunque, MA……ad un certo punto intervengono le forze dell’ordine, che avevano capito tutto, e parte una carneficina da antologia. Innanzitutto tutti i malviventi, in rigoroso completo della festa e con una misera rivoltella in mano, sono stati addestrati in campi talebani perché, ad ogni colpo sparato, corrisponde almeno un morto tra le forze dell’ordine. Dal canto loro i poliziotti, pur scaricando coi loro mitra una riserva di munizioni buona per una riedizione del Vietnam, non riescono a colpire nessuno, fatti salvi un paio di sgherri minori di importanza pari a zero ma, soprattutto, vengono trapassati da proiettili come se i loro caschi e giubbotti antiproiettile fossero di ricotta. Nella prima puntata,possibilmente, uno dei colpiti a morte è un protagonista storico della serie,mentre almeno un altro viene sparato in testa, va in coma e, ammesso che non ci passi tutte le puntate per risvegliarsi all’ultima, diventa il cliffhanger per la stagione successiva. Non una lacrima o uno strepito sui morti non protagonisti, neanche la possibilità di una vaga agonia, tutti morti sul colpo, nessun funerale e, in generale, l’oblio quasi istantaneo. Poco pathos, dunque,e pochissimo dialogo tra i protagonisti, se si esclude il piagnisteo finale della prima puntata. Ma questo a noi non va bene. Noi siamo stati abituati in un altro modo, a  noi piaceva Mario Merola. Come dice il poeta: "la penna ferisce piu' della spada". Mario, inconsapevole fautore di questa massima, ha sempre lasciato che fosse la sua favella a colpire prima e meglio del mitico papagno a mano aperta.
Nei film del mito intramontabile non c'è lotta che non sia annunciata da sguardi astiosi ed interminabili ed obnubilanti discorsi di mezz’ora su valori universali quali l’onore,il rispetto e il buon nome della famiglia. Il malamente e' colpito dell'umiliazione pubblica d'essere messo all'indice da Mario, soffre nell'udire le sue canzone strappalacrime e muore a causa della sua incapacita' di piangere. I proiettili, forti delle iastemme di Mario, possono compiere tutti i prodigi necessari all'eliminazione del malamente. Essi sono quasi lanciati dalla pistola del mitico Mario che la brandisce come fosse un martello e spara come se stesso accoltellando qualcuno. Ovvero accompagnando il proiettile col movimento della sua mano ed incattivendo il colpo con la sua migliore espressione di odio bovino. I proiettili, a quel punto, sono pronti a tutto. Sfidano l'oscurità', viaggiano per km, aggirano gli angoli e uccidono sempre l'avversario di Mario. 
In pochi hanno saputo riconoscere la grandezza espressiva dello stile di Mario.  Ricordiamo, tra gli intramontabili, I “Cavalieri dello zodiaco” che univano alle discussioni interminabili un'ignoranza in mitologia che avrebbe potuto imbarazzare anche Lui. 
Ma il meglio dell'ermeneutica da sceneggiata pugnace, lo si raggiungeva con Mario vittima dell’agguato. La scena del ristorante di “Serenata calibro 9” è uncapolavoro assoluto: prima la festa (‘a comunione d’o piccirillo), poi Mario viene invitato a cantare una canzone (e chi se l'aspettava), quindi irrompono sulla scena i criminali mascherati, (ahimé alla fine dell'esecuzione) sparano all'impazzata e fuggono con una capriola degna del miglior Klaus Dibiasi. Il capolavoro finale è bello che servito, con nuova canzone strappalacrime cantata dal Nostro, mentre abbraccia moglie e figlio, uniche vittime di una sparatoria da 568 colpi. Il sentimento, appunto, ed anche il piagnisteo. Il tutto condito da quell'irrealta' palpabile, dalle canzoni a fronna ‘e limone, dove nessuno muore senza avere prima il tempo di un ultimo struggente addio. Struggimento contro effetti speciali, finzione scenica contro realtà. Se volevamo la realtà mica la accendevamo la TV? 
Le vette inimitabili meroliane purtroppo non sono state più raggiunte. L’erede designato Gigi D’Alessio, dopo aver minacciato di morte Giorgio Mastrota in “Cient’anne”, ha virato cambiando genere e il buon Karim Capuano ne “Il latitante” è riuscito a smuovere il nostro sentimentalismo solo dal piloro in giù.  Come si pretende allora che ci si possa affezionare a delle fiction veloci e ricche di azione? Impossibile! Dateci fermo immagine lunghissimi, lunghi monologhi vis-à-vis in salsa truce, canzoni disperate con vibrati forti al punto da far scattare i sismografi esaremo tutti incollati davanti alla vostra fiction. Insomma, aridatece Mario Merola…

mercoledì 28 novembre 2012

Ode all'errequattro

Napoli è una città ricca di mistero, di esoterismo e di altre cose quequere di varia forgia. La cappella Sansevero col suo Cristo Velato è uno dei simboli della Napoli occulta, come la chiesa delle cape di morto e la grotta di Maria Cristina. Un simbolo evidente del rapporto dell’antica partenope col mistero è tuttavia sottovalutato. Nulla al mondo può competere con l’alone di mistero che circonda questa entità, ne regola le funzioni vitali e ne gestisce la manutenzione. Stiamo parlando dell’errequattro. Si, proprio di un pullman. Tutti gli autobus di questo mondo prima o poi si scassano, saltano qualche corsa o vengono bloccati da un evento inaspettato. Tutti. Ma uno solo di loro in tutto il pianeta può subire ognuno di questi imprevisti almeno tre volte al giorno per tutta la sua vita utile: l’errequattro. Non esiste manifestazione, concerto o inaugurazione di negozio di abbigliamento che si svolga in centro, che non comporti l’improvviso blocco delle corse del nostro eroe. Erreuno, duecentouno e tutti i loro colleghi continuano a passare , seppure a singhiozzo, ma lui no. Finisce fermo chissà dove e non si muove più. Ma l’errequattro ha un’altra caratteristica peculiare: sparisce. Sparisce nel senso che davvero non si trova più, non si sa che fine faccia. Tu lo vedi bellino e stracolmo (e ci credo, non passava da sei ore) che se ne scende per Via Toledo, ti aspetti di trovarlo che risale per Via S. Anna dei Lombardi e invece no, nel giro per Via Medina lui sparisce inghiottito da qualche buco nero e non risale più, lasciandoti a piedi in omnia saecula saeculorum. Non c’è ancora una teoria scientifica accreditata che possa spiegare il fenomeno e pare che nemmeno la chiamata a “Chi l’ha visto”abbia fornito i risultati sperati. Tuttavia, il mistero ci affascina e, così come Giulio Verne fu rapito dal mito di Atlantide inghiottita dal mare e ne scrisse a riguardo, anche noi abbiamo voluto omaggiare il mito dell’errequattro inghiottito da Piazza Bovio ed abbiamo voluto dedicargli questa ode.

Un giorno, del pericolo sprezzante,
decisi di recarmi a Piazza Dante.
Pensai “già che ci sono e che sto qua”
Mi allungo fino a piazza Carità

Recammi lesto presso la fermata
Convinto di un’attesa risicata
Cercavo all’orizzonte l’errequattro
Speravo comparisse quatto quatto

Ma dopo una mezz’ora d’inazione
avendo ormai imparato la lezione
in barba ad anni d’inattività
Con Gambe in spalla, presi a camminar

E mi avviai con faccia tetra e scura
percorso da rimorsi e da paura
Credetti d’essere preda di magia
Trovare il bus divenne mia mania?

Raggiunta la mia meta in tardo orario
Coi piedi in fiamme e il culo refrattario
Decisi di tornare stanco morto
Sperando ancor nel mezzo di trasporto

Percorsi pochi metri a passi forti
Ed intravidi a piazza Matteotti
Un erre quattro pieno a scatoletta
diretto a piazza Bovio senza fretta

Pensai, povero illuso, “lo intercetto!”
“Mi faccio il giro lungo e poi risalgo”
Mi ridestai “è meglio se lo aspetto”
“dall’altra parte vado e me lo prendo ”

A correr disperato mi affannai
Tagliando verso Via Monteoliveto
Sperando di evitare gli altri guai
E almeno che a salire fosse voto

Pronto a ogni possibile evenienza
Mi riscaldai sgranchendomi le mani
E mi misi in posizione di partenza
Nemmeno fossi ai cento metri piani

Dopo qualche minuto in vana attesa
Assieme a una signora con la spesa
Mi avventurai all’incrocio a Via Medina
nel mezzo della giungla cittadina

Ma quale sortilegio mi ha colpito?
Mi chiedo, il pullman dove sia finito?
Che ci sia un varco interdimensionale
O un fosso, una voragine stradale?

Quell’errequattro porco e maledetto
Perduto si era a Piazza Municipio
“adesso me ne vado”, uno mi ha detto
invece io non mi muovo per principio

Anzi, ci ripenso, e ora mi sposto
E gli sovvengo incontro in senso opposto
Per questo mi giurai“comunque vada
Lo trovo e lo riporto alla sua strada”

Purtroppo non ci fu nulla da fare
Dopo mezz’ora smisi di girare
Quel bus era svanito in pieno giorno
Lasciandomi anche a piedi pel ritorno

Provai ad informarmi:“Brigadiere?”
“Per caso un errequattro avete visto?”
“Guagliò tu tieni voglia di pazziare,
guardate che domande me fa chisto”

Cercai con il supporto della scienza
Le cause di cotanta sparizione
Mi misi ad indagare con pazienza
Cercando qualche manifestazione

Speravo infatti che i disoccupati
Avessero bloccato qualche via
Sognavo gli errequattro parcheggiati
Indietro a scioperanti e polizia.

Invece nulla, manco un dissidente
Nemmeno una voragine sul posto
soltanto qualche cicinquantasette
che sale per Via Roma di nascosto.

Ormai sarà passato qualche anno
E ancora non ho pace per quel giorno
Mi fanno male i piedi a mo’pe’ tanno
Ormai non giro più per lloco attuorno

Un tarlo grande come il garittone
Contorce la mia mente ogni due ore
Ti prego, ora rispondimi erre quattro:
Quel giorno tu che cazzo ‘e fine hai fatto?

mercoledì 14 novembre 2012

Sepsa, drugs and rock'n roll


La metropolitana di New York ha quasi 370 km di tracciato e 26 linee che la compongono; quella di Londra addirittura 460 per 13 linee e serve miliardi di passeggeri ogni anno con elevatissima frequenza delle corse, quella di Napoli ha 6 linee esistenti e 4 in costruzione (almeno in teoria) ed un numero imprecisato di stazioni e chilometri di sviluppo, che cambiano ogni giorno, in funzione dei resti romani che vengono scoperti nel sottosuolo. In pratica, troppi galli a cantà e nun schiara mai juorno…..in questi giorni, l’indice è puntato su Cumana, Circumflegrea e Circumvesuviana, vittime di ritardi, guasti a ripetizione, scioperi a sorpresa, deragliamenti e altri disastri, che rendono il loro (dis)servizio una continua sorpresa. Ma se Sparta piange, Atene non ride e così anche il trasporto su gomma è l’equivalente a 4 ruote della pietà del Michelangelo. La realtà è che non si sa nemmeno bene la colpa di chi sia: Sepsa, Circumvesuviana, EAV, Metronapoli e Comune, si rimpallano le responsabilità dei disservizi e, soprattutto, sono tutti senza l’ombra di un quattrino. La Comunità Europea, conoscendo i suoi polli, ci pensa mille volte prima di erogare qualsivoglia finanziamento e così autobus e treni rotti finiscono parcheggiati nelle rimesse, perché mancano i soldi anche per i ricambi più piccoli. Come fare allora per risollevare le sorti del sistema di trasporto su gomma napoletano? La soluzione ce l’abbiamo noi: sublimiamolo, surroghiamolo, anzi: ELIMINIAMOLO! Come dite? Un attimo, un attimo, lasciateci almeno il tempo di spiegare. Avete presente il nostro amico Vesuvio? 
Ecco, immaginate una bella eruzioncina di quelle simpatiche e osservate bene la lava come scende a valle, sfruttando la forza di gravità e scegliendo sempre la strada più agevole. Ecco, il nostro nuovo sistema di trasporto pubblico dovrebbe essere come quella colata lavica. Mettiamo il nostro bel “cratere” (chiamiamolo così, in modo da far vedere che siamo bravi anche col marketing) dove c’è il Cardarelli, e trasformiamolo in un enorme stazionamento di rollerblade collettivi (minimo 10 posti). Si, esatto, proprio i rollerblade, nati per sfruttare l’abbrivio dato dalle pendenze e lanciare i napoletani giù in posizione aerodinamica verso il lungomare. Mettiamola così: vi trovate in zona rione alto e dovete andare al lavoro a Piazza Carlo III. Invece di prendere la macchina o sudare 77 camicie alla ricerca del pullman perduto, vi fate quei 200 metri a piedi, calzate il vostro rollerblade comunitario guidato dai sapienti ex-autisti ANM addestrati all’uso, e vi lanciate come Tomba giù per i Colli Aminei, quindi per i Ponti rossi (qua il tracciato si fa tecnico) e, in pochi minuti e dopo aver allenato il vostro fisico, sarete seduti dietro la vostra scrivania. E poi, dal Cardarelli potrete arrivare al Vomero, a Chiaiano, Marianella, Piscinola, al Centro e, se vi va di fare un po’ di mezzofondo, anche a Fuorigrotta e Posillipo. Ecco, proprio a Capo Posillipo potremmo piazzare un “cratere” che consenta all’utenza di raggiungere il lungomare, Bagnoli, Coroglio, mentre la parte est della città con Stazione, Aeroporto, Cimitero e zona industriale, verrebbe coperta dal “cratere” di Piazza Capodichino, mentre Pianura, Soccavo e zone limitrofe sarebbero servite dal cratere dell’eremo dei Camaldoli. Come finanziare il progetto, direte voi. Bene,  prendiamo tutti i pullman in circolazione e vendiamoli.  Si, vendiamoli, tanto non serviranno più, e monetizziamo il più possibile. Con quei soldi, prendiamo una bella area dismessa della zona industriale, e ci impiantiamo una fabbrica municipalizzata di rollerblade (anche singoli, per stimolare la mobilità sostenibile presso i cittadini) da rivendere anche all’estero, una volta lanciata con successo l’idea. Il personale avanzato dalla riconversione verrebbe istruito a guidare i rollerblade di massa, a fare manutenzione e eventualmente spostato in fabbrica, quindi non si perderebbero posti di lavoro. Anzi! I siffatti rollerblade non sono certo facili da guidare, e le discese di Napoli hanno i loro bei punti critici. Questo diverrebbe lavoro per le imprese edili, impegnate a costruire chicane di rallentamento un po’ ovunque, e per le imprese funebri, impegnate a smaltire i resti di chi ci è rimasto nei tornanti di Via Morghen. E poi, la selezione naturale operata dai curvoni di Via Tasso, significherebbe molto lavoro per ospedali, policlinici universitari, medici generici e specialisti, schiattamuorti e, soprattutto, tanti nuovi contratti a giovani disoccupati che andrebbero a sostituire chi non ce l’ha fatta. Quando il costo del biglietto avrà ripagato le spese iniziali, si potrebbe addirittura mettere in pratica l’intermodalità del trasporto pubblico, installando dei punti di partenza per deltaplani collettivi a S. Martino, Capodimonte ed a Via Caldieri, con tutto il cratere dei Campi Flegrei a disposizione per chi al lavoro vuole andarci godendosi il panorama. Tutto ciò, senza pensare alla possibilità di rivendere ai turisti più spericolati un tour fenomenale e agli utenti abituali che necessitano di fermate intermedie, dei fantastici paracadute monouso rigorosamente municipali. Tutto, ovviamente, da costruire, manutenere e gestire autarchicamente nel capannone affianco a quello dei rollerblade, più semplice di così……
Come dite? Come facciamo a ritornare a casa dato che c’è la salita? Beh, capisco l’entusiasmo, ma non esagerate adesso, in fondo vi abbiamo già risolto il problema dell’andata....


(Illustrazione a cura di Daniele Rossi. Per Info: kt-s@hotmail.it)

domenica 21 ottobre 2012

La scuola espiatoria

Che siate andati a Scuola nel profondo Nord, in uno scantinato di Forcella, in un Trullo o dentro un Nuraghe, la metà dei vostri insegnanti erano meridionali. E quasi sicuramente almeno uno veniva da Napoli.
C'è da capirli i leghisti quando li vogliono rispedire a casa.
Non solo sono terroni, ma vogliono pure insegnargli qualcosa. La ricetta perfetta per ridurgli l'elettorato.
La categoria degli insegnanti è una categoria meridionale. Per questo ne parliamo.
Indi, maestri del Nord, rassegnatevi. Anche se avete natali a Vigevano, se non avete mai esercitato sotto il Piave e neanche sapete cos'è la “rucazione”, entrando nella categoria degli insegnanti siete divenuti meridionali.
Non ci credete?
Ora ve lo provo.
Quando i giornali parlano di voi, è perché uno di voi si e' macchiato di crimini: sevizie ai minori, percosse d'infanti, furti di merendine. Qualunque cosa capiti all'interno della classe è sempre rigorosamente colpa di un maestro o al piu' di un direttore. Che è comunque solo un mastro che s'illude d'aver fatto carriera.
Se è un ripetente di 90Kg a rompere un dente al compagno, questo non giustifica la colpevole inazione della maestrina che arriva a 40kg col cappotto.
Ma ora arriva il bello, perché se una volta il docente che metteva un'insufficienza all'alunno causava un brutto quarto d'ora allo studente, ora rischia seriamente di causarlo a se stesso.
“Mio figlio è un genio”. E' questo il concetto che aleggia inattaccabile nella mente dei genitori, con la forza dogmatica di una rivelazione mariana. Le ore che il discolo passa davanti allo schermo e la sua incapacità di esprimersi con frasi più lunghe di un monosillabo, non possono scalfire la fede del parente.
Se il 'criaturo' ha preso 4 la colpa è chiaramente dell'insegnante. E non bisogna credere che siano solo bruti insensibili e con precedenti penali, abili ad esprimersi solo con le nocche, a far proprio questo atteggiamento. Invece donne distinte ed impellicciate con binocoli da teatro nella borsetta, sono pronte a giurare che la progenie passa le notti a studiare. Perché e' questo che pensano faccia il figlio quando guaisce di notte chiuso in camera davanti al PC.
Le stesse signore per bene sono poi prontissime a denigrare la Scuola perché non abbastanza selettiva. Quindi il maestro se boccia sbaglia, ma se promuove e' causa di tutti i mali del paese.
E la meritocrazia dove la mettiamo?
In Italia non c'è da nessuna parte, proprio a Scuola la volete mettere? Ebbene sí, la vogliono mettere li.
Generazioni di notai che si scambiano la carica di padre in figlio e politici che fanno nominare mogli, mariti ed amichette, non scandalizzano quanto l'insegnante che lascia promuovere il delinquente che gli ha tagliato le gomme dell'auto.
Ecco che l'indice della società si abbatte su di voi spietato. Gli sprechi, la mancanza di meritocrazia ed anche l'evasione fiscale. Infine abbiamo trovati i colpevoli.
Eh no direte, anche l'evasione fiscale, no.
Ed invece si miei cari. Avete dimenticato quando pagavate migliaia di euro per frequentare una Scuola di specializzazione rivelatasi utile come una macchina per affilare il burro? Vi ricordate come pagavate la retta? Le serate infinite a dare ripetizione per dei miseri 10-14 euro l'ora.
Voi non ci crederete ma i 100 miliardi di evasione in Italia vengono da li. Non dalle scatole cinesi con sedi alle Cayman, ne dalle cliniche che fatturano come robivecchi, neanche dall'attività della Mafia. Tutto dipende dalle lezioni private non dichiarate. La crisi viene da lì.
Per questo gli insegnanti meritano ogni sorta di punizione ed umiliazione la fantasia dei ministri possa immaginarsi.
Soprattutto se sono giovani, specialmente se sono preparati, particolarmente se si tratta di donne.
“Lavorare in meno, lavorare gratis” questo e' il motto alla base di qualsiasi riforma stia per esservi propinata.

http://alwaysinfun.blogspot.nl/2012/06/funny-teacher_14.html

Verificato e corretto da Vera maestra italiana