martedì 11 febbraio 2014

10 segnali per capire che vi siete fidanzati “alla napoletana” – Parte prima


Si avvicina turpemente la lugubre ricorrenza di S.Valentino, che obbliga tutti gli innamorati e fare pubblico sfoggio del sentimento che li lega, buttando dalla finestra vagonate di soldi che potrebbero essere stati tranquillamente spesi meglio, invece che in frivolezze e festeggiamenti. Ad ogni modo, obblighi a parte, quello che ci interessa è il fidanzamento alla napoletana, quello vero, quello che rovina intere famiglie, quello che prevede la partecipazione attiva dei parenti fino all’ottavo grado, quello che si consuma “in casa”, insomma quello che può esserci solo a Napoli. Ma quali sono i segnali che possono farvi capire che state vivendo un tragico fidanzamento “alla napoletana”? Eccovi un rapido elenco che potrà aiutarvi a comprendere in quale guaio vi siete cacciati:


1)      Dopo 40 secondi netti dal primo bacio, vi ritrovate già in casa di lei a parlare con vostro suocero.

Non avete ancora terminato di ravanare tra le labbra della vostra amata, che già siete seduti al tavolo del salotto di vostro suocero (che poi è anche la camera da pranzo e quella da letto, se siete in un vascio), il quale vi fa più o meno il terzo grado dispensando pacche sulle spalle. Non importa considerare che eravate entrambi ubriachi e che speravate di usare la vostra novella compagna come mezzo per insaponarvi la cugina, ormai è fatta. Ah, non badate al cartoccio di paste che vi siete ritrovati in mano, le nubende sono solite procurarsene uno con mezzi che farebbero impazzire il più ostinato dei Giacobbo…..


2)      ‘a fedina

Il vostro suocero sta già blaterando sul suo piacere di conoscervi mentre voi State solo aspettando che compaia il cartello di Scherzi a Parte per tirare un sospiro di sollievo quando la vostra amata comincia a chiarire che lei l’anello lo preferisce di oro bianco perché è bionda (pittata, ma non è il caso di essere pignoli). Il segnale è chiaro ed inquietante: l’acquisto della fedina va assolutamente perfezionato, affinché si ufficializzi la vostra relazione. Il fatto che voi questa relazione non la volevate nemmeno non conta più, adesso c’è solo un sigillo da applicare al vostro amore per cui, senza sapere come, vi ritroverete nottetempo in un sottoscala del centro storico, dove l’amico ricettatore di vostro cognato vi aspetta per incidere il nome vostro e della vostra amata su quei cerchietto di materiale pregiato. Un solo consiglio, fate parlare lei al momento dell’incisione, specie se il nome no gliel’avete ancora chiesto


3)      Il destino toponomastico dei vostri figli è già segnato.

A stento ricordate il cognome della vostra fidanzata, eppure già lei immagina di chiamare il vostro primogenito col nome dello gnoro. Non stupitevi se, pur di potare a termine il piano criminoso, è disposta a storpiature clamorose, l’ordine costituito va rispettato a qualunque costo. Quindi vi toccherà fare un numero imprecisato di figli (pecchè sinò nun site bbuono) e di chiamarli, nell’ordine, come: vostro padre, vostra madre, vostro suocero, vostra suocera, tutti i parenti morti prima del tempo in ordine decrescente in funzione del grado del legame, tutti i parenti dispersi, amici d’infanzia morti, animali da compagnia e così via. Poco importa se il rispetto delle consegne non collima col sesso dei vostri figli: Aniella, Concetto, Salvatora e Anno capiranno…..


4)      La vostra fidanzata vi chiama già ripetutamente ed in pubblico “amò”

Siete ancora sotto choc, la nonna della vostra fidanzata vi sta porgendo un caffè d’ordinanza, rigorosamente sciacquato, e già la vostra donna si profonde in arditi “amò, aspetta dduje minuti ca mo’ arriva pure fratomo Geretiello, amò, haje capito, amò?”, del tutto incurante delle ripetizioni e delle ridondanze. Siete in trappola: “amò” è uno dei segnali più atroci del fatto che il vostro legame, per quanto ancora inesistente, è diventato forte come un nodo di cravatta. “Tesò” ancora vi avrebbe concesso una speranza di salvezza, “amò” è la vostra condanna.


5)      Vostro suocero vi prospetta un appuntamento in piazza per un caffè

State sciorinando il vostro curriculum seduti sulla poltrona in similpelle mentre le chiappe vi sudano come quella volta a Formentera sulla spiaggia nudista, quando vostro suocero, che coglie l’occasione per invitarvi a chiamarlo “o gnò”, vi prospetta la volontà di incontrarvi in piazza per un bel caffè al bar. È un segnale quasi catastrofico. Sappiate che non berrete mai quel caffè, anzi. Il vostro novello gnoro vi inviterà a salire in macchina e vi scarrozzerà velocità folle in tangenziale facendo minimo 4 volte Corso Malta-Pozzuoli e ritorno mentre, con lo sguardo spiritato e torvo vi ripeterà frasi minatorie per scoraggiare ogni vostro tentativo di ferimento della sua amata figliola. Se vi va bene, ve la caverete con un sibillino “chi rompe paga” o con un languido “guagliò, statte accorto!”. Se vi va male, ‘o gnoro caccia ‘o fierro e a quel punto vi conviene stare zitti….


Giunti a metà del nostro cammino, pensiamo sia il caso di fermarci per un attimo. Sappiamo che chi sta piano piano rivedendosi nel nostro racconto, starà iniziando a percepire i segni di un leggero malessere, quindi preferiamo non infierire, almeno per ora. Per questo, adesso sedetevi, prendetevi un bel bicchiere di te caldo e non pensateci più, tra qualche giorno continueremo con gli altri cinque segnali. Rilassatevi, ma non troppo: il meglio (o il peggio) deve ancora venire!

giovedì 30 gennaio 2014

Gigin Hood alla riscossa!

Tutte le città più importanti del mondo hanno il loro supereroe: un uomo senza macchia e senza paura che si aggira di notte a combattere con ogni mezzo il crimine, sfruttando le immense ricchezze familiari per finanziare a fondo perso la sua missione. Gotham City ha Batman, Metropolis ha Superman, Paperopoli è ingolfata a dir poco dai vari Paperinik, Paperinika, Paperbat e via discorrendo. E Napoli? Proprio una città con questo popo’ di storia non può permettersi un supereroe? È proprio qui che vi sbagliate, cari lettori! L’antagonista partenopeo delle forze del male è già tra noi, e sta  conducendo la sua battaglia per ridarci una Napoli felice come ai bei tempi. Come dite? Non sapete di chi si tratta? Ma come! Il nostro supereroe è colui che siede al posto di comando: l’impavido Gigin Hood! Da quando occupa il suo scranno, grazie al potere dell'Ordinanza Sindacale, è lotta aperta contro due nemici storici di Napoli: traffico e monnezza. Il nostro Gigin Hood, balzando di notte da una copertura in eternit di Ponticelli alle rovine della Città della scienza, ha spennellato tra le vie cittadine una lunga serie di baffi rossicci con della segnaletica sopra, regalando alla città una pista ciclabile in grande stile. Fosse stato un fan di Giotto, Gigin Hood avrebbe spennellato con coerenza, ma siccome gli piace Picasso, le pennellate hanno quel non so che di astratto, che rendono impossibile l’utilizzo della pista a tutti coloro che non siano dotati di teletrasporto. Ma la battaglia del nostro eroe non si è fermata lì: il centro storico era stracolmo di autovetture e di altri automezzi? Bene, ora non lo è più, grazie alla ZTL. La parte storica della città e le sue zone commerciali ora sono libere dal traffico e possono essere raggiunte solo coi mezzi pubblici. Certo anche i mezzi pubblici inquinano e così via anche quelli. D'altronde i supereroi accorciano le distanze con la super-velocità od i gadget di alta tecnologica (tipo l'auto blu) e non hanno bisogni di questi autobus inquinanti. Ma parliamo della monnezza? Dimenticate i cassonetti stracolmi e le montagne di rifiuti abbandonati a bordo strada. Basta così poco per fingere che non ci siano piú, un potere telepatico alla portata di tutti. Una 'ntecchia di concentrazione in più è richiesta agli abitanti di Giugliano e simili, che devono avere a che fare con l'olezzo nauseabondo. Ma mi raccomando di non strafare con i poteri obnubilanti, perché la tassa sulla spazzatura, quella dovete ricordarvela. 
Dopo aver testato i suoi poteri su obbiettivi "facili" Gigin Hood si sento finalmente pronto a flettere i suoi supermuscoli contro il più grande problema della Città. No, no si tratta della Criminalità organizzata. No, neanche del debito gargantuesco che minaccia i servizi della Città. Un po' più di fantasia Gigin Hood ha messo nel mirino il più terribile nemico del bene pubblico, roba da far tremare i polsi a Superman e forzare Batman a rintanarsi nella caverna cercando la mamma. Si parla, ovviamente, della cacca dei cani. Da oggi ci sarà addirittura una task force impegnata giorno e notte e scovare i cagator scortesi che oseranno imbrattare con i loro prodotti le camminate della nostra città. Sapientemente infiltrati negli ambienti di malaffare, i nostri eroi al soldo di Gigin Hood scoveranno beagle diarroici, alani stitici e levrieri indigesti, provvedendo immantinente a multare gli sprovveduti accompagnatori dei suddetti. E nel caso la cagata venisse trovata in forma anonima? I nostri eroi della task force provvederanno all’istante a prelevare un tocco del pasticciotto e portarlo ai RIS i quali, grazie alle più moderne tecnologieriusciranno in poco tempo a stabilire il legittimo proprietario della deiezione. Eh si, perché Gigin Hood ha avuto la geniale idea di obbligare tutti i proprietari di cani a schedarli ed a fornire il DNA, in modo da rendersi sempre identificabili. Ebbene si, da oggi in poi i deretani canini saranno identificati ed archiviati! Che poi, a pensarci bene, è lo stesso tipo di schedatura ed archiviazione che di solito viene riservata ai culi delle veline su ogni hard disk di provenienza maschile.
Così, da oggi, il turista che ammira i cornicioni dei palazzi di via Toledo, non dovrà più passare il pomeriggio a ravanare nei solchi delle sue suole e lo scippatore che lo borseggia, non correrà il rischio di scivolare sull'infausta deiezione, perdendo il frutto della sudata fatica. Anche qualora il misfatto non si possa evitare, allo sfortunato spacciatore che trovasse un ricordino sgradevole attaccato alla ruota della Mercedes, resterà lo sfizio di poter saper multato il pericoloso scagazzatore stradale. 
Ed allora bando ai disfattismi sterili, con le suole delle scarpe linde e pinte i napoletani potranno correre molto più veloci. Riusciranno a tenere testa al ritorno in auge della Criminalità (i poliziotti sono tutti impegnati ad arrestare i padroni dei cani) ed a sfuggire alla furia dei creditori (questi test del DNA costano). Ed anche Gigin Hood potrà godere dei vantaggi di questo insperato sprint onde sfruttare al meglio la sua super velocità. Visto che presto, ne siamo certi, ne avrà molto bisogno.

venerdì 17 gennaio 2014

Il Boss dei Mercimoni


Abbiamo provato a fare finta di niente. Ci sembrava di aver già sfottuto abbondantemente il settore matrimoniale sul nostro libro nel capitolo O' sposalizio, che i più fedeli tra voi rammenteranno. Eppure, potevamo non notare la suocera che si addobba con un leopardato viola per far pendant con il corredo della camera da letto? Avremmo dovuto tacere delle serenate neomelodiche che coinvolgono tutto un rione? Potevamo guardarci di nuovo allo specchio, soprassedendo sulla suocera che si dibatte col ueddinflauer per il diritto ad una renna fosforescente sul tavolo della sposa?
No, non credo.
Se non l'avete ancora capito parliamo del mitico programma in onda su Real Time: “Il Boss delle Cerimonie”. Chi ha visto l'originale serie americana sui matrimoni zingari non avrebbe mai pensato che potesse esistere qualcosa di ancora più triviale e primitivo. Evidentemente non solo esiste ma non è neanche tanto lontano. Lo show è basato sul contrasto tra due elementi. Sale sfarzose con addobbi rococò che il Re Sole stesso avrebbe ritenute eccessive, invase da orde di selvaggi che terrorizzerebbero Attila in persona.
Si comincia con una panoramica della villa dove si svolge la “cerimonia” (da intendere nel senso partenopeo di esagerata riverenza). La voce della speaker, abituata a commentare gli spot degli assorbenti con le ali, lascia subito trapelare una sottile vena sarcastica. Segue la presentazione del boss della Villa. Uomo di poche parole (almeno in italiano), che sovrintende dall’alto e riceve ospiti manco fosse il Papa, e che non disdegna la catenozza d'oro su delle camicie di seta cosi zammare che riuscirebbero a trasformare Rodolfo Valentino in Mimmo Dany. Uno stile che noi non vorremmo definire “da camorrista”, ma che definiremo “alla Mario Merola versione moderna”, che poi è la stessa cosa.
Questo losco figuro lascia il palco al genero Matteo, ben vestito ed educato e con un nome talmente musicale rispetto al contesto, da far sospettare che si tratti di uno pseudonimo. È lui l'antieroe del dramma, l'unico della serie che riesce a mettere in fila due frasi complete in italiano con tutti i verbi giusti. Il suo contrappasso, per il terribile misfatto della conoscenza grammaticale, consiste nel dover discorrere con il parentume degli sposi su come organizzargli il banchetto più tamarro possibile. Inoltre gli tocca di fingere di non notare gli strafalcioni dei genitori i quali, inorgogliti dalla telecamera, si lanciano in improbabili declinazioni di verbi scovati la notte prima sul dizionario (“tutto va come prefisso”), e si esibiscono in parole straniere gongolanti di k come “Cokktèl” o latine (che poi per loro sempre straniere sono) come “magna pompa”, che lascia aperti interrogativi non di poco conto. Poca roba comunque di fronte ad una donna che si presenta come Mannaggment musicale (qualunque cosa significhi), e ad uno sposo dotato di un maglione che ricorda da vicino un saio francescano
Toccanti i tentativi di Matteo di limitare gli eccessi della coppia di sposi i quali non cederanno di un passo nelle loro assurde richieste. Il cibo è “peccato buttarlo”, ma deve sempre avanzare. I nonni vogliono una cerimonia sobria e naturale, per questo il viados che manipolerà gli invitati è meglio non operato e così via.
Finalmente la telecamera mostra pietà del povero Matteo e si concede un flashback sulla temibilissima serenata pre-nuziale. La sposa preferirebbe che il fidanzato andasse ad ingolfarsi di alcool in compagnia di qualche spogliarellista, ma lui si presenta puntuale umiliandosi davanti a tutto il rione guidato da un “cantante” neomelodico improvvisato. Pur di farlo zittire lei scende e lo bacia, anche per venti minuti, attirandosi le ire delle vegliarde della famiglia che trovano il gesto, di fronte a tutto il rione, troppo “compromettente”, nonostante lei sia incinta di due mesi.
Il programma si allunga per altri venti minuti, ma a quel punto il Prozac, che avevamo assunto dopo i primi fotogrammi, aveva già cominciato a fare effetto, facendoci perdere la performance di Mauro Nardi. Non senza rimpianti.
Ci teniamo a precisare, per i nostri amici del Norde, che non tutti i napoletani si sposano in tale maniera chiassosa e pacchiana. In realtà oggidí, la maggioranza dei Napoletani una cerimonia del genere non se la può permettere.
Nel corso della trasmissione aleggia mistero sui costi, malgrado gli zii dichiarino in un’intervista che per una cerimonia del genere “ci vuole un banco di soldi” e nostre fonti confermano che gli strozzini avrebbero già sequestrato il malcapitato cugino dello gnoro. Ad ogni modo, se lo spettacolo non fuga dubbi sull'annosa questione se i soldi possano comprare la felicità, di certo chiarisce che non essi non ci si può comprare neanche un briciolo di classe (tacendo della cultura). L'evidenza mostra che è possibile spendere un patrimonio, ma sembrare sempre dei morti di fame.

martedì 31 dicembre 2013

'O viglione

All'ombra del Vesuvio, ormai lo sapete, le tradizioni vanno rispettate sempre, contro ogni logica ed evenienza, contro ogni pudore e fino a farsi male. Per questo motivo, tutti i fortunati che avranno avuto la possibilità di sopravvivere al coma diabetico del trittico 24-25-26, saranno costretti ad industriarsi per passare al loro meglio il capodanno. Il problema, però, non sarà tanto come arrabattare un cenone, ma come poter passare un veglione memorabile, assurdo, da scolpire negli annali e da raccontare, esagerando qualunque cosa, a parenti ed amici per mesi. Chi si affida alla tradizione, non potrà che trascorrere le prime ore dell’anno nuovo a casa sua o di un parente, giocando in modo ossessivo e compulsivo per ore ed ore al gioco più temuto dai maroni degli astanti, perché ne provoca rigonfiamenti a pressioni mai sperimentate prima: la tombola. La questione, per chi si accanisce al tavolo da gioco, non sarà tanto il vincere quanti più soldi è possibile o limitare, eventualmente, le perdite. Il problema sarà difendere il proprio onore e quello della propria famiglia contro l’assalto portato dalla quarantina di emeriti sconosciuti che siedono allo stesso tavolo. Come dite? Cosa ci fanno 40 sconosciuti allo steso tavolo vostro? Beh, lo sapete, il concetto di famiglia qua a Napoli è molto più aperto ed avveniristico di quanto si possa immaginare. Fondamentalmente, trascurando la non remota possibilità di un nucleo fondato sugli accoppiamenti con membri della stessa tribù, qua si considerano parenti un po’ tutti quelli che si conoscono, per cui, quando andrete a cena dal vostro cognato Carminiello, non vi stupirà trovare, oltre ai vostri suoceri, alla moglie di Carminiello ed ai suoi figli, la sorella di sua moglie con marito e prole, il cognato ancora signorino e la cugina di vostra moglie, regolarmente accompagnata da sua figlia quindicenne prena, dal fidanzato disonoratore e prossimo sposino, dai di lui genitori, che non hanno mai visto prima la famiglia della nubenda, e che a loro volta portano in allegato la figlia più piccola e il cugino Vicienzo, che è solo, in quanto la moglie se ne è andata con un muratore algerino, che però teneva la Smart. Davanti ad uno scenario apocalittico come questo, come minimo i due futuri suoceri, che fino alla tragica sera del 23 in cui i ragazzi hanno confessato il misfatto, nemmeno sapevano della reciproca esistenza, dovranno combattersi a colpi di ambo, terno e carte del mercante in fiera, ben consci del fatto che la vittoria non varrà solo vile denaro, ma anche il prestigio e la sopraffazione sull'altro, ossia la facoltà di poter interferire maggiormente nella vita dei neosposi. Coloro i quali uniscono la tradizione alla squarciunarìa, non potranno che affidarsi ai tragicomici cenoni organizzati di Fantozziana memoria. E così, mentre Totor Melody massacra una canzone di Gigi D’Alessio che Peppe ha dedicato all'amata Concetta, tra un brindisi fuori luogo, l’ubriachezza molesta del 90% dei presenti e un improponibile spettacolo comico del grande Carmine Simpatia, si arriverà alla mezzanotte per gustare l’incredibile spettacolo dei fuochi, che costerà tre falangi ad uno dei nipotini, e proseguire nella sala da ballo, dove DJ Entzootch, star della musica house interregionale grazie ad una stagione al lido “Marebello” di Sperlonga, allieterà gli ospiti e i condomini dei piani superiori fino alle prime luci dell’alba, quando un blitz delle teste di cuoio porrà fine ai festeggiamenti. Tra coloro che mirano invece al festeggiamento trasgressivo, ci sono quelli che si sciroppano le feste di piazza (quest’anno niente concerto a Piazza Plebiscito), tornando a casta tumefatti per essere stati colpiti in fronte da una bottiglia lanciata durante il caunt-daun (countdown) e con gli arti assiderati dal gelo, quelli che si installano nel reparto rianimazione del Cardarelli con ustioni sul 56% del corpo e quelli che restano tutta la notte bloccati nel traffico, in 5 in una macchina 50, per poi finire in una traversa di Via Petrarca a guardare l’alba trattenendo a stento le lacrime. Ad ogni modo, la vera filosofia guida del veglione napoletano è quella dell’”amma scassà”, ossia dell’esagerazione su tutti i fronti. Non parliamo solo di coloro i quali coi loro acquisti del 31 sera si rendono responsabili dell’intero PIL colombiano, ma di tutti quelli che, in un modo o nell'altro, cercano di sorpassare ogni limite, specie quello della decenza, in nome del festeggiamento più efferato. Ecco così don Aniello rivendersi gli avanzi degli struffoli per comprare 100 euro di botte dai cinesi, in modo a poter sopraffare Gerozzo ‘o riggiularo, che da anni lo vessa scaricandogli sul balcone il suo arsenale comprato al mercato nero tra gli avanzi della guerra in Kosovo. Ma ecco anche donna Carmela, che si vanta da anni di avere una sorella ricchissima che vive ‘a Svizzera e che ha una mega villa direttamente ‘ngoppo ‘a neve e che quest’anno, cedendo alle pressanti domande di Cuncettina ‘a mpechera, che non le ha mai creduto, resterà chiusa una settimana nel più totale silenzio in casa sua, limitando le sue funzioni vitali al minimo pur di far credere di essere davvero partita per il Canton Ticino, salvo calarsi nottetempo il 6 gennaio con un trolley a tracolla per andare a piedi a Capodichino e prendere un taxi che la riporti in trionfo verso casa a mezzogiorno. In ultimo, ecco Ciro, Carmine, Genny e Totonno che sono in ritiro spirituale dal 29 sera ed hanno già consumato sedici confezioni di lacca a testa dopo aver comprato di contrabbando a 250 euro i biglietti per l’evento dell’anno: il grande veglione stratosferico che si terrà sulla spiaggia di Miliscola con ospiti i ballerini dell’Accademia della Salzemmerenghe di Casoria, il famoso Sasà, che ha fatto i provini per sette edizioni del Grande Fratello e le telecamere di CercolaTV Sat. Davanti ad un tale spiegamento di forze, la rivalità coi ragazzi del bar di fronte, sarà definitivamente risolta. Infatti quest'ultimi, per troppa leggerezza organizzativa, non sono finiti nel centro sociale con le infoiate darkettone (creature tondeggianti bardate di cuoio, che pretendono d'essere scambiate per vampire invece che per palloni da calcio), ma in quello per anziani devoti a San Crispino. E poco importa se i nostri eroi hanno pagato un sovrapprezzo del 300% perché il biglietto in realtà costava solo 30 euro, se gli ospiti a sorpresa erano talmente a sorpresa che nemmeno sapevano di essere attesi ed infatti non si sono presentati, e se alla fine sono stati pure cacciati perché Totonno, nel tentativo di insaponarsi una pulzella, le ha vomitato addosso lo zampone con tutte le lenticchie. L’unica cosa importante è che hanno scassato!

Fuochi d'artifico su Castel dell'Ovo a Napoli (Ciro De Luca)

lunedì 16 dicembre 2013

Oggi nun se trase!

Ogni anno, puntuale come sempre, arriva il mese di dicembre, e con esso il Natale, i regali, poi Capodanno e l'anno nuovo. Ma non solo. Assieme all'avvento, ogni anno arriva anche l'evento clou della stagione scolastica: la famigerata oKKupazione. Orde di studenti di tutta Italia, allo scoccare dei primi freddi si ridestano dal torpore, dimenticano ogni dissidio e si uniscono in un coro sterminato di protesta che, di solito, rivendica aspramente il diritto di poter fare ciò che nella restante parte dell'anno rifugge con ogni mezzo: lo studio. Lo studente napoletano non sfugge a questo costume tipico, tuttavia ha caratteristiche estremamente diverse da quelle degli alunni di ogni altra parte d’Italia e del mondo. Innanzitutto, presso i lidi partenopei, la vera stagione scolastica inizia a novembre con il suddetto mese di occupazione e finisce a fine aprile. In pratica si estende per tutto il periodo del cosiddetto “brutto tempo”, almeno dal punto di vista teorico. In pratica, il riscaldamento del pianeta, il prolungarsi della bella stagione e l’estendersi della fascia climatica equatoriale, stanno riducendo ogni anno di qualche giorno la stagione scolastica utile. D’altra parte, Napoli è ‘o paese d’O Sole e non vorrete mica che questi poveri giovini (anche se in alcune quinte di istituti tecnici si segnalano dei 34enni con 3 figli a carico e 26 anni di lavoro come solachianiello in curriculum) si sorbiscano ore ed ore di topografia, latino e francese, quando fuori per sei mesi all’anno c’è la possibilità di farsi un bel bagno? E comunque, se pure non si trattasse di un bel bagno, una partita di calcio al bosco di Capodimonte, una rattusiata in Floridiana o una manifestazione di supporto ai metronotte della Papua Nuova Guinea in sciopero, non la si nega a nessuno. Il problema fondamentale è solo fornire una scusa, nemmeno tanto plausibile, per fare il famigerato filone
A seconda delle zone e della disponibilità altrui, i filoni cambiano per scopo e per scelta. I più intraprendenti, coloro che provengono dall’hinterland e tutti quelli che si ritengono sicuri di non incontrare qualcuno che possa sgamarli, sono soliti dirigersi verso il centro o verso il Vomero per concentrarsi sullo shopping. Ecco così spiegata l’orda di giovani ragazzine e ragazzini che popolano i negozi di scarpe ed abbigliamento nelle ore mattutine, alla ricerca di un nuovo paio di lacci da mettere sulla proprie Converse o nella speranza di essersi guadagnati un minimo di sollazzo grazie ai preziosi consigli dispensati all’amica nel negozio di intimo. Tra quelli che cercano lo svago, a seconda delle zone di provenienza, ci sono coloro che si dirigono verso i parchi cittadini in compagnia, per strepitosi tornei di “a sette si schiaccia”, o in coppia, per qualche rattimma ammacchiata tra i cespugli. Non c’è sabato tardo primaverile che non veda il Bosco di Capodimonte, la Floridiana, la Villa comunale o il Parco Virgiliano pullulare di 16-20enni alle prese con palloni, abbronzatura e altre pratiche, in un contesto dove si può tranquillamente agire alla luce del sole, in quanto difficilmente, se pure qualcuno dovesse vederli, potrà riferire la cosa, perché avrà a sua volta qualcosa da nascondere…

I filonisti meglio organizzati sono auto o scooter muniti, pianificano dal lunedì la scampagnata, raccolgono sempre non meno di cinque-dieci adesioni, calcolano al millesimo i tempi necessari per gli spostamenti, scelgono accuratamente la destinazione del viaggio e riescono a ridurre le spese (rigorosamente divise tra gli occupanti del veicolo) all’osso o comunque fino a far avanzare gli spiccioli necessari per mandare una cartolina da Sorrento al professore di italiano, ancora imbufalito per il compito saltato. 

Consentiteci infine di spezzare una lancia nei confronti della specie fondamentale di filonista, ossia quello "attivo". Il filonista attivo è quello che va davvero alla manifestazione, bardandosi con kefiah, megafono d’ordinanza e striscione, rigorosamente ricavato da vecchie lenzuola e dipinto con perizia da un manifestante-writer e dalle sue bombolette di vernice. Questo filonista costituisce attualmente una specie a forte rischio di estinzione e necessita della creazione di apposite norme che ne salvaguardino l’habitat naturale e soprattutto il ruolo nella società. La fine dell'ideologia e la predilezione dei celerini nel vattere, tra milioni di manifestanti, solo gli studenti costituiscono dei fortissimi deterrenti al prosieguo della specie.

Se il filonista casual torna a casa con un paio di succhiotti, facilmente nascondibili nel bavero della camicia e preludio alla prosecuzione della sua specie, quello "attivo" riuscirà con difficoltà ad occultare le costole rotte. Se i succhiotti vengono sgamati la punizione preferita dal genitore del filonista, sarà una serie di pacche sulle spalle ed una lenta ma inevitabile storia vagamente piccante che comincia con un "Ai miei tempi" nostalgico e finisce con un "tuo madre/padre" sconosolato. Un'impegnativa paliata, sarà invece la pena accordato al filonista attivato accusato tra l'altro di "seguire la massa" (anche se era l'unico di tutta la classe), non conoscere i motivi della protesta, in particolare cos'è la Papua (no, non si mangia), essere un Komunista, quindi sfaccendato e perditempo. Per evitare lo sgamo il filonista attivo deve optare per tattiche di camuffamento, che gli permetteranno di non essere riconoscibile negli scabrosi filmati di Telecapri, che il paparino continua a guardare ogni sera nella speranza che parta il pornazzo dopo, come ai bei tempi. Berretto di paglia, finto accento siciliano e modi di fare camorristici lo aiuteranno a passare per "Forcone", generando l'immediata simpatia della polizia. In caso di cattura da parte delle forze dell'ordine, sarà d'obbligo nascondere accuratamente (per i pochi studenti che ne fossero provvisti) ogni barlume di buon senso e cultura. Niente citazioni dotte e solo male parole. Se interrogati, Popper è una droga e la maieutica si mette per terra al posto del parquet.
Il filonista attivo si riproduce soltanto una volta all'anno. Il calore è raggiunto durante l'assemblea scolastica degli Studenti e la riproduzione, se avviene, capita solo durante l'Okkupazione. Per salvaguardarlo, oltre a continuare ad impedire la presenza di distributori di preservativi nelle scuole, urge rifornire i bagni di marijuana durante le Okkupazioni (unico ritrovato in grado di risvegliare i sensi del filonista attivo) e tagliare la corrente alla Scuola. Solo l'assenza di luce, può infatti convincere il partner che quello che hanno vicino è il futuro Che Guevara/Rosa Luxemburg e non un punk-a-bestia wanna-be.
Il filonista manifestante rappresenta il fulcro dell’intera catena alimentare dei marinatori di scuola, l’acme, il punto di partenza e quello di arrivo di ogni giorno di assenza, sia esso reale  inventato. Senza individui di questa specie, si assisterebbe alla progressiva estinzione per mancanza di adesioni delle manifestazioni e quindi, di conseguenza, alla caduta della più gettonata scusa filonistica che si ricordi e, soprattutto, il mondo non si ricorderebbe ogni anno, allo scoccare del primo di dicembre, che per risolvere i problemi della terra, bisogna occupare la scuola fino almeno all’antivigilia di Natale. 
Del manifestante filonista va salvaguardato anche il background culturale: oltre alle centinaia di canti di protesta che solo lui o i disoccupati organizzati sono in grado di conoscere, risulta essere l’unico essere umano su questa terra che, a furia di farci terminare i cortei, conosce l’esatta ubicazione del Provveditorato agli studi di Napoli, misteriosa entità la cui esistenza non è ancora stata dimostrata, ma solo sostenuta in ardite teorie criptozoologiche. 

Ad ogni modo, che sia autunno o primavera, se siete studenti, ogni giorno sentirete sempre una vocina che vi sussurrerà all'orecchio "oggi nun se trase!"

venerdì 29 novembre 2013

La fuitina di Natale


Cari Napoletani,
Sono Babbo Natale, Santa Claus o come preferite chiamarmi. Questa volta la lettera ve la scrivo prima io, giusto per mettere le mani avanti, visto che vi siete rubati anche l'albero di Natale della Galleria Umberto.
Ma che ci volevate fare con un pino di 8 metri? Avete messo su una fabbrica abusiva di Arbre Magique nei quartieri? Oppure avete preso Godzilla e vi serviva un palicco perché gli era rimasto un motorino tra i denti?
E poi come avete fatto a fregarlo? Possibile che nessuno si sia accorto di niente? Spiegatemi se è plausibile che in una delle zone più frequentate di Napoli, per di più di domenica sera, nessuno abbia visto delle persone vagare per il centro storico con un albero di 8 metri a tracolla. Alle volte, mi viene da pensare che quelle dicerie sull'omertà non siano vere, e voi veramente non vi accorgete di quello che vi succede attorno.
In realtà, io temo che abbiate solo molta voglia di sfottere, per cui, prima che si rompano le giarretelle, vediamo di chiarire alcune cose.
Lo so che voi la sera del 24 siete ciucchi di Falanghina e Limoncello e vi aggirate come spettri alticci per le strade, ma io la sera della Vigilia lavoro, e sono stufo di strigliare la renna con l'acqua ragia per cancellare la scritta in azzurro "Forza Napoli!" Sono renne non ciucci. Ma non le vedete le corna?
Poi mi si deprimono. L'anno scorso Rudolph mi è costato un patrimonio in analisi.
Un'altra cosa. E spero per l'ultima volta. Quelle centinaia di giganteschi sacchi che porto sulla slitta sono regali. RE-GA-LI. Non sono eco-balle! Quindi smettetela di tempestarmi di sanpietrini quando attero nel vostro paese. Non voglio metterci nessuna discarica. Giuro. Non li vedete i film americani natalizi? Io sono il ciccione vestito di rosso, vi sembra che assomigli a Gigino?
Per fortuna che la slitta non ha le ruote e non devo preoccuparmi che me le possiate fregare lasciandomi a piedi al casello di Caserta.
Quasi dimenticavo. Grazie per il pensiero dei biscotti sul tavolo. Ma io ho 1600 anni, secondo voi ce li ho i denti per masticare quei dannati Roccocò? 'O struffolo ancora ancora, ma almeno non lasciatemelo sereticcio, sennò si azzecca alla dentiera e buonanotte.

Beh, allora a presto e Buon Natale (si spera)
Santa

P.S. : Se anche quest'anno me ne combinate una delle vostre vi garantisco che esaudisco il regalo del vecchio di Fukushima, "Non ce l'avresti un posto tranquillo, dove la gente si fa i fatti suoi, per stoccarci tutte le scorie?" 

giovedì 7 novembre 2013

Nome e contranome


Il nome è un marchio, è ciò che contraddistingue un individuo, la sua persona, a volte la stirpe di appartenenza e perfino il suo status civile e sociale. Se vogliamo, quindi, il nome è un marchio che viene imposto dal contesto familiare al nascituro e ne condiziona inevitabilmente l’essere, ma non è detto che lo rispecchi. Chi non ama o non accetta il suo nome, se ne sceglie un altro, il “nome d’arte”, che a volte è un semplice diminutivo od un nome affine che sostituisca nel 90% dei casi la “Zopponta”, ossia il nome del nonno o della nonna che viene imposto in ossequio ad una forma di rispetto tanto desueta quanto fondamentalmente incomprensibile. Ecco allora spuntare dei melodiosi Assia o Sissy in sostituzione del meno musicale Assunta, oppure degli impropri Lello in luogo di Catello e degli azzardati Melania in luogo di Carmela. Ma nemmeno i nomi autoimposti alla fine rispecchiano per bene chi li porta. A Napoli, si sa, piace dire le cose in modo papale, perciò ognuno o quasi porta con sé un altro nome, che è quello che la gente impone ed è l’unico che rispecchia la verità, ossia ‘o contranome. Riferito alla professione, ad un difetto di pronuncia o ad un tic particolare, il contranome è meglio della carta d’identità per il cittadino, il vero ed unico nome che il popolo riconosce e, a suo modo, la nuda verità su chi lo porta. Il contranome è una vera e propria opera d’arte, una summa di poesia, una raro e limpido esempio di pregnanza ficcante e sagace, che va diretta al dunque e rende unico ed inconfondibile chi lo porta.

Il contranome per eccellenza nasce da osservazioni acute e pungenti sulle caratteristiche fisiche della persona, ma non si ferma alla banalità obesa di un “‘o chiattone”, lo trasforma con una pennellata in “‘a muntagna”, lo trasfigura in un “‘o bufalo” o lo immortala in un definitivo “panza ‘e vacca”. E di lui, ne vogliamo parlare? Lui ha una cicatrice abbastanza vistosa in fronte, ricordo giovanile di una bottigliata ricevuta durante un derby disputato col palazzo di fronte a Piazza del Plebiscito, ma chi lo conosce non si accontenta del troppo telefonato “‘o sfregiato”, arrivando a coniare “‘o ‘ntaccato”e perfino “‘a zip”, con un fenomenale riferimento ad una chiusura lampo in zona temporale.

A volte il contranome assume una valenza proto-futurista e tenta di fermare il tempo e lo spazio in una sola espressione, dipingendo in essa come in un quadro le sembianze del malcapitato. Pensate allora ad un uomo dalla camminata claudicante, e lo riconoscerete in un mirabile “punto e virgola”, ad un individuo noto per il suo vestiario bohémienne, eternato in un esplicito “pezzacculo”, ad un giovane dal labbro possente, dipinto con il diretto “musso ‘e puorco” e ad un anziano dalle orecchie prominenti, fotografato in un fantasioso “recchia a provola”.

Infinite sono le immagini utilizzate per dileggiare chi non brilla per intuito o sagacia. Ecco allora proliferare i vari “Piscione”, “Baccalà” e “Bacchettone”, fino a spingersi a sottilissime metafore quali “Bullone” per indicare uno svitato e “Balcone”, per catalogare uno che non c’è tanto in tema di materia grigia, senza contare i “Pisciaturo” e “Pesce in burro” , il cui uso può divenire multiforme. 

Passando al sesso femminile, di solito si tende a sottolineare la poca piacenza di una donna con dei “Brigibbardò” e dei “Liztailòr”, mentre non mancano riferimenti al proprio stato civile, che spesso si riferiscono ad avvenimenti ormai lontanissimi nel tempo. Ecco allora spuntare i vari “Sposi” e “Spose”, anche a 35 anni dal matrimonio, mentre non di rado diventa “Dottore” o “Poeta” chiunque ostenti un minimo di istruzione

Arrendetevi dunque, potrete cercare di imporre il vostro nome reale o d’arte a chiunque, ma nessuno potrà salvarvi dal nome che vi cuciranno addosso gli altri. Attenzione, però: se dovessero chiamarvi “Pascià” o “Raubbova”, non gasatevi troppo: non scordate che siamo a Napoli, verosimilmente vi staranno prendendo per il deretano…..